Luca Fortis
Studiare nell'epoca delle fake news

L’arma dell’intelligenza

«L'intelligenza presuppone capacità di cogliere la complessità. Per questo oggi (insieme alla cultura) va così poco di moda...»: incontro con Manuel Cuni, alias Immanuel Casto, presidente/portavoce dell'associazione Mensa che riunisce le persone con quoziente intellettivo molto alto

L’intelligenza e il suo rapporto con il quoziente intellettivo è uno dei soggetti più affascinanti e studiati dalla scienza e dal mondo culturale. Il Mensa è un’associazione internazionale senza scopo di lucro, nata il 1 ottobre 1946, con il fine di riunire persone ad alto potenziale. Il solo requisito richiesto per diventarne membri è rientrare nel 2% della popolazione mondiale con il più alto quoziente intellettivo (QI). A oggi, il Mensa vanta oltre 133.000 soci in 100 paesi in tutto il mondo, Mensa Italia è l’associazione italiana federata al Mensa International, nata nel 1983 e a oggi ha oltre 1.800 soci su tutto il territorio nazionale. Ne parliamo con il presidente/portavoce italiano, il cantante e game designer Manuel Cuni, in arte Immanuel Casto.

Che attività porta avanti il Mensa?

Gli scopi principali del Mensa sono tre: scoprire e incoraggiare l’intelligenza umana a beneficio dell’umanità; incoraggiare la ricerca sulla natura, le caratteristiche e gli usi dell’intelligenza; incoraggiare i contatti sociali fra i soci per mezzo di conferenze, discussioni, pubblicazioni, gruppi di studio, convegni o altri mezzi utili a tali fini. Amiamo essere aperti alla società civile e verso le persone che non fanno parte del Mensa. Teniamo conferenze in tutta Italia organizzate dalle nostre segreterie locali, che possono essere tenute da soci o da persone di nostra stima. Siamo aperti ai temi più disparati, perché siamo fondamentalmente curiosi. Recentemente è partito anche il progetto nelle scuole, non solamente per farci conoscere, ma anche per avvicinare gli studenti delle scuole superiori al mondo dell’intelligenza logica attraverso il gioco, elemento che a noi piace molto. In questo periodo sta partendo invece QUID, un progetto di divulgazione del Mensa: si tratta di una rivista distribuita ai soci e scritta dai soci. Verso l’esterno verranno diffusi gli articoli; anche in questo caso lo scopo è riflettere sull’intelligenza e promuoverne lo studio. Dal 2016 abbiamo collaborato con l’ARP e l’Università Bicocca di Milano, per la standardizzazione della Wais IV, il test considerato più autorevole per la misurazione del Q.I., che al contrario del test per entrare a far parte del Mensa, misura vari aspetti del Q.I, tra cui la cultura. Inoltre abbiamo collaborato anche agli studi effettuati per indagare sulla relazione tra plus-dotazione intellettiva e intelligenza emotiva. Nel 2019 abbiamo partecipato a finanziare uno studio sulla connettività tra aree cerebrali caratterizzanti diversi livelli di intelligenza, misurate attraverso il Q.I  La ricerca è tata fatta all’Aarhus University della Danimarca. Uno studio portato avanti con il nostro patrocinio economico da due soci Mensa italiani in Danimarca.

Infine, per il Mensa è davvero importante creare una comunità, mettere in contatto persone con le stesse caratteristiche di plus-dotazione intellettiva. I soci Mensa sono diversissimi tra di loro, hanno in comune però, oltre che la diversità, anche un vissuto comune. In molti casi, il Mensa per i soci rappresenta una risposta a quel gap che una persona con una plus-dotazione intellettiva può sperimentare nell’interazione con gli altri, soprattutto negli anni dell’infanzia. Il Mensa diventa quindi un luogo dove incontrarsi. Si organizzano cene insieme, attività ludiche, salotti legati all’incontro e conoscenza; a livello nazionale convegni e meeting.

Esistono tanti tipi di intelligenza?

Esistono tante definizioni per intelligenza accettate in ambito accademico. Premesso che è uno studio complesso anche per i neurologici e che io che non sono un accademico, e dunque parlo solo come socio Mensa, la mia definizione preferita di intelligenza è quella di David Wechsler: «La capacità aggregata e globale dell’individuo di agire con intenzione per vincere con successo le sfide dell’ambiente». Mi piace perché – senza entrare nella teoria di Howard Gardner sulle Intelligenze Multiple, messa ampiamente in discussione – dà l’idea di un fenomeno complesso e estremamente sfaccettato. Quando definiamo una persona “intelligente”, consideriamo non solamente la capacità di effettuare processi logici, ma ci mettiamo anche dentro la maturità, la sensibilità, la saggezza e persino la cultura, che non è di certo innata. Quindi parliamo veramente di qualcosa di estremamente complesso; ecco che il Q.I. va a descrivere solamente una parte dell’intelligenza. “Di agire con intenzione”, quindi con razionalità. Non essere agiti, ma essere consapevoli di quello che si fa. Considero moltissimo la consapevolezza del pensiero, che in fondo è quello che ci diversifica dagli animali. “Per vincere con successo le sfide dell’ambiente,” da un confronto dialettico al sapersi procurare del cibo. Mi piace perché mette in relazione un potenziale con l’applicazione di quel potenziale. Se una persona si definisce intelligente, ma poi fallisce sistematicamente tutti gli obiettivi che si pone, io non la percepisco come intelligente. Il quoziente intellettivo descrive solamente un segmento dell’intelligenza; condizione molto importante, ma non sufficiente a tutta una serie di qualità umane. Fatto sta che può essere tranquillamente una cattedrale nel deserto.

