Roberto Mussapi
Every beat of my heart

Quel messaggero da Rilke a Wenders

Non ci sarebbe stato nel ’900, secolo della desacralizzazione, “Il cielo sopra Berlino” e tanta altra presenza angelica, se non ci fosse stata l’unica poesia dedicata all’Annunciazione dal poeta boemo. Una sola poesia che pareggia i conti con secoli di pittura dedicata allo stesso tema

Una sola poesia sull’Annunciazione colma il silenzio quasi assoluto della poesia sul tema primo e principe della nascita di Cristo e della figura di Maria. Celebrata in almeno due secoli di grande pittura italiana, tema di musica importante in area tedesca, l’Annunciazione non è tema frequente nella poesia. Fino al Novecento, quando il poeta che massimamente lo apre e inaugura, Rainer Maria Rilke, la mette in scena potentemente, per sempre.
Le parole dell’Angelo a Maria, di fronte a cui si sente quasi debole, incompleto, scrivono una delle massime poesie mai realizzate, che, da sola, pareggia il conto con secoli di splendida pittura in materia sul tema.
Quell’angelo si introduce nel Novecento, nel secolo della desacralizzazione, del nichilismo, e lo alimenta, come un soffio della poesia in cui si sente quasi fisicamente lo Spirito…
Non vi sarebbe stato tanto grande movimento animico, nel secolo trascorso, senza quell’angelo, non ci sarebbero stati gli angeli di Wenders e del Cielo sopra Berlino… Forse il Muro sarebbe caduto ugualmente, ma gli uomini non lo avrebbero saputo prima, per vie poetiche, da un regista tedesco che certo aveva la benedizione dell’Angelo di Rilke.

Annunciazione
(Le parole dell’Angelo)

Tu non sei più vicina a Dio
di noi; siamo lontani
tutti. Ma tu hai stupende
benedette le mani.
Nascono chiare a te dal manto,
luminoso contorno;
io sono la rugiada, il giorno,
ma tu, tu sei la pianta.

Sono stanco ora, la strada è lunga,
perdonami, ho scordato
quello che il Grande alto sul sole
e sul trono gemmato,
manda a te, meditante
(mi ha vinto la vertigine).
Vedi: io sono l’origine,
ma tu, tu sei la pianta.

Ho steso ora le ali, sono
nella casa modesta
immenso; quasi manca lo spazio
alla mia grande veste.
Pur non mai fosti mai tanto sola,
vedi: appena mi senti;
nel bosco io sono un mite vento,
ma tu, tu sei la pianta.

Gli angeli sono tutti presi
da un nuovo turbamento:
certo non fu mai così intenso
e vago il desiderio.
Forse qualcosa ora s’annunzia
che in sogno tu comprendi.
Salute a te, l’anima vede:
ora sei pronta e attendi.
Tu sei la grande, eccelsa porta,
verranno a aprirti presto.
Tu che il mio canto intendi sola:
in te si perde la mia parola
come nella foresta.

Sono venuto a compiere
la visione santa.
Dio mi guarda, mi abbacina…

Ma tu, tu sei la pianta…

Rainer Maria Rilke
(Traduzione di Giaime Pintor, nell’edizione Einaudi 1966)

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