Luca Fortis
In Siria, dopo l'aggressione turca/4

L’acqua di Hama

Ad Hama, la città più conservatrice della Siria, la guerra ha salvato almeno le grandi strutture idrauliche dall'epoca seleucide: saranno un buono strumento per far tornare la normalità (e il turismo) nel Paese?

La strada tra Aleppo e Hama è lunga e piena di posti di blocco. Si susseguono uno dopo l’altro, in modo quasi ipnotico. La stessa scena che si ripete e si ripete e si ripete ancora. I soldati sono cortesi, ma i controlli sono accurati, ogni volta l’autista si deve fermare a palare un po’ con loro. La situazione è comunque calma. Questa zona del paese, Idlib a parte, è ormai stabile. La vera tragedia si sta compiendo a est dove i turchi stanno tentando di colonizzare i territori curdi, al confine con la Turchia, con rifugiati siriani arabi o di cultura turca. Un tentativo di “ingegneria coloniale” per dividere i curdi della Turchia da quelli Siriani.

Il piano per ora è riuscito a metà, se da una parte i curdi siriani hanno effettivamente, sotto minaccia delle bombe turche, lasciato una zona profonda trenta chilometri lungo una buona parte del confine della Turchia, dall’altra Ankara non ha potuto prendere il pieno controllo della zona, in quanto i Russi hanno ottenuto di dividerlo con loro.

Il resto dei curdi siriani, dopo il tradimento americano, ha chiesto la protezione della Russia e del governo ufficiale siriano. In pratica, Damasco è tornata a controllare buona parte del territorio nazionale. I curdi avevano creato una regione governata in modo semi autonomo. Con il governo centrale siriano condividono la completa laicità, ma non il progetto politico. Il tentativo dei curdi di autogestire la loro comunità in modo democratico non è riuscito. Forse perché ha il limite di essere riservato solo ai territori curdi e in maggioranza ai curdi. Manca ancora un leader curdo-siriano che abbia un carisma tale da poter diventare un leader democratico per tutta la Siria e per tutti i siriani, al di là della regione di provenienza o della religione.

Solo i prossimi anni mostreranno se il regime laico e multi confessionale di Bashar Al Assad farà qualche apertura alla democrazia comunitaria dei curdi o no. Se lo farà, potrebbe essere una speranza per una maggiore democratizzazione di tutta la Siria. Ad oggi, però, non ci è chiaro come il presidente voglia costruire il futuro del paese, una volta stabilizzato. Potrebbe tornare al regime laico e militare di prima della guerra, o capire la lezione del conflitto e comprendere che deve curare maggiormente i diritti individuali. Infatti, se lui e suo padre lo avessero fatto maggiormente, la rivoluzione forse non sarebbe esplosa. Perfino l’opposizione ha fatto lo stesso errore, invece di capire che la rivoluzione era partita perché la gente voleva più diritti, ha finito per puntare tutto sull’islamismo e sulle divisioni religiose e culturali. Ogni gruppo ha giocato la sua partita e nessuno ha fatto squadra. Bashar ha vinto grazie a questo, bisogna vedere se capirà, insieme ai russi ed agli iraniani, questa lezione.

Entrando ad Hama colpisce la normalità della vita quotidiana, i segni della guerra non sono evidenti. In città la vita scorre come se niente fosse. Nel centro troneggia un’enorme scritta in plastica, le lettere formano la frase “I love Hama”, istallazioni che si vedono anche ad Aleppo e in altre città siriane. Poco distante il fragore dell’acqua e delle enormi ruote idrauliche di legno, ricorda che Hama è famosa nel mondo per queste opere di ingegneria idraulica. Il rumore e gli spruzzi d’acqua rendono subito palese che per fortuna la guerra non ha distrutto questi capolavori.

La città che è a maggioranza sunnita, ma con alcuni quartieri solo cristiani, è famosa per essere una delle più conservatrici della Siria. Quando nel 1980 i Fratelli Musulmani organizzarono una rivolta, il padre di Bashar Al Hassad, Hafez, non esitò a mandare l’esercito. Morirono tra 10.000 e 20.000 persone, a seconda delle stime. Anche il patrimonio culturale fu molto danneggiato. Ma le ruote si salvarono anche in questo caso. Chiamate “noire”, dall’epoca seleucide, sollevano le acque dell’Oronte per condurle con apposite condotte aeree alle abitazioni della città o in quelle destinate anche all’irrigazione degli orti urbani. Ormai funzionano solamente per i turisti, in quanto molte delle condotte sono state distrutte.

Il cigolio dei pezzi di legno che formano i meccanismi delle ruote giganti, lo scrosciare dell’acqua che cola da alcuni dei secchielli, mentre sale verso il cielo per raggiungere la parte alta dell’acquedotto, il fruscio del vento, che crea schizzi d’acqua, rendono questo luogo estremamente poetico. Questi meccanismi immensi, ma allo stesso tempo fragili, che da secoli superano guerre, rivoluzioni, cambi politici, sono forse la migliore metafora con cui concludere questo viaggio in Siria. In fondo anche la vita, in senso universale, è come una ruota che non si ferma mai.

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