Adesso si parla molto di intelligenza emotiva. A dimostrazione delle diversità di opinioni che ci sono nel Mensa, ti posso dire che vi sono soci che la riconoscono e altri no. Per me nell’interazione quotidiana, la consapevolezza delle proprie emozioni e di quelle altrui, è un aspetto fondamentale della vita, a tal punto che pesa più quello del quoziente intellettivo. Per esempio, io mi relaziono nella vita con moltissime persone che non supererebbero il test Mensa, eppure non percepisco un gap nell’intelligenza. Nel poliedro che è l’intelligenza di una persona, quello che ricevo è comunque totalmente adatto a qualunque collaborazione e confronto professionale. Inoltre, credo che da persone razionali tendiamo a vedere nell’emotività un pericolo, anche perché in ambito politico si tende molto a strumentalizzarla. Tuttavia negare l’importanza dell’emotività è controproducente, perché noi siamo fatti di emotività. Io vedo l’intelligenza logica-razionale come uno strumento, sta poi all’emotività sapere se usare questo strumento. Qualsiasi processo logico, se parte da premesse sbagliate, arriverà a conclusioni sbagliate. Il fatto che uno sappia correre, non vuol dire che abbia voglia di correre.

Oggi l’intelligenza e lo studio sembrano non andare più di moda, molti li considerano elitari.

Ci sarebbe molto da dire. È vero che ultimamente si cerca di identificare nell’intelligenza e nella cultura un nemico, attribuendogli necessariamente una accezione di snobismo. Io ritengo che coloro che si ritenevano, a torto o ragione, intelligenti, abbiano una responsabilità nello scenario attuale, perché un intelligente che intenzionalmente fa sentire stupido uno stupido, non è affatto intelligente. Perché la comprensione presuppone due cose: la possibilità e la volontà. La possibilità, a sua volta, presuppone una serie di cose, tra cui l’intelligenza; ad esempio l’intelligenza logica per effettuare un processo logico. C’è poi però la volontà, che se non c’è, va ispirata. Se invece c’è, ci vuole veramente poco per spezzarla. Per esempio con un giudizio sprezzante. In questa dicotomia tra intelligenti e stupidi, in cui tutti pensano di essere dalla parte degli intelligenti, penso che chi rappresentava gli intelligenti non abbia avuto necessariamente un atteggiamento costruttivo. Credo che sia necessario tornare a dialogare, a spiegarsi.

Nell’epoca di internet e dei social media, da una parte esistono enormi potenzialità per la conoscenza, dall’altra però esiste il forte rischio della semplificazione, del “mi piace o non mi piace”, delle bufale. Come affrontare questi pericoli, cogliendo comunque le opportunità delle nuove tecnologie?

È qualcosa su cui mi interrogo molto. È vero che la facilità con cui possiamo accedere all’informazione apre a tantissime possibilità, ma ci ha anche portato a una semplificazione dell’informazione stessa. A una riduzione della capacità di attenzione. Nei primi progetti nelle scuole con il Mensa, abbiamo constatato con gli insegnanti come vi siano crescenti problematiche per gli studenti nel tenere l’attenzione. Ti devo confessare che persino io comincio ad avere problemi di attenzione mentre leggo. Come se la necessità di ricevere sempre stimoli nuovi intervenisse con velocità superiore di quella precedente. Il cosiddetto “span” dell’attenzione che va riducendosi. Personalmente tendo a vedere la soluzione di tutto nell’insegnamento, nell’istruzione. Alla fine il motivo perché le forze politiche mettono così tanta attenzione sulla scuola, è perché fondamentalmente è un modo per controllare il futuro. Io penso che in un futuro non troppo lontano, spero almeno, si debba insegnare un utilizzo consapevole dei social network, già alle scuole medie. Un utilizzo consapevole vuol dire verificare delle fonti, il fatto che se una notizia è priva di fonte, non dico che vada completamente ignorata, ma vada recepita in un determinato modo, ossia presa come un’incognita, una posizione personale. Educare ad un pensiero critico, che sia in grado di comprendere la realtà in tutte le sue sfaccettature. Le bufale ci hanno insegnato una cosa: hanno successo perché sono piene, coerenti e semplici.

Le bufale a loro modo fanno una cosa intelligente, ossia tengono conto dell’emotività. Vanno a toccare sempre un tasto preciso, sapendo che l’emotività arriva sempre prima della razionalità, ecco perché non è intelligente negare l’importanza dell’emotività.

