Roberto Mussapi
Every beat of my heart

Nel giusto della vita

Meraviglioso inno domestico di Mario Luzi, che canta l’opera del mondo percependone il miracolo. E affermando, in pieno Novecento, che tra poesia e vita esiste un’unione inscindibile. Come nei versi di “Augurio”, tratti da “Dal fondo delle campagne”

Prima di leggere il mio commento, che certo non nuoce e spero serva alla comprensione della figura del poeta, ma aggrava la perfezione dei versi, il lettore si butti subito su questi.
Il prodigio miracolante di Mario Luzi, la poesia che non critica la vita ma la canta, una giovane donna, la mano che spande cera, in basso, sul pavimento, sulle fondamenta della nostra esistenza nel mondo. E l’aria già di primavera, il rito spontaneo e sapiente della giovane donna con le piante, l’acqua, la piccola casa. L’aria di fuori l’aria di dentro soffiano la stessa brezza primaverile. Grazie di essere qui, nel giusto della vita, nell’opera del mondo.
Dio che appare nella semplice dolcezza della vita quotidiana, nel crescente fino alla quieta vertigine nell’inno domestico di Mario Luzi.
A una certa, spesso grande, poesia del Novecento, in cui si allontana, e pare dissolversi, drasticamente, la vita, Luzi risponde con la loro unione misteriosa e inscindibile: «Tu cantami qualcosa pari alla vita».
Rifiutando l’idea della creazione poetica come alternativa alla vita, o sua sbiadita immagine, Luzi ha fatto cantare l’agonismo dello spirito, nella forza degli elementi come in quella disperata del caos moderno, convulso ma pieno di improvvisi bagliori che in lui divennero luci ferme.

 

Augurio

Camera dopo camera la donna

inseguita dalla mattina canta,

quanto dura la lena

strofina i pavimenti,

spande cera. Si leva, canto tumido

di nuova maritata

che genera e governa,

e interrotto da colpi

di spazzole, di panni

penetra tutto l’alveare, introna

l’aria già di primavera.

Ora che tutt’intorno, a ogni balcone,

la donna compie riti

di fecondità e di morte,

versa acqua nei vasi, immerge fiori,

ravvia le lunghe foglie, schianta

i seccumi, libera i buttoni

per il meglio della pioggia,

per il più caldo del sole,

o miei giovani e forti,

miei vecchi, un po’ svaniti,

dico, prego: sia grazia essere qui,

grazia anche l’implorare a mani giunte,

stare a labbra serrate, ad occhi bassi

come chi aspetta la sentenza. Sia grazia essere qui,

nel giusto della vita,

nell’opera del mondo. Sia così.

Mario Luzi

(Da Dal fondo delle campagne)

 

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