Chiara Ragosta
Inizia il festival CastellinAria

Segnali di teatro

SI intitola significativamente “Segnali di fumo” la seconda edizione della rassegna di teatro contemporaneo ideato e organizzato al Castello Cantelmo di Alvito (Frosinone) dalla Compagnia Habitas

In seguito al successo riscosso l’anno scorso e dopo essere arrivato finalista al Premio TOC (Teatro di Origine Certificata), riconoscimento per le strutture impegnate nel settore spettacolo promosso dal Tavolo Etico del Coordinamento delle Realtà della Scena Contemporanea (C.Re.S.Co), CastellinAria – Festival di Teatro Pop, torna al Castello Cantelmo di Alvito (Frosinone) da domani al 10 agosto. Otto giorni ricchi di eventi e novità, tra ospiti internazionali, concerti sotto le stelle, laboratori per bambini e rievocazioni storiche. Al centro, il teatro contemporaneo e la sua capacità di dialogare con il territorio e coinvolgere attivamente il pubblico. A presentare la seconda edizione, dal titolo Segnali di fumo, è la Compagnia Habitas, ideatrice e promotrice della manifestazione.

Seconda edizione di CastellinAria: stessa formula della precedente o avete cambiato qualcosa?

Della precedente edizione conserviamo l’atmosfera genuina e quell’autenticità che lo hanno reso, più che un festival, una vera e propria festa. Cresciamo, però. Oltre a un giorno in più, che è sempre un bel segnale di crescita, siamo fieri di poter ospitare uno spettacolo internazionale – Tristezza e Malinconia della Compagnia Barletti/Waas, testo di Bonn Park – grazie alla preziosissima collaborazione con PAV e nello specifico con il progetto Fabulamundi/Playwriting Europe – e di aver ampliato la programmazione strutturando un momento di performance/laboratori interamente figlio della sinergia con le attività del territorio.

Come per il 2018, anche questa edizione sarà ospitata nel Castello Cantelmo di Alvito: la scelta è stata basata sullo studio della storia del territorio della Valle di Comino, o su altre ragioni?

Livia Antonelli, fondatrice di Habitas insieme a Chiara Aquaro e a Niccolò Matcovich e quindi direttrice artistica di CastellinAria, è originaria della Val di Comino e ha sempre sognato di portare il teatro contemporaneo in una provincia che ne è quasi totalmente ignara. Una provincia così bella ma anche così troppo spesso dimenticata: il festival è stata l’occasione per scoprire la storia della Val di Comino e dei suoi tesori che sembrano non avere fine. Certo, per noi il Castello Cantelmo di Alvito è il fulcro di tutto. Il festival nasce anche per l’innamoramento istantaneo con la bellezza spoglia del Castello, sospeso tra le nuvole; in aria, appunto.

Il titolo di questa seconda edizione è Segnali di fumo: segnali che, secondo voi, dovrebbero diventare più sogni o più segni? E chi vorreste che, in particolare, li cogliesse?

Segni e sogni, entrambi, visto che per noi è possibile che vadano insieme; sarebbe bello che li cogliesse chi c’è. Il teatro è un fatto di presenza; al di là della volontà di dare un segnale forte sulla possibilità di sostenere la cultura, generando nuovi fuochi e proteggendoli, quello che resta poi è l’essere stati insieme, una parte e il tutto di qualcosa che va oltre noi.

Secondo quanto da voi dichiarato, la caratteristica di questo festival è l’evanescenza: in che modo un qualcosa che tende a divenire inafferrabile e indistinta può rimanere nel tempo e nella memoria dello spettatore?

Proprio per quell’incontro a cui facevamo riferimento ora. L’essere stati parte di un rito, una festa che poi come d’incanto si disperde in aria, rimane un’esperienza profonda e ti cambia. Non c’è presunzione, accade evidentemente. Proprio la stessa evanescenza di uno spettacolo; il teatro è qui e ora e poi finisce, non si sa “dove” vada a finire, si incastra negli occhi e nei cuori di chi a quell’appuntamento c’era.