Secondo il classico approccio americano, che a noi del Vecchio Mondo può sembrare semplicistico ma anche molto rinfrescante, le emozioni principali sono cinque: rabbia, paura, tristezza, disgusto e felicità. Solo una è un’emozione positiva che però è la più difficile da suscitare. Per suscitare rabbia basta provocare, suscitare paura è ancora più facile, basta menzionare un pericolo. Per la tristezza si può toccare un’insicurezza, riportare una notizia triste. Mentre per suscitare la felicità si deve far sentire l’altro compreso, ispirandolo o divertendolo. È molto più difficile e richiede un investimento di energie che spesso non trova spazio sui social. Questa teoria delle emozioni è un concetto che si può spiegare in meno di un minuto ed è perfettamente alla portata di uno studente delle medie, ma non gli viene insegnato. Se non si è consapevoli di questo funzionamento delle emozioni, se ne diventa vittima.

L’ironia, il ridere e la provocazione che rapporto hanno con l’intelligenza?

Attribuisco all’umorismo e all’ironia un valore enorme. Nella complessità dei fenomeni legati all’intelligenza, io ci metto anche l’umorismo. Lo vedo come un indice di intelligenza. Nel senso che una persona intelligente che però non riesce a svincolarsi da un registro accademico o serioso, a prescindere dal contesto, non credo che venga percepita come brillante. Senza contare che l’umorismo è la terza via rispetto all’approccio ad un problema. Oltre al solito bivio in cui davanti a una difficoltà, ad esempio un conflitto, si può combattere o fuggire, c’è anche una terza via: mandarla “in vacca”, con una risata liberatoria. Molti problemi in realtà vengono gestiti in questo modo. Ma l’ironia, dire qualcosa per intenderne un’altra, può essere estremamente brillante. Non è popolare, nei prodotti più generalisti solitamente l’ironia non viene utilizzata. L’ironia di dire qualcosa sostenendo esattamente il contrario, non è scontata perché richiede uno step del ragionamento in più. La provocazione mi piace molto in ambito artistico. Io tendo ad avere due registri molto diversi: sono molto ironico in ambito artistico, ma sono molto più serio nella vita di tutti i giorni. Mi rendo conto che possa confondere l’interlocutore, ma penso anche che, per chi abbia voglia di approfondire, questa caratteristica renda interessante il mio personaggio. Poi per quanto mi riguarda la provocazione è una spezia, come il peperoncino: nella dose giusta rende il prodotto artistico più interessante. Mi piace che l’artista metta la palla sul bordo del tavolo e chiedermi se la farà cadere. Restare con il fiato sospeso. Poi però la palla non va fatta cadere. Così come se uno mette troppo peperoncino in un piatto, il piatto diventa immangiabile.

E il rapporto dei tabù con l’intelligenza?

È una domanda molto complessa, esistono ancora tantissimi tabù. Evolvono, cose che un tempo non erano dei tabù, oggi lo sono e viceversa. In generale, posso dire che la ricerca della verità è la ricerca delle verità. La verità di per sé non è né buona né cattiva, è l’utilizzo che se ne fa che lo diventa. Ci sono studi che vengono osteggiati per via delle verità che potrebbero rivelare. Sul fronte dell’empatia lo capisco, tuttavia qualsiasi cosa che impedisca la ricerca della verità per me è sbagliata. Un esempio che si può fare è quello della correttezza politica. I suoi propositi sono molto nobili: tutelare la sensibilità delle persone e in particolare delle categorie svantaggiate. Solamente che, un po’ come in ambito legislativo esiste un ideale perfetto, la giustizia, e poi la legge che non lo è necessariamente, così la correttezza politica, che nasce con un intento di tutela, talvolta può perdere questo significato e farsi persecutoria, creando dei tabù. Per esempio parole che non si possono dire o concetti che non si possono affrontare.

Come si può entrare nel Mensa?

Tutto inizia con il test preliminare disponibile sul sito, che consigliamo di provare per valutare innanzitutto le possibilità di superamento del test di ammissione, per sostenere il quale è necessario aver compiuto i 16 anni. Successivamente si contatta uno dei nostri assistenti al test per concordare la partecipazione alla prossima sessione di test, generalmente si tengono con cadenza mensile e/o su appuntamento. Se si supera il test del Q.I. si entra a far parte del Mensa.

Quali sono ti tuoi prossimi progetti artistici?

Lo scorso anno sono stato molto impegnato nel mondo dei giochi e anche quest’anno sarà così. Per quanto riguarda la parte ludica, avrò due uscite inedite di giochi da tavolo con carte. Mi piacerebbe coinvolgere il Mensa, chissà… Sul fronte musicale sono assente dalle scene dall’anno scorso, dopo aver fatto un tour molto lungo con il disco celebrativo l’Età del Consenso. Sono anni che sto lavorando a molti pezzi inediti e quest’anno vedranno la luce.

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