Luca Fortis
Dal circo alla performance

Teatro sulla strada

Ilaria Cecere e Gigi Mete parlano di Macadam, un progetto napoletano che riunisce diverse esperienze di di teatro itinerante: «La strada è per noi il modo di incontrare le persone. Siamo noi ad andare dalle persone e non loro da noi, soprattutto in luoghi complessi in cui manca la socialità»

Il Macadam è uno spazio napoletano che si occupa, promuove e produce rassegne ed eventi di teatro, musica, teatro di strada, nuovo circo, teatro di figura, performing art e arti visive. È la casa di due esperienze itineranti, il Bus Theater e il CasaBar. Ne parliamo con Ilaria Cecere e Gigi Mete, che sono tra i membri fondatori dei due progetti insieme a Roberta Ferraro ed Alessio Ferrara del Bus Theater ed Heron Rodrigues Ferreira cofondatore del progetto Casabar.

Come nasce il Macadam?

Ilaria: Il Macadam nasce da una necessità concreta e una più ideale. Ha unito due diversi progetti, il Bus Theater, un collettivo di teatro circo viaggiante e il CasaBar, un progetto nato da un gruppo di baristi e giocolieri.

Gigi: Entrambi i progetti erano legati alla strada e agli autoveicoli. Il Bus Theater, al suo autobus e il Casabar alla sua roulotte. I due collettivi per anni hanno girovagato indipendentemente, per poi alla fine unire le forze.

Com’è nato il Bus Theater?

Ilaria: Il Bus Theater quando è nato, nel 2015, è stato ospite di due comuni. Uno è stato Agerola, che ha creduto da subito in questa follia. Un teatro viaggiante ha bisogno sia di una rimessa dove parcheggiarlo, sia di un luogo che possa svolgere il ruolo di residenza artistica. Il rimessaggio è fondamentale, non solamente perché si parcheggia e ci si prende cura del Bus Theater, ma anche perché diventa il luogo in cui si “covano” gli spettacoli, dove nascono le idee. Si fa manutenzione delle scenografie e tutto il resto. Noi rappresentavamo in quel territorio una novità assoluta e nonostante la grande disponibilità delle istituzioni locali, le sfide non sono mancate. Tanto che a un certo punto l’esperimento nel comune di Agerola si è esaurito e abbiamo sentito l’esigenza di immergerci in nuovi luoghi. Abbiamo fatto i bagagli, avviato il motore e siamo andati per quasi due anni in una masseria a San Potito Sannitico, dove alcune famiglie ci hanno accolto come loro figli, dodici figli e un autobus.

Poi avete deciso di spostarvi?

Ilaria: Dopo due anni abbiamo però sentito l’esigenza di trovare un posto nostro e dopo mesi e mesi di peregrinazioni abbiamo trovato un luogo magico. Era proprio sotto il nostro naso, nel posto in cui alcuni di noi erano cresciuti, il quartiere di San Giovanni a Teduccio a Napoli. Una mattina di gennaio, dopo mesi di ricerche, quasi per caso, siamo entrati in un ex area industriale che già conoscevamo e che ci affascinava da sempre e abbiamo trovato questo luogo in cui ora siamo.

Com’è nato il CasaBar?

Gigi: Il progetto è nato nel 2000 in Brasile, a Rio de Janeiro, dall’incontro tra un gruppo di amici, giocolieri e barman che organizzavano eventi, ma non avevano un mezzo viaggiante. Facevamo il bar anche in modo giocolante. Io all’epoca vivevo a Rio e conobbi in aereo Heron, uno dei miei soci nel progetto, proprio nel momento in cui mi stavo trasferendo a Rio de Janeiro. Quando poi siamo tornati in Europa, io a Napoli ed Heron a Bruxelles, abbiamo deciso che il progetto doveva andare avanti e grazie a un amico, abbiamo trovato una roulotte d’epoca in vendita in Belgio. L’idea era quella di usarla per raggiungere e partecipare, non solo come bar, a vari eventi culturali e festival in Europa. I due maggiori problemi erano trovare un luogo di rimessaggio e il freddo che in inverno in Belgio si fa sentire e non consente alla gente di stare troppo per strada. Dopo un po’ abbiamo portato il progetto in Svizzera. Paese che ci ha risolto un grandissimo problema. Avendo modificato la roulotte per trasformarla in un bar, nessun paese voleva immatricolarla. La Svizzera l’ha fatto, tanto che, ad oggi, risulta addirittura un negozio viaggiante. Questo ci ha aiutato molto, anche se per altri versi la Svizzera è un posto ostico, dove tutto costa e spesso i rapporti sono mediati dai soldi, tanti soldi. Ho quindi spinto il mio socio a cercare il sole, ad andare a Sud. Territori in cui magari si guadagna meno, ma in cui si vive di più all’aperto. In questo modo la nostra strada si è incrociata con quella del Bus Theater. In realtà con Ilaria e gli altri ci conosciamo da decenni, siamo sempre stati amici, siamo cresciuti nello stesso territorio. Con Ilaria eravamo addirittura coinquilini. In pratica mi sono perso per il mondo per poi alla fine tornare qui.