Perché e in cosa secondo voi questo festival è diverso dagli altri?

Appartiene a un territorio che ha una sua specificità e già questo lo rende unico, come poi tutti gli altri festival di teatro che fortunatamente abbiamo. La forza di CastellinAria è quella di essere un festival organizzato da under 30: una compagnia che ha come primo motore la creazione di spettacoli. È interamente votato alla drammaturgia contemporanea, ospita principalmente artisti under 30 (o meglio under 33, come da Bando!) e si occupa veramente della cura degli artisti e della loro tutela. Poi c’è da sottolineare la caratteristica pop del festival: il teatro come una funzione della società e non un’attività elitaria, staccata dal contesto sociale.

Potete illustrare in breve gli artisti che parteciperanno quest’anno? E su cosa avete puntato in particolare nella selezione?

In apertura abbiamo Francesco Montanari in duo con Alessandro Bardani, a seguire Barletti/Waas dalla Germania, cui segue Ivano Capocciama, artista del territorio, accompagnato da Gabriele De Ritis; per il resto la programmazione è tutta dedicata agli artisti under 33 selezionati tramite “Bando alle ciance”, l’open call per la quale abbiamo ricevuto 220 candidature. La drammaturgia contemporanea, l’adattabilità al luogo ospite, la ricerca artistica coniugata a una comprensibilità universale sono stati i fari nella scelta tra proposte di altissimo livello, a confermare quante giovani realtà ci siano in Italia da valorizzare. Due degli otto spettacoli sono debutti assoluti: un rischio e una scommessa in stile CastellinAria; poi è significativo per noi sottolineare anche la rilevante presenza di artiste donne.

Le parole chiave che più sembrano caratterizzare questo festival sono “popolo”, “terra”, “aria”: pensate che il teatro contemporaneo possa essere un buon mezzo di dialogo fra territorio e cittadino?

Assolutamente sì. Come compagnia innanzitutto non abbiamo mai pensato a un teatro slegato dalla comunità, o dal pubblico puro e non di addetti ai lavori. È sempre stato questo il momento teatrale, la necessità di una comunità di cercare se stessa in un rito partecipato extra quotidiano. Se non c’è il “tu” il teatro non sussiste.

Quali altre realtà sono state coinvolte in questa edizione? E che attività proporranno?

Le realtà coinvolte in questa edizione sono numerose. La programmazione più articolata è nella sezione AperinAria, uno spazio dedicato alle associazioni del territorio che propongono diversi tipi di attività. La particolarità è la varietà della proposta, dallo spettacolo “Fuoco, Caronte e ventre” di Aedo Studio al laboratorio per bambini come nel caso di “Il pastore e le sue arti” condotto da Maura Giallatini; dal concerto gospel con “The Voices” alla rievocazione medievale con Il mercante di spezie ai tempi di San Bernardino curato dal Castelletto di Alvito, fino ad arrivare a un estratto di “Alice nel paese delle meraviglie?” di MAST – Officina delle arti per la regia di Paola Iacobone, che ospiterà al Castello gli attori-detenuti della Casa circondariale di Cassino. Quest’anno abbiamo cercato di dar voce a tutto ciò di creativo che avviene nella valle di Comino. Rispetto alle collaborazioni nazionali, invece, continuiamo a collaborare con Progetto CReSCo proponendo un Tavolo di Lavoro sulle strategie di distribuzione, ponendoci come obiettivo la discussione di uno dei temi più “caldi” della professione teatrale.

Voi come Compagnia che cosa proporrete?

Una performance a metà tra il teatro partecipato e l’esperimento antropologico, un progetto inedito che risveglia quel lato irriverente e provocatorio di Habitas. Ridi, ridi… “Ridi su ‘sto c***o”.

Se doveste scegliere tre aggettivi per CastellinAria?

Aperto, sostenibile, vero.

Avete già qualche idea sulla prossima edizione? E sui progetti futuri della Compagnia?

Tutto top-secret. Finito CastellinAria però ci si rimette subito al lavoro. Possiamo svelare solo una parola: dicembre.

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