Roberto Verrastro
A proposito di "Philosophy of Immunology”

I misteri delle pandemie

Thomas Pradeu, filosofo della scienza dell'Università di Bordeaux, analizza le dinamiche immunitarie negli esseri umani. Chiarendo non poco i «misteri» delle pandemie, la difficoltà di combatterle e l'ingenuità del complottismo che alimentano

Le multiformi caratteristiche dell’immunità, il bene che in queste settimane chiunque vorrebbe assicurarsi, vengono spiegate da Thomas Pradeu, filosofo della scienza dell’università di Bordeaux, nella sua Philosophy of Immunology (“Filosofia dell’immunologia”, Cambridge University Press, 80 pag., volume open access), pubblicata a ridosso dell’esplosione della pandemia da Covid-19. Nell’introduzione, l’autore evidenzia che il suo va letto come un saggio di filosofia nella scienza, basato sull’idea che «l’apporto basilare dell’immunologia alla filosofia riguarda, probabilmente, la comprensione dell’individualità biologica». Dalla fine dell’Ottocento a oggi, l’immunologia solleva infatti questioni basilari su cosa sia un individuo biologico, cosa lo renda unico e cosa garantisca la sua identità nel tempo, ma il panico diffuso dalle pandemie come quella in corso fa perdere di vista l’essenziale, ovvero, come scrive Pradeu, che «mentre alcune persone vengono uccise, altre mostrano sintomi di malattia ma sopravvivono e altre ancora non sembrano esserne affatto colpite».

Tra gli immunologi odierni non esiste un accordo sulla natura dell’immunità. Un microrganismo infettivo non è di per sé patogeno ma, anche all’interno dello stesso individuo, la sua attitudine a fare danni dipende da molti fattori, tra i quali lo stato fisiologico e immunologico del soggetto al momento dell’infezione, la presenza di altri microrganismi e le precedenti interazioni con lo stesso o con altri agenti patogeni. Spesso un patogeno trova il modo di eludere un determinato sistema di riconoscimento da parte dell’organismo infettato. Quest’ultimo riesce a sviluppare nuovi sistemi di riconoscimento che possono a loro volta essere elusi, in una competizione che assume di frequente l’aspetto di una manipolazione del sistema immunitario da parte dei patogeni. La difesa immunitaria e la patogenicità rientrano pertanto in un contesto dinamico che è tanto evolutivo quanto ecologico: Pradeu si riferisce ai recenti sviluppi dell’immunologia ecologica, o ecoimmunologia, che ha inoltre dimostrato che tra le risposte fisiologiche ai mutamenti ambientali si verificano dei compromessi, dove non sempre le risposte immunitarie hanno la meglio, dovendo interagire con altre funzioni, compresa la termoregolazione (l’inverno del Covid-19 è stato a Milano e altrove il più caldo degli ultimi 123 anni).

La vaccinazione si basa su quella possibilità di difendersi più rapidamente ed efficacemente da un patogeno che l’organismo sviluppa imparando a riconoscerlo, capacità definita memoria immunologica, che è anch’essa un processo complesso, multidimensionale e graduale. Il criterio per affermare che esista un sistema immunitario in una determinata specie è sempre stato l’identificazione di un sistema di riconoscimento, controllo ed eliminazione dei patogeni, dettaglio che, per Pradeu, conferma come la difesa rimanga la definizione intrinseca di immunità che la maggior parte dei biologi fa sua quando parla del sistema immunitario. La ricerca recente in realtà ha confermato che i processi immunitari svolgono un ruolo cruciale in numerosi fenomeni fisiologici, come il funzionamento del sistema nervoso, il metabolismo e la termogenesi, portando a una visione estesa dell’immunità: appare sempre più manifesto che i sistemi immunitari si sono evoluti sotto diverse pressioni selettive, tra le quali la difesa dagli agenti patogeni non è certo l’unica.

La selezione naturale ha infatti favorito i sistemi immunitari in grado nello stesso tempo di difendere, costruire, riparare, ripulire e mantenere efficiente l’organismo. La cosiddetta immunità di tipo 2, quella essenziale non solo nella riparazione dei tessuti, ma anche nella risposta ai parassiti, opera parzialmente in contrasto con l’immunità di tipo 1, che entra in gioco di fronte alle anomalie intracellulari, come i virus: con l’attivazione di una delle due tende a indebolirsi l’altra. I sistemi immunitari funzionano bilanciando queste diverse dimensioni per raggiungere un equilibrio nel contesto delle pressioni ambientali presenti e passate, con un lavoro faticoso che si serve di molte risorse corporee. Se qualcosa va storto, le risposte immunitarie coinvolte in una simile dialettica possono causare danni irreparabili. Una delle domande più affascinanti che l’immunologia dovrà affrontare, aggiunge quindi Pradeu, è se esista ancora un’unità del concetto di immunità o se quest’ultima non sia altro che l’unificazione rassicurante ma artificiosa di una miriade di processi in un solo termine.

Non a caso, l’immunologia odierna è particolarmente interessata al fenomeno della tolleranza immunologica: molte entità geneticamente estranee non vengono eliminate dal sistema immunitario, ma attivamente tollerate tramite risposte immunitarie regolatorie. Virus e batteri albergano ovunque nell’organismo, compresi l’intestino, la pelle, i polmoni e gli organi sessuali ma, al contrario di quanto si pensava in passato, non sono affatto invisibili al sistema immunitario, che dialoga con loro, approdando in genere a una coesistenza pacifica: si stima che il corpo umano ospiti un numero di cellule batteriche non inferiore a quello delle cellule geneticamente autoctone. La questione decisiva è cosa facciano questi microbi al suo interno, dove trovano sostanze nutritive e protezione dai concorrenti. Se il coinvolgimento dei batteri nella digestione è noto da decenni, solo di recente si è scoperto il loro importante ruolo anche nel metabolismo, nella riparazione dei tessuti e nella difesa. Questo dialogo virtuoso può mutare secondo le circostanze, sfociando nel parassitismo e nella patogenicità, come può invece creare una forma di coimmunità, nella quale i microbi partecipano alla difesa immunologica coinvolgendo spesso componenti del viroma, l’insieme dei virus presenti nel corpo, fenomeno che è ora una grande frontiera nella ricerca biomedica.

Un obiettivo clinico chiave diventa quello di gestire le comunità microbiche, ma lo sviluppo di simili approcci ecologici in medicina è arduo, in quanto tali comunità sono composte da ecosistemi locali altamente complessi in cui è probabile che qualsiasi perturbazione abbia conseguenze imprevedibili. L’identità degli individui biologici, conclude Pradeu, non è fissa, ma diacronica, e risulta dalla ridefinizione costante e senza fine dei costituenti e dei confini di un essere vivente attraverso l’azione del sistema immunitario, che agisce all’insegna del motto «e pluribus unum»: trasforma a ogni istante una pluralità di elementi che sono diversi e di origine eterogenea in un’unità coesiva. Un’entità che fa parte di un essere vivente in un dato momento, come un virus immunologicamente tollerato, può cessare di farne parte in seguito, se lo stesso virus viene infine eliminato dal sistema immunitario. Un essere vivente può essere considerato una chimera immunologicamente unificata, secondo la bella definizione che suggella il saggio di Pradeu, chiarendo non poco i «misteri» delle pandemie, la difficoltà di combatterle e la fondamentale ingenuità del complottismo che alimentano.

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Accanto al titolo: Annibale Carracci, “Ritratto del medico Bossi”

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