Lorena Fiorelli
Parole e ombre/20

Il corridore

«L’atto del pagamento era necessario che avvenisse prima dell’atto carnale, sembrava che il possesso fosse, per la donna, la molla che faceva scattare il desiderio; tutti erano disposti a giurare che, in quel preciso momento, le banconote che passavano di mano sembrano fatte di seta»

Immagine di Marco Pasqua

La strada per arrivare alla villa era lunga o corta a seconda dei pensieri del corridore, giornate che ci impiegava un attimo e giornate che ci voleva una mattinata intera.
I campi di grano che costeggiavano il sentiero si muovevano per la forza del vento che da quelle parti sembrava una maledizione, e si piegavano per il peso delle spighe e, proprio su quel piegarsi, si fermava l’attenzione dell’uomo. Era sempre un cercare segni o soluzioni, un affidare decisioni al lato scelto dalla spiga per piegare l’infiorescenza: se verso destra avrebbe trovato il coraggio, se verso sinistra, avrebbe aspettato un altro giorno. Un lunedì di maggio che di vento non si trovava neanche a volerlo immaginare, il corridore era alle prese con un dilemma di proporzioni esagerate. La bella Giulia, moglie infedele di Ferruccio il fabbro, gli aveva fatto intendere con ammiccamenti espliciti, che avrebbe volentieri goduto della sua compagnia per qualche ora. Il caso voleva che la villa in fondo al sentiero che percorreva abitualmente da che aveva memoria, appartenesse proprio all’amabile signora Giulia tanto chiacchierata.
Il corridore, non era nuovo ad avventure del genere, ma aveva sempre disdegnato le conquiste troppo facili e si faceva vanto di come le donne più riservate e timorate, si arrendessero di fronte ai suoi corteggiamenti sapienti. Proprio per questo, aveva considerato la Giulia una conquista non interessante, la sua disponibilità gli toglieva il vezzo del desiderio, tuttavia, quando lei, una domenica mattina, gli aveva rivolto quello sguardo malizioso, il cuore gli aveva fatto un balzo, e il pensiero di quell’occhiata non l’aveva più abbandonato. La sicurezza e la sfrontatezza di quella donna avevano sepolto, incrinato ogni sua certezza, spento il cinismo e la spavalderia. Quella donna dall’aspetto battagliero e felino lo metteva in soggezione così tanto da pensare che non sarebbe stato in grado di adempiere gloriosamente il suo dovere di amante.
Le spighe di grano, in quel giorno senza vento, non si piegavano da nessuna parte, però lui sapeva che a quell’ora mattutina, il fabbro Ferruccio si trovava a battere ferri nella sua officina in città, ma sapeva anche che non era il pensiero del marito che rientra all’improvviso a farlo dubitare. Per la prima volta in vita sua, non riusciva a prevedere cosa sarebbe successo e, mentre faticava sui pedali, immaginava la Giulia sola e disponibile nella grande casa.
Ne aveva sentite di storie su di lei, pareva che si facesse trovare vestita di veli e fiori freschi appuntati qua e là tra la veste, due rose sopra i seni; dicevano che bisognava spogliarla lentamente e che insisteva sempre per pagare l’amante di turno.

