Roberto Mussapi
Every beat of my heart

Morte senza dominio

I viaggi nell'Ade di Ulisse e di Enea, la Commedia di Dante, Foscolo, Dylan Thomas, Ungaretti. Ecco il Dna della poesia di Roberto Mussapi che nel giorno dedicato ai morti ravviva la memoria, accende la visione, rafforza la speranza

Questo non è un sabato qualunque. I morti. L’altra parte della vita, legata a memoria, immagine. Speranza. La poesia ha nei suoi archetipi viaggi nel regno dei morti, da Ulisse a Enea per culminare nella Commedia di Dante. E, grazie allo spirito ruggente di Alighieri, non li fa “davvero morti”. I sepolcri di Foscolo, la poesia di Thomas, culminante in «and death shall have no dominion»: e la morte non avrà dominio. La morte si sconta vivendo, scrive Ungaretti, il che non significa che la vita la contiene e comprende, ma che la fa scontare, la riscatta, ora per ora, d’attimo in attimo.
Anch’io, pur ferito a morte a ogni ferito e ogni morto, credo che la morte non avrà dominio, e che questa speranza, preghiera, che è anche un’autentica visione, faccia parte della poesia, del suo Dna

 

E i morti risorgeranno nel breve splendore

aperto sugli occhi delle persiane spalancate,

vincendo il suono del risveglio abituale

nel segreto del tempo, tra le lancette e l’ora

la loro luce cadrà a piombo sulle pupille nate.

E il corpo rotolante nel bianco nevoso

coperto dal freddo che lo tenne in vita

si leverà dal giaciglio ora odioso

aprendo la finestra una sola mano

stringerà la maniglia come un’altra mano

sconosciuta, dal freddo

nel cerchio delle stagioni morte e del sangue opaco,

la grazia che venne prima delle orme nate

e restituì alla polvere l’antico fiato

tuffò gli occhi del vivo nel pozzo abissale

e nelle acque si fusero ricordo e oblio.

 

Dal filo che dura spina su spina

passano gli anni e le immagini tra il buio

di ogni filo ferite di luce

e il ricordo nell’ultimo sonno del primo mattino

generò sogni più brevi a sorsi luminosi

quando gli occhi respinsero il risveglio iniziale

restando chiusi sulle immagini alate,

anime in forma di rondine o bambino

dai tetti custodi del respirante riposo

che scesero a visitare la palpebra e il sogno

e penetrarono il ricordo dell’uomo che dormiva

e fu prossimo alla morte e fu salvato

dai morti risorti nell’eterno splendore.

Roberto Mussapi

(Da Gita Meridiana, Mondadori, 1990, poi in Le poesie, Ponte alle Grazie, 2014)

Foto: © Montagnani Ro

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