Luisa Mattia
A Luisa Mattia il Ceppo per l’Infanzia

Parola chiave: solidarietà

L’autrice vince per la capacità di affrontare i temi che riguardano i ragazzi, anche i più scottanti come la famiglia, la mafia e il bullismo, con equilibrio e passione civile. Oggi a Firenze la sua conferenza “Libertà per i pensieri e l’immaginazione”. Ne anticipiamo un brano

Luisa Mattia, scrittrice di successo nell’ambito della letteratura per ragazzi, è la vincitrice del Premio Ceppo per l’infanzia e l’adolescenza, istituito dal Premio Letterario Internazionale Ceppo presieduto da Paolo Fabrizio Iacuzzi, giunto quest’anno alla 64ma edizione. La sua Lettura, dal titolo Libertà per i pensieri e l’immaginazione”, si tiene oggi, nell’ambito della Festa della Toscana, a Firenze, al Consiglio Regionale della Toscana (via Cavour 18, ore 11.00-13.00), alla presenza di molti ragazzi e insegnanti delle scuole secondarie. La conferenza verrà poi presentata alla Bologna Children’sBook Fair a fine marzo dopo essere stata pubblicata sul n. 126 della rivista “LiBeR”. Ne pubblichiamo alcuni estratti. (Per saperne di più: www.iltempodelceppo.it).

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Bisogna essere molto attenti al mondo per conquistare sicurezza e sostanza umana e civile. Bisogna, cioè, avere il coraggio di scegliere, assumersi la responsabilità di schierarsi. Per me, schierarsi significa costruire un percorso di libertà all’interno di un quadro dinamico e vivo di convivenza civile. I valori, così spesso vituperati o mal intesi, sono fibra viva delle mie scelte personali e autoriali. Scrivere è già una scelta netta, scrivere di bambini e ragazzi la rafforza: raccontare storie in cui termini come legalità, diritti, onestà, convivenza, rispetto sono, per me, un tracciato di naturale curiosità e ricerca. Una svolta sostanziale è stata la pubblicazione del romanzo La scelta (Sinnos, 2005),ambientato in un quartiere palermitano e che vede, uno di fronte all’altro, due fratelli immersi nel sistema mafioso. Sono uniti, solidali, complici, eppure la capacità del più giovane di farsi delle specifiche domande su ciò che sta facendo, e perché,genera l’avvio di un percorso di liberazione che comporterà scelte severe, irrevocabili e, spesso, dolorose.

La vita civile del nostro paese è stata ed è tuttora segnata dalla presenza di mafie, camorra e criminalità organizzata in cui i giovanissimi sono spesso vittime designate o protagonisti inconsapevoli di rovinosi destini. Anche in questo caso, credo che sia un dovere raccontare come sia possibile, oltre che giusto, scegliere di opporsi alla prepotenza e alla criminalità, schierarsi a fianco di chi lotta contro le sopraffazioni. E credo che lo sia ancora di più raccontarlo a ragazzi che spesso sono sedotti dall’aura eroica di criminali che, nella cronaca come nella fiction, assumono i connotati di supereroi a cui è garantita impunità e potere. Il fattoche ci siano troppe vittime giovanissime anche tra quei ragazzi che si illudono di stare dalla parte del più forte e dunque del vincente, secondo uno schema primitivo molto praticato dalla criminalità, è ciòche va raccontato e scritto: nella vita di ognuno di noi e a qualunque età c’è un momento in cui è possibile dire un “no” netto a un destino feroce, un momento in cui ci si può schierare dalla parte dei deboli e in cui paure, timori, incertezze, se riconosciute, rendono più forti e più consapevoli di sé.

