Roberto Mussapi
Every beat of my heart

Celebrazione dell’Amore

Appartiene alla sfera della poesia il lavoro di traduzione di Roberto Mussapi («scrivere poesia è traduzione assoluta») curatore della raccolta “Lirici greci” appena pubblicata e dedicata all’amico Luigi Spagnol che l’aveva fortemente voluta. Per i nostri lettori ecco Erinna e la nota del traduttore

I nostri lettori hanno già avuto anticipazioni dei mieiLirici greciche da giovedì scorso 24 giugno sono in libreria: mia la scelta e la traduzione, introduzione di Gulio Guidorizzi, (Ponte alle Grazie editore, 224 pagine, 16 euro). Ora due voci di Erinna, una grande, che ci ha lasciato pochissime liriche, assolute. Memoria e amore, il nodo foscoliano è un archetipo. E poi la mia nota di traduttore, la nascita di questo libro, la sua avventura, la forma che ha assunto. E la vicenda che l’ha visto nascere.

Voce dell’urna
Io sono l’urna della sposa Bauci:
tu che senti la mia voce passando
accanto alla stele compianta, digli
– al cupo Ade che regna sottoterra –
digli che è un dio invidioso e malvagio…
E a chi ammira la bellezza del sepolcro
che annuncia il destino funesto di Bauci
riporta che con la fiamma delle torce
che festeggiavano la giovane sposa,
il padre dell’amato accese il suo rogo.
E anche tu, Imeneo, mutasti i canti 
della festa nuziale in un lamento funebre.

Voce di Bauci
Tu pietra scritta e voi Sirene, mia urna funebre,
e tu buio Ade, unica sede alle mie ceneri,
fermate per un istante chi passa qui accanto,
che sia del luogo o straniero vi prego ditegli
che appena sposa passai alla tomba,
e che il mio nome era Bauci,
chiunque sia ditegli che sono nata a Telos,
e nella stessa isola nacque la mia amica Erinna,
il poeta che scrive queste parole a chiunque passi
per me, sulla pietra, il mio nome per sempre.

Erinna

***

Nota del traduttore
Nel mese di maggio 2014 ero al Salone del libro di Torino, per l’uscita del mio volume Le poesie, edito da Ponte alle Grazie. Giulio Guidorizzi, che mi presentava, accanto all’editore Luigi Spagnol, tra altre osservazioni affermò che la mia lingua poetica, di cifra drammatica e orale, rivelava una discendenza dai lirici greci, non dalla prevalente linea petrarchesca.
L’osservazione mi colpì: del mondo greco guardavo soprattutto ai tragici, poeti drammatici, e all’Odissea, poema epico, supremo racconto, come scrive Borges. In versi.
Ora veniva chiaramente alla luce una radice della mia lirica, distante dal canone petrarchesco: i lirici greci. Che da sempre battevano in me quanto i tragici, anche se ne ero meno consapevole. In loro sentiamo e vediamo la poesia che nasce dalla voce e per la voce, nello spazio appunto detto “lirico”, come in quello del teatro nascono i versi della poesia drammatica. 
Anche Luigi notò l’affermazione di Guidorizzi. Un mese dopo, a pranzo, parlando di un altro libro in fieri, mi disse: «Ricordati dei lirici greci. Che non sono solo quelli ufficialmente lirici».
Ritornando dopo lustri su quei poeti in cui la voce è assoluta e la poesia è azione, pensavo alla lirica inclusa nella tragedia. 
Da tempo portavo il teatro nella mia poesia, così come la narrazione e il poema… sentivo la necessità di rifondere i tre generi da cui, per il grande Eliot, la poesia ha origine. 
Poeta dell’avventura, di matrice dantesca, del teatro dalle mille voci del Globedi Shakespeare, non mi riconoscevo nella solipsistica e adamantina tradizione petrarchesca, da secoli dominante, ma semmai in quella dei lirici greci, sonori, straziati, drammatici e recitanti un po’ come lo sarebbero stati, duemila anni dopo, gli elisabettiani.
Penso che quei lirici siano poeti della voce primaria quanto i tragici, e che nello stesso tempo esista lirica assoluta nei monologhi o cori di Eschilo, Sofocle, Euripide, così come brucia tragedia, a nuda voce, nei versi di Saffo e Mimnermo. 
Per questo i miei Lirici greciincludono anche versi dei poeti storicamente considerati tragici. 
Poesia e teatro sono il nucleo antropologico in cui l’uomo si stacca per sempre dall’ominide, nel momento in cui piange e seppellisce i morti, che è scoperta della memoria, la quale, fusa con la compassione è l’essenza agonistica della poesia.