Il Macadam però non è solamente un luogo di rimessaggio?

Ilaria: Il Macadam nasce anche dall’esigenza di mettere i nostri mezzi in un rimessaggio, ma diventa immediatamente, perché la necessità crea la virtù, almeno a teatro, un luogo aperto al pubblico. Subito dopo la tournée dell’anno scorso, abbiamo aperto lo spazio alle persone per rassegne ed eventi di teatro e musica ma anche con laboratori e training.

Che legame avete con la strada?

Gigi: per noi la strada è la meta. Non vogliamo dimenticarci che abbiamo delle ruote, solo perché ora abbiamo una casa. La strada è per noi il modo di incontrare le persone, il concept è questo e non va assolutamente dimenticato. Andare noi dalle persone e non loro da noi, soprattutto in luoghi complessi in cui manca la socialità. In questi luoghi si trova un pubblico diverso, più spontaneo. C’è il pubblico della vita, un pubblico non selezionato. Il trovare uno spazio è servito per fortificarci e tornare per strada. Certo la pandemia ci ha bloccato negli ultimi mesi. È stato bello vedere anche come il quartiere ci abbia adottato, un sacco di ragazzi passano a trovarci durante il giorno, alcuni vengono da noi a fare corsi. 

Ilaria: Non vi è alcuna forma di assistenzialismo, sono loro che aiutano noi, non viceversa. Sono arrivati da soli nel momento in cui hanno visto una situazione nuova nel quartiere, si sono incuriositi. Siamo una comunità aperta e loro lo hanno percepito. Sono rimasti incuriositi dalle serate di circo e teatro che sono fruibili su vari piani, da quello visivo, al sonoro. Partendo da questo hanno poi visto spettacoli di prosa anche più ostici.

Mi raccontate un episodio che vi è rimasto impresso legato alla strada e ai vostri progetti?

Ilaria: Abbiamo girato tutta Italia on the road e di solito l’avventura inizia ancora prima di mettersi per strada. Ci sono stati talmente tanti episodi che meriterebbero di essere raccontati, che è difficile sceglierne uno. Istintivamente ne racconterei uno che è capitato proprio all’inizio della nostra avventura, nel primo luogo dove abbiamo montato il primo anno. Al Festival della Filosofia della Magna Grecia a Metaponto, il nostro autista ci disse che a Montalbano Ionico conosceva il sindaco e ci chiese di fare uno spettacolo nella piazza del paese. Decidemmo di andare e arrivammo in un posto che davvero sembrava dimenticato da Dio e da tutti. Abbiamo trovato un pubblico di una tenerezza infinita, perché era disabituato alla visione poetica, a un tipo di proposta del genere. Quando ce ne siamo andati, c’era un ragazzo muto del paese che ci ha aiutato a smontare tutto, dopo che la gente aveva portato le sedie da casa, perché noi non le avevamo. Il ragazzo non voleva che noi ce ne andassimo e tentò di bloccare lo smontaggio della nostra luminaria, frapponendosi con il proprio corpo per evitare che noi potessimo toglierle. Ci fece capire, pur essendo muto, che il posto era più bello con le luminarie e che non lo aveva mai visto così. Provò a convincerci in tutti modi a lasciarle. Si tratta di un ricordo molto tenero e profondo. Addirittura ci fece avere un biglietto di auguri per natale attraverso il nostro autista.

Gigi: L’avventura inizia sempre per strada e di solito le più belle sono le disavventure. Per esempio quando con il mio socio decidemmo di venire qui a San Giovanni, andammo in Svizzera per vedere come stava la nostra roulotte bar e preparare, pian piano, il viaggio verso l’Italia che progettavamo qualche mese dopo. Quando arrivammo alla rimessa all’aperto dove era parcheggiato, trovammo un signore svizzero che borbottava contro di noi, accusandoci di aver parcheggiato il nostro mezzo sulla sua piazzola. Heron gli spiegò che lo affittavamo da qualcuno che poi si rivelò essere il figlio del signore che ci urlava addosso. Ce lo aveva dato in affitto senza dirlo al padre, il quale furibondo ci intimò sgarbatamente di partire il giorno dopo. Fu così che inaspettatamente bruciammo tutte le tappe e partimmo diretti per Napoli.