Ho raccontato un percorso simile in Ti chiami lupo gentile (Rizzoli, 2008), un romanzo che è nato, almeno nella sua genesi, da La scelta (Sinnos, 2005) ma che se ne differenzia per ambientazione e scelte dei protagonisti. In un racconto pubblicato nel volume collettivo Parole fuori (Castoro, 2014) con il titolo Colpa, narro invece le vicende di un adolescente che non è mai stato riconosciuto per quello che è, che si porta addosso il marchio del ribelle, del “cattivo” in senso lato e che esce sempre perdente (e più solo) dal confronto con il fratello, quello “buono”. Ho scritto convintamentedalla parte del “cattivo”, e mantenendo uno spazio preciso per un finale spiazzante. Ma è anche vero che, a proposito di identità, la parola non riguarda solo gli adolescenti ma anche (e spesso) i bambini. L’albo illustrato Prima di me (Topipittori, 2016) prova a rispondere a una domanda che questi si fanno spesso: dov’ero quando non c’ero? Molte domande infantili, ma serissime, sono anche al centro del mio libro autobiografico W la libertà (Topipittori, 2009) e di Sono contento che sono un bambino. Pensieri di bambini veri su sé stessi, gli altri, il mondo, le cose (Rizzoli, 2009), una raccolta di testi che ho curato nell’ambito di un progetto sulla biografia infantile. (…)

Ho provato a raccontare alcune adolescenze collegate al bullismo e del cyberbullismo “a quattro mani” con Luigi Ballerini. Insiemeabbiamo scritto due romanzi, Cosa saremo poi (Lapis, 2017) e Non perdermi, non perderti  (Lapis, 2019),in cui questo tema entra a gamba tesa, con le sue devastazioni che si ripercuotono sia sulle vittime che sui “carnefici” e da cui esce mortificato anche il gruppo di coetanei, il quale perde l’orientamento, sbiadisce e affonda nella sua incapacità di prendere decisioni.

In questi tempi così fluidi, raccontare di un’adolescente che tenta il suicidio, o di un gruppo di coetanei che sottovaluta gli effetti di una sorta di persecuzione, o di un giovane prepotente forse più fragile della vittima,suona prevedibile, quasi una scelta dettata dall’“istante” e poco pensata. È accaduto, invece, il contrario: abbiamo a lungo considerato l’opportunità di scrivere una storia del genere perché oggi, più che mai, quando si va a toccare la vita quotidiana e intima di tanti adolescenti, si toccano sentimenti e si rivelano fragilità che sono anche degli adulti, i quali nellavita reale troppo spesso intervengono in forma autoritaria o punitiva o, peggio, scansando le proprie responsabilità.

È importante, per me che scrivo, indagare e portare in superficie le tante pieghe della difficoltà di vivere la propria età, di riconoscersi e di imparare ad accettarsi, dandosi il tempo di acquisire un nuovo rapporto con sé stessi, dandosi il diritto di vivere dentro le proprie contraddizioni ma sapendo che c’è sempre una seconda opportunità, che il “poi” esiste ed è meraviglioso costruirlo, che si esce anche dalla disperazione e che dopo un primo amore c’è, per fortuna, un secondo amore. E nuovi amici. E molte vite da vivere. (…)

Credo che la solidarietà sia qualcosa che non si impara una volta per tutte, che non sia un istinto ma un apprendimento, che conoscere le vite degli altri – vite “che non sono le nostre”, parafrasando un celebre libro di Emmanuel Carrére – sia un esercizio vitale per scoprire affinità sulle quali costruire ponti e per rivelare diversità sulle quali costruire incontri. L’essere solidali non è un comandamento ma un lento accumularsi di azioni che hanno senso e fanno perno sulla capacità di ognuno di noi, bambini e adolescenti compresi, di farsi domande e cercare risposte e motivazioni ai nostri comportamenti. Nei miei libri la solidarietà percorre le storie. A me che l’ho imparata da animali, piante e bambini, sembra importante riportare questa parola al centro della questione, attraverso un’equivalenza che, spero, possa azzerare il razzismo: immigrati “uguale” persone.

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