Roberto Mussapi
Every beat of my life

Saffo in azione

Parla ad Afrodite con la sua voce da poeta supremo. Parla, come la maggior parte dei lirici greci, con un linguaggio che nasce per essere proferito, in modo diretto: Poesia. La sua è “invocazione diretta”, “lirica assoluta”

Saffo, uno dei poeti supremi, parla ad Afrodite che significa parla a Dio, essendo Afrodite, dea dell’amore, una delle divinità di cui è composto il Pantheon greco, politeista. Anche in età cristiana, monoteista, i poeti spesso parlano a Dio, a volte anche in forme non canonizzate da una religione, come l’allodola o vento occidentale di Shelley: sempre potenze divine.
Saffo non dubita, non conosce il tormento del grande Leopardi quando chiede alla Luna chi in realtà sia, se luce celeste o illusione. Saffo parla, direttamente, come la maggior parte dei lirici greci, la sua poesia è invocazione diretta, pulsante.
Leggerete i miei Lirici greci tra non molto, editi da Ponte alle Grazie, sollecitati dal mio editore e amico Luigi Spagnol, che li ricevette con gioia quando era già molto malato, ma lucidissimo e attivo. L’introduzione sarà di Giulio Guidorizzi, un’anima affine. Qualche anno fa decisi di tradurli. Del mondo greco guardavo soprattutto ai tragici, poeti drammatici, e all’Odissea, poema epico, supremo racconto, come scrive Borges. In versi.
All’improvviso mi venne alla luce una radice della mia lirica, distante dal canone petrarchesco: i lirici greci. Che da sempre battevano in me quanto i tragici, anche se ne ero meno consapevole. In loro sentiamo e vediamo la poesia che nasce dalla voce e per la voce, nello spazio appunto detto “lirico”, come in quello del teatro nascono i versi della poesia drammatica. 
Ritornando dopo lustri su quei poeti in cui la voce è assoluta e la poesia è azione, pensavo alla lirica inclusa nella tragedia. 
Credo che i lirici greci siano poeti della voce primaria quanto i tragici, e che esiste lirica assoluta nei monologhi o cori di Eschilo, Sofocle, Euripide, quanto brucia tragedia, a nuda voce, nei versi di Saffo e Mimnermo. 

Ad Afrodite 

Immortale Afrodite dal trono di fiori,

figlia di Zeus, tessitrice di incanti,

ti prego non straziarmi l’anima

con affanni e dolori, ma vieni,

scendi a me qui, se già mi hai ascoltato

udendo di lontano la mia preghiera.

Lasciata la casa del padre venisti a me sul carro d’oro,

trainato in volo leggero tra aria e cielo

e i passeri a te sacri battendo rapidi le ali

lo condussero, qui, sulla terra nera.

Sorridevi beata, nel tuo viso immortale,

“Perché, mia Saffo, soffri ancora?”

“Che cosa ancora vuoi invocare?”

“Che cosa la tua anima folle vuole avere?

Chi vuoi che Peito dea della persuasione

convinca questa volta al tuo amore?

Chi ti offende?

Chi ora ti fugge t’inseguirà domani,

chi non accetta doni ti coprirà di doni,

se adesso non ti ama, credi, domani

ti amerà anche contro il suo volere”.

Vieni da me anche ora,

liberami dal’angoscia amorosa,

fa’ tutto quello che il mio cuore vuole

rispondi alla mia voglia,

combatti al mio fianco la battaglia.

Saffo

Traduzione di Roberto Mussapi

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