L’atto del pagamento era necessario che avvenisse prima dell’atto carnale, sembrava che il possesso fosse, per la donna, la molla che faceva scattare il desiderio; tutti erano disposti a giurare che, in quel preciso momento, le banconote che passavano di mano sembrano fatte di seta, che anche per quegli uomini il desiderio sembrava accendersi come mai prima di quel momento. E poi, quando la frenesia dell’atto, scoppiava in ogni muscolo del corpo, pareva che la donna, sempre secondo le testimonianze, facesse indossare all’amante di turno, un lungo caffettano bianco e lo accompagnasse nella stanza da letto dove gli mostrava le foto di attori in pose diverse, posizioni che l’uomo doveva poi provvedere a imitare. Ogni volta che sentiva raccontare queste storie, il corridore sorrideva sornione pensando di trovarsi di fronte a mariti abituati al sesso senza fantasia consumato con le mogli, uguale da sempre. E dentro di sé immaginava Gigi detto “il Bove” che si sdraiava sul letto, con le movenze di Paul Newman, tutto fasciato dentro un caffettano bianco. Però era comunque un gentiluomo e dunque annuiva e faceva finta di stupirsi a ogni racconto. Tuttavia, pedalando sul sentiero, non capiva come mai tentennasse, come mai lo sguardo della Giulia lo avesse solleticato fino a quel punto. “Saranno state tutte quelle chiacchiere” pensava. Eppure, più si avvicinava alla villa, più la sua fantasia si imbizzarriva e si scatenava in lui quella competizione maschile che, già lo sapeva, lo avrebbe reso vincitore tra le lenzuola. La Giulia non avrebbe voluto altri che lui, di sicuro avrebbe scritto sul suo diario, tutte le donne ne hanno uno, il suo nome con disegnata sopra una corona da re. E dunque era giunta l’ora di andare, due spinte veloci sui pedali ed era davanti al cancello. Dopo aver suonato, le ante iniziarono ad aprirsi, lentamente, pensò a quei soldi fatti di seta che avrebbe ricevuto da lì a poco, e il desiderio iniziò a tormentarlo. Non fece caso al giardino curato né ai fiori recisi, la porta era aperta, chiese permesso, nessuno rispose.
Entrò che già immaginava quello che sarebbe successo da lì a poco, la Giulia vestita di veli e fiori che avrebbe scritto il suo nome con sopra la corona del re. Di sicuro lo aveva visto arrivare e si stava preparando per riceverlo, chissà di quale colore sarebbero stati i veli, chissà se possedeva tanti caffettani quanti gli uomini che aveva ricevuto, chissà quale attore avrebbe dovuto impersonare e chissà cosa sarebbe successo dopo, quale perversione sarebbe seguita. Aveva fatto pochi passi oltre la soglia quando vide arrivare Ferruccio il fabbro vestito con un abito da antico romano, un lenzuolo buttato sulle spalle che lo copriva neanche tanto bene, il corridore ebbe la prontezza di chiedergli la cortesia di poter fare una telefonata, si conoscevano, qualche volta avevano anche bevuto insieme. Preso il telefono abbassò lo sguardo a terra, vicino al divano c’erano due rose, quelle che la Giulia si appuntava sui veli che le coprivano il seno. Poco più in là dei veli erano poggiati sulla poltrona, chiese al fabbro il permesso di usare il bagno per sciacquarsi la faccia, doveva restare in quella casa ancora un po’, respirare la stessa aria della Giulia. Quando passò davanti ad una stanza, guardò dentro aspettandosi di vedere ciò che vide. La donna era in piedi vicino alla finestra, non un velo ricopriva il suo corpo, lo fissò sfrontata e poi si avvicinò lentamente, affinché lui avesse il tempo di guardarla, arrivata sulla soglia gli sorrise con un’occhiata maliziosa, e solo quando ebbe letto il desiderio nei suoi occhi, chiuse la porta.


Lorena Fiorelli nasce a Montefiascone (VT) il 16 novembre del 1962 e si trasferisce a Roma nel 1970. Segue per quattro anni un corso di drammaturgia presso il Teatro del Torrino, dove scrive diversi testi teatrali. Frequenta per tre anni la Scuola Omero. Il suo primo romanzo Le convenienze, è segnalato dalla giuria del Premio Italo Calvino, e in seguito pubblicato da Castelvecchi Editore. Attualmente collabora con una Casa Editrice come lettrice esterna.


Marco Pasqua nasce a Roma a marzo del 1959. Nel ’77 si avvicina alla fotografia, catturando gli avvenimenti che lo vedevano coinvolto, dalle manifestazioni di piazza ai concerti al Palasport, realizzando manifesti per i concerti e servizi per musicisti italiani. La fotografia, che non è il suo lavoro, gli consente di essere libero di spaziare in vari ambiti, è stato “etichettato” come: ritrattista, paesaggista, sportivo (motociclista da sempre), fotografo di still-life, di teatro, musicale. Lui semplicemente ritiene che i soggetti, le emozioni, le storie, le fantasie siano molteplici mentre la fotografia invece è una sola e solo un mezzo per riuscire a raccontare quello che vede come lo vede.
Esposizioni personali:
Presso PellicanoLibri a Roma, la serie “My life in the bush of ghosts”, ispirata dall’omonimo Disco di Eno/Byrne.”
“Ottobre in Poesia” a Sassari la serie Birriade.
Nella rassegna diffusa “EssereFotografi”  in Toscana un reportage sui “diversamente disabili” che nonostante le difficoltà si cimentano in sport motoristici.
Collettive:
“Equilibri, ombre & superfici” nel “Darkroom Project” a Muro Luccese, nei “Recontres de la photograpie” ad Arles, nel “Mostro” presso la TAG, al “SOSE” a Roma con “Nature Morte.”
A Visiva in occasione della mostra de The Royal Photographic Society
Foto di scena del RomaEuropaFestival.

Facebooktwitterlinkedin