Pier Mario Fasanotti
Consigli per gli acquisti

Storie impossibili

L'uomo che attraversava i muri di Marcel Aymé, la storia di una donna sconosciuta di Lukas Barfuss e i "pensieri” perduti di Ludwig Wittgenstein: tre modi (molto diversi tra loro) di accarezzare il confine della realtà

Prigioniero. Mirabolante l’avventura capitata «a un uomo eccellente chiamato Dutilleul», parigino. All’età di 43 anni scopre di poter passare attraverso i muri, bizzarra facoltà «non sembrava corrispondere ad alcuna delle sue aspirazioni». Non importa quanto fossero spessi e duri i muri: ci riusciva sempre. Questo è uno dei sette racconti, la cui raccolta s’intitola La fossa dei peccati (editore L’Orma, 209 pagine, 16 Euro). Una casa editrice che sforna ottimi titoli, racconti compresi; così spesso malvisti da altri. L’autore è Marcel Aymé, che ha scrittura scattante e sobria, plasmata da un’enorme fantasia (spesso divertente). L’uomo come prima cosa va dal medico, il quale opta per una diagnosi alquanto strana: «Indurimento elicoidale della parete strangolare del corpo tiroideo». Se questa è la causa, il rimedio consiste in un «sovraffaticamento intensivo e l’assunzione, due volte l’anno, di una pastiglia».

Il nostro uomo che attraversa muri non dà alcuna importanza ai farmaci. In ufficio, un giorno, viene redarguito da un superiore. Futilissimi i motivi. Allora Dutilleul si vendica. Si pone dall’altra parte di un muro che poi attraversa solo con la testa. Per 23 volte la testa dell’attraversa muri compare davanti al mediocre superiore, che per poco non sviene all’invettiva del suo subordinato: «Signore, lei è un mascalzone, un cafone e un villano». Il potere di Dutilleul è ormai noto a Montparnasse e dintorni, anche perché s’intrufola nelle banche e pure nelle casseforti. In breve tempo diventa uno dei parigini più ricchi. Ovviamente gli viene voglia di violare le sue il segreto che lo riguarda e un giorno dirà ai colleghi: «Ebbene, signori, in verità il Lupo Mannaro sono io». Così infatti, tra una risata e un applauso lo avevano chiamato. La situazione si ribalta quando un giorno ingoia la pastiglia-farmaco. Non riesce, a metà impresa, a oltrepassare un muro. Non rileviamo ovviamente la fine di questo racconto, limitandoci a dire che la consolazione sarà del tutto musicale.

Quella donna. Edito dalla stessa casa editrice, L’Orma, è l’allucinante romanzo di Lukas Barfuss, intitolato Hagard (163 pagine, 15 Euro). Occorre premettere che Barfuss, svizzero, gode di ottima fama come drammaturgo e i critici lo elencano tra i migliori scrittori di lingua tedesca. Occorre anche dire che il titolo, nel gergo della caccia, indica quei falchi catturati in età adulta che non si lasciano mai addomesticare. Lo stesso accade al protagonista, Philip, «la cui storia è troppo grande per me»: così dice l’autore del libro in una lunga (fin troppo) premessa. Philip è ossessionato da una donna incontrata per caso, il cui volto non riuscirà mai a scorgere. La insegue, freneticamente catturato dalle scarpe che lei indossa, e anche dal suo passo leggero e dal suo corpo flessuoso. Philip confesserà il timore di perdere la ragione, ma al contempo avverte «il disperato bisogno di punti di riferimento all’interno di un universo sconosciuto», a costo di rasentare la follia. Le peripezie di Philip, che passa ogni minuto di 36 ore, a pedinare la donna. Scoprirà che questa vive in un quartiere popolare circondato da erbacce. Il suo appartamento è uno dei tanti incastonati in un cubo di cemento. Gli è impossibile accedere all’edificio e al ristorante greco adiacente. Philip, per non farsi scoprire, parcheggia la sua Bmw al riparo di un albero. E spia i suoi movimenti, senza peraltro scoprirne la personalità. Quando lei esce, lui la segue a piedi, se non altro per conoscere la sua attività lavorativa. C’è sempre qualche ostacolo all’agognato incontro. Philip si trova in mezzo a gente asiatica, funamboli, ballerini. Pur consapevole di ciò che è recentemente accaduto nel suo passato prossimo (lo schianto di un aereo, per esempio), avverte la netta sensazione di vagare in un mondo che non è più quello di prima, non per questo migliore, anzi. Un percorso che potremmo definire metafisico, ancorchè zeppo di dettagli. L’uomo, che nella vita “normale“ è un immobiliarista, ci fa scoprire la dipendenza dalla tecnologia e l’ambiguità di una passione (vissuta nel tormento e nello spaesamento).

Certe verità. In 171 pagine l’editore Adelphi raccoglie molte frasi, alcune brevi come aforismi, del filosofo (logico ed esperto di linguaggio) Ludwig Wittgenstein (1889-1951) autore ritenuto difficile, e gli studenti lo sanno bene. La raccolta s’intitola Pensieri diversi (12 euro).  Nella sua nota critica, Michele Ranchetti, osserva giustamente che questo libro «contiene materiale grezzo che però, forse proprio per questo, offre una luce straordinaria», a firma del filosofo che dette alle stampe un solo libro, Tractatus, finito di comporre durante la sua prigionia a Cassino.  Elenchiamo alcune considerazioni che fa. «Nessuno può pensare un pensiero per me, così come nessuno all’infuori di me può mettermi il cappello sulla testa». «Sarà difficile seguire la mia esposizione, perché dice qualcosa di nuovo cui però sono attaccati i gusci dell’uovo vecchio». «La religione è per così dire il fondale marino più profondo e calmo, che rimane tranquillo per quanto alte siano le onde in superficie». «In una giornata si possono vivere i terrori dell’inferno; di tempo ce n’è più che abbastanza». «Una confessione dev’essere una parte della nuova vita».

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