Come fu vederli arrivare così all’improvviso?

Ilaria: Quando loro arrivarono ebbi subito la sensazione che fosse una svolta positiva. Spesso le persone prima e dopo gli spettacoli, ci dicevano che mancava una buvette del teatro. E per Gigi fu lo stesso, invece di cambiare sempre festival o teatri, comprese che unirsi a un teatro viaggiante era la soluzione.

Che progetti avete fatto quest’anno?

Ilaria: Abbiamo fatto una rassegna invernale, con il nuovo esperimento del Cabaret fatto nel Bus Theater, qui nell’hangar con il Casa Bar. Si tratta di un progetto di circo teatro contemporaneo, lo spettacolo si inspira al film del 1972 Cabaret di Liza Minnelli, poi devia per altri percorsi performativi, per esempio il teatro di figura. Abbiamo due bravissimi burattinai, una spagnola, Pilar, che fa una ricerca sul teatro figura, molto personale, dalla costruzione alla messa inscena. L’altro burattinaio, Dario – el Bechin, viene dal circo Panico. Il cabaret porta con sè da sempre un intrinseco rapporto con i locali notturni, con le bettole, un legame fondamentale per creare un’atmosfera di immersione. Il Macadam non fa eccezione, non si viene qui per vedere uno spettacolo frontale, ma un’esperienza che ti immerge a 360 gradi. Un altro progetto è stato con la Scat Gatt Orchestra. Anche quello è stato un progetto che ti avvolge completamente, i dodici elementi hanno suonato dai vari piani del bus, che ha tre livelli. È stato un grande abbraccio. Poi ci siamo fermati per la pandemia, ma il futuro è tornare per strada.

Gigi: Ci siamo sempre ripromessi che, una volta creato il Macadam, il nostro spazio di rimessa e casa madre, non ci saremmo fermati, ma anzi avremmo sempre ricordato che la strada è il nostro elemento. Durante la pandemia, per rimanere vicini alla comunità che si è creata accanto al Macadam, abbiamo creato la Macadam Tv. Abbiamo fatto puntate che contenevano un mix di ironia, attualità, un po’ di blob, ma anche vecchie pubblicità o vecchi film che richiamavano però l’attualità. C’erano poi pillole artistiche, contributi fatti dalla nostra comunità artistica. Abbiamo voluto mantenerlo un po’ leggero volutamente, vista l’atmosfera generale. L’ultima puntata l’abbiamo voluta dedicare ai problemi che sta affrontando chi vive di teatro e arte in generale. Il 2 maggio c’era lo sciopero dei lavoratori dello spettacolo. Abbiamo quindi fatto una puntata muta con un’intro e una chiusura e in mezzo un comunicato. Poi nelle ultime tre puntate che ci hanno accompagnato in questa seconda fase, abbiamo presentato un documentario di Francesco Peppino Delia, un nostro caro amico, sui teatri viaggianti in Europa, “Odyssée Joyeuse: un Voyage Artistique vers Plovdiv Karavana”, che parla di due compagnie una belga e una svizzera. Adesso abbiamo chiuso la Macadam tv per ritornare tra la gente.

Come teatro viaggiante e CasaBar siete perfetti in tempi in cui, a seguito delle norme anti Covid19, si punterà molto sul teatro all’aperto.

Ilaria: In apparenza sì, poi purtroppo i comuni sono spesso senza soldi, speriamo non decidano di tagliare sulla cultura in piazza, proprio ora che c’è un enorme bisogno di socialità. Noi però un posto interessantissimo lo abbiamo trovato e ora stiamo organizzando una sorpresa scoppiettante per il primo week end di settembre. Il luogo ha un nome molto evocativo, Parco della Quarantena ed è un vecchio giardino zoologico in disuso da 30 anni in zona Bacoli.

Gigi: Qui un tempo venivano messi gli animali esotici in quarantena prima di essere smistati nei circhi. Oggi è stato recuperato da una serie di associazioni sociali che si prendono cura del luogo. Sono rimasti gli archi in cui attaccavano le giraffe, le mangiatoie degli elefanti. Vediamo se si riesce a portare a termine questo nuovo progetto. Per finanziarlo stiamo lanciando un progetto di crowdfunding.

L’idea del progetto è stata lanciata su produzionidelbasso.com per chiedere il sostegno di tutti coloro che credono in una possibile ripartenza per le arti in Italia come catalizzatore di incontri, economie ed emozioni.

Per saperne di più, scoprire le ricompense del crowdfunding  e coprodurre il progetto: https://www.produzionidalbasso.com/project/festa-delle-arti-viaggianti-al-parco-della-quarantena/.

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