Paola Benadusi Marzocca
“L'eploratore” di Katherine Rundell

Mondo meraviglioso

Quattro ragzzi dispersi nella foresta pluviale amazzonica vivono un’avventura ai confini della realtà riuscendo a trovare la via del ritorno. Una storia per i più giovani ma che ha molto da insegnare anche agli adulti

Ci sono libri per i ragazzi che si apprezzano più da adulti perché forse si riesce a vederci dentro più cose. Piccoli capolavori che si leggono tutto d’un fiato come L’eploratore di Katherine Rundell (Rizzoli, trad. Mara Pace, ill. Hannah Horn, 330 pagine, 17 euro): senza uscire un giorno dalla nostra città ci troviamo immersi nella foresta pluviale amazzonica, attualmente purtroppo in preda a frequenti incendi, dove quattro ragazzini affrontano un’avventura ai limiti della realtà. Una storia intensa che sembra impossibile: mentre si alza in volo un piccolo aereo precipita, perché il pilota si presuppone abbia avuto un infarto. Prima che prenda fuoco quattro ragazzini, ammaccati e feriti riescono ad allontanarsi. Questo il prodromo e l’inizio dell’avventura. Diversi tra loro per carattere e provenienza si trovano ad affrontare insieme una serie di peripezie che superano i limiti dell’avventura stessa.

Leggendo questo libro si imparano tante cose mentre intrepidamente i nostri quattro coraggiosi protagonisti si addentrano nella giungla. Scenario superbo della natura vergine dove, dopo il primo attimo di smarrimento, acuito da litigi e diffidenze, cominciano a comprendere la loro debolezza dinanzi alle forze invincibili di quella realtà e dell’universo intero. Fred è il più grande, intelligente e deciso. «Voleva dal mondo più di quanto avesse avuto fino a quel momento». È lui che dirige gli altri: Con, una ragazzina bionda polemica e stizzosa e Lila, più amabile, e tutta presa dal fratellino Max vivace e pieno di iniziative pericolose.

Tra marce estenuanti e incubi notturni nell’oscurità completa e terrorizzante della foresta i ragazzi si rendono conto con il passare dei giorni che nutrendosi di erbe e formiche sono riusciti a sopravvivere e quindi affrontano l’ignoto uniti come un gruppo di esploratori navigati malgrado stiano consapevolmente affrontando un’impresa fuori dalla loro portata. Quando ormai stanno perdendo ogni speranza di raggiungere un luogo abitato, trovano quasi per miracolo una mappa che li guida dentro le rovine di una antica città in rovina dove abita un uomo insieme a un enorme avvoltoio dalla testa rossa e il becco ricurvo. Sarà lui a indicargli la via per salvarsi. «Quando sarete a casa raccontate a tutti che la bellezza del mondo comporta delle responsabilità. Devono ricordarselo. Se uno crede che il mondo sia piccolo e ignobile, finisce per esserlo a sua volta. Ma il mondo è un posto imponente e meraviglioso».

Se l’esploratore e la città di questo romanzo sono frutto della fantasia della scrittrice, lei stessa precisa che, in qualche modo, si è ispirata a Percy Fawcett, un uomo incredibilmente vigoroso, ufficiale di artiglieria che trascorse gran parte della vita a cercare la mitica Città di Z, secondo lui tempestata d’oro. Molti dopo di lui seguirono il suo esempio e alcuni non tornarono più. «Non cesseremo di esplorare/ e alla fine dell’esplorazione/ saremo al punto di partenza/ sapremo il luogo per la prima volta». (T.S. Eliot). Niente di più vero.

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