Tre sono i generi della poesia: lirica, drammatica, epica. Il primo, la lirica, non è soltanto un genere, ma il combustibile della poesia in ogni sua manifestazione. Quindi non penso vada confinata nel suo ambito esclusivo, strettamente canonico. 
Ho cercato qui di manifestare una drammaturgia della lirica. Per questo il precedere drammatico della storia di Saffo: dall’eros puro e assoluto, in cui il mondo dei sensi e quello divino coincidono nella passione, il divino eros greco, a quello in cui la passione rivela i suoi furori e incubi. La pienezza dell’eros donata da Afrodite è totale, non assoluta, e implica quindi il dramma; la gelosia, il tormento che emergono nelle liriche seguenti a quelle dell’estasi piena. Gelosia e tormento preelisabettiani, il dono di Artemide conduce all’estasi erotica ma anche ti si spezza fino all’angoscia. 
Da questa fase di dolore, strazio e rimpianto di Atti e altri amori, della felicità perduta, ho condotto Saffo alla conquista di una pacificante pur se vibrante serenità astrale: quando, guardando il cielo notturno, la furia amorosa si placa in una stellare contemplazione. Il suo sguardo s’incanta nella luna, come avverrà a tanti grandi poeti, non la luna enigmatica di Leopardi e Baudelaire, ma quella graziante del cinese Li Bai, e quella a cui immediatamente il giovane Romeo Montecchi, nel giardino veronese, di notte, paragona il volto dell’amata. 
Operazione lecita, penso, in una scelta antologica, inconcepibile se traduci un libro di poesie completo, il cui ordine è quello stabilito dall’autore. 
In questa prospettiva, qui, il nome di Saffo, che apre il libro, ne chiude la prima parte, quella dei “lirici puri” sulle labbra della sua autoeletta erede Nosside.
La sezione dei tragici, che segue alla lirica epiconarrante di Pindaro, inizia con Prometeo che pare rispondere, e risponde, con il suo sacrificio precristico, al grido di dolore dei poeti verso una divinità a volte indifferente, generosa ma imperscrutabile e sottoposta al Fato, all’angoscia di un oltretomba buio e vuoto. 
E questa parte finale, quella dei tragici, culmina con lo stesso tema con cui ha inizio il libro: la celebrazione dell’amore e la potenza di Afrodite. Là, all’inizio, nelle parole del poeta Saffo, qui in quelle della nutrice: «Se questo amore è una malattia/ sia il tuo contagio e la sua cura insieme».
Quando comunicai a Luigi che avevo iniziato questa nuova avventura, era malato, da un anno, ma attivo e vitale. Mi disse che ne era felice: «con i tragici, naturalmente, lirica e dramma…». 
Non posso dedicare al caro amico, e a nessuno, poesie non mie. Figuriamoci poi quelle vertiginose di Saffo, di Mimnermo, di Erinna. Ma posso dedicare a Luigi il lavoro che ho svolto per dare loro voce e lingua italiana. Lavoro che appartiene alla sfera della poesia. Traduzione relativa, quando scrivere poesia è traduzione assoluta.
Ma tutto quanto ho fatto, qui, di buono, o di manchevole, è dedicato a lui, mio editore e amico per sempre nel mio cuore.

Roberto Mussapi

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