Lidia Lombardi
Lo scaffale degli editori

Arte con la pistola

«Dopo armi, droga e tratta di esseri umani, il contrabbando di opere d’arte è ancora il più proficuo dei commerci criminali». Lo ha detto ieri Luca Nannipieri, autore di “Capolavori rubati”, alla presentazione del volume edito da Skira. E intanto Marsilio e Fandango, con Cocco&Magella e Leonardo Palmisano puntano al poliziesco deduttivo e alla suspence

La prestigiosa Skira non è solo libri d’arte, cataloghi di mostre, essa stessa player di esposizioni giramondo. Ospita anche volumi di ricognizione del settore, lo “stato dell’arte” per dire di mercato e sostegni pubblici, conservazione e restauro, scoperte e defaillances nelle raccolte. Ecco allora un’opera-denuncia, ancorata alla cronaca ma insieme analisi puntuale di capisaldi artistici. È Capolavori rubati dell’infaticabile storico e critico dell’arte Luca Nannipieri, che tra l’altro cura una rubrica omonima al “Caffè” di Raiuno. Il quale in questo agile volume (172 pagine, 19 euro) passa in rassegna celeberrimi casi di furti di opere, una vetrina che comincia con il più intricato cold case – il furto irrisolto dal 1969 della Natività di Caravaggio prelevata dal permeabilissimo Oratorio di San Lorenzo a Palermo – e che poi svaria dalla Saliera d’oro di Cellini all’Urlo di Munch, al Vaso d’Eufroniotornato dagli Usa al nostro Museo di Cerveteri non troppo tempo fa, all’Atleta di Fano di Lisippo, che il neo comandante del gruppo Tutela Patrimonio Culturale dei Carabinieri, generale Roberto Riccardi, anela a riportare in Italia dal Getty Museum di Malibu come primo successo del suo nuovo incarico.

Proprio Riccardi era alla presentazione di Capolavori rubati, ieri l’altro, nei Musei Capitolini. La sua prima uscita pubblica nella quale ha ascoltato le parole di Nannipieri, che condensano lo spirito cronachistico, storico, antropologico e psicologico del libro. «Di un capolavoro ci accorgiamo paradossalmente quando esso viene a mancare, perché rubato o distrutto», asserisce tra l’altro. È appunto accaduto alla Natività palermitana, la cui mafiosa sparizione – resta tra le dieci opere più ricercate del mondo – ha contribuito ad alimentare l’exploit di Caravaggio, relegato in disparte per tre secoli e rilanciato soltanto dagli studi del Longhi. Avvenne anche per la Gioconda, clamoroso furto nel Louvre del 1911, pur con lieto fine. «Il suo mito nasce quando essa smette di essere», constata Nannipieri. Idem per i templi di Palmyra o per i Buddha di Bamiyan. Insomma, «c’è sempre stata lotta attorno all’arte». Omicidi, razzie, corruzioni, contrabbandi, soprusi, roghi, devastazioni, confische. L’Italia la più bersagliata dalle perdite ma ora la più efficace nei recuperi: i Carabinieri hanno catalogato 1 milione e duecentomila pezzi da ritrovare. Ma l’Oriente, l’Africa sono sguarniti e indifesi. E fiorisce il mercato esotico, favorito anche dalla brama dei grandi musei che genera acquiescenza verso il mercato clandestino. Altro che “la bellezza salverà il mondo”. «Dopo armi, droga e tratta di esseri umani, il contrabbando di opere d’arte è ancora il più proficuo (perché meno controllato) dei commerci criminali», punta appassionato il dito Nannipieri in questo libro che è anche una lezione di educazione civica in difesa dell’identità di ciascun popolo e un input a sempre più agguerrite indagini per la sua salvaguardia.

Intanto, tornano dalle brevi vacanze i piedipiatti letterari italiani. Come Stefania Valenti, commissario svelto e tuttavia femminilissimo che sguscia – sgobbona e integerrima nonostante i grattacapi della sua vita di separata con figlia adolescente – tra le brume dei due rami del lago di Como. Cocco&Magella, gli autori di La sposa nel lago (Marsilio, 208 pagine, 17 euro), anche in questo quarto episodio articolato attorno alla figura della poliziotta fanno scattare il plot dal rinvenimento di un cadavere femminile. Nel precedente immediato, Morte a Bellagio, la vittima era una ricca imprenditrice del tessile. Qui, una studentessa diciannovenne, Ginevra, il cui corpo esanime avvolto in un lenzuolo bianco galleggia – coup de théatre – sul lieve moto ondoso del manzoniano specchio d’acqua, sullo sfondo di una abbazia cistercense. Un monaco fa il macabro rinvenimento e sarà sconvolto nell’apprendere delle ferite inferte alla giovane dopo la morte. Un maniaco? Stefania Valenti si tiene stretta l’indagine, contesa anche dalla procura di Lecco. E riesce a restare in bilico tra questa investigazione e quella relativa all’uccisione di un clochard (l’incastro di due trame delittuose è l’“insegnamento” del compianto Camilleri e del suo Montalbano per tener desta la suspance dei lettori divertendosi a confonderli un po’). Viene alla fine a capo del mistero, sbaragliando i colleghi maschi. Ci riesce perché scava con la propria sensibilità nella doppia vita di Ginevra, legata a un uomo di vent’anni più anziano, pilota di una compagnia aerea low cost. E ci riesce in pagine mai tentate dallo splatter, invece giocate nel solco tutto intelletto del poliziesco deduttivo classico, reso celeberrimo da giganti quali Agatha Christie e sir Conan Doyle.

Non un poliziotto ma un bandito inquirente riporta in scena l’editore Fandango. È il secondo romanzo che vede come protagonista Carlo Mazzacani, uscito dalla fantasia di Leonardo Palmisano, scrittore, etnografo e consulente sul rapporto tra mafie e territorio per enti pubblici e privati. In effetti Mazzacani ha fatto surf tra Sacra Corona Unita, ‘ndrangheta e camorra, rimanendo però un cane sciolto e questo gli costa l’isolamento. E però, col suo codice morale che lo rende estraneo alle mafie, non dimentica i legami amicali nati nei suoi primi tempi da delinquente. Nella nuova avventura (Nessuno uccide la morte, 286 pagine, 17,50 euro) si mette caparbiamente alla ricerca di Elia Colucci, camorrista malato di Sla, scomparso mentre va a incontrare un gruppo di ‘ndranghetisti con i quale dovrebbe discutere del futuro del quartiere Tamburi di Taranto, quello assediato dai fumi mortali dell’Ilva. Mazzacani vuol battere sul tempo sia i mafiosi sia le forze dell’ordine. Un’apparente mission impossible in aiuto di chi in passato lo ha sempre salvato dai pericoli. Così il bandito anticonformista si spinge fino al territorio dei trulli, “regno” del compare-amante di Elia trovato morto dopo la sua scomparsa. L’affresco della criminalità del Sud Italia dipinto da Palmisano è icastico e insieme emozionante. E squarcia intrecci realistici tra cosche e pezzi deviati dello Stato.

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