Luca Zipoli
Visto al Teatro Trastevere di Roma

Principe azzurro scuro

Debutta a Roma il nuovo esperimento della compagnia “C.T. Genesi Poetiche”, guidata dal regista Gianluca Paolisso. Un unico attore in scena, ma molti personaggi con lui, la pièce offre una ritratto inedito e profondo di una delle figure più convenzionali delle favole

Lo conosciamo tutti, ne abbiamo sempre sentito parlare, lo sogniamo e aspettiamo fin dalla tenera età. È il Principe Azzurro, elemento decisivo di ogni favola che si rispetti, quella funzione narrativa che appare qualche pagina prima della fine per sciogliere l’intreccio e consentire a tutti di vivere “felici e contenti”. Un personaggio che non a caso, nella lingua comune, abbiamo elevato a sinonimo di perfezione proverbiale. Ma chi è davvero il Principe Azzurro? A ben pensare, di lui le favole ci dicono così poco, che quella figura per noi non può esistere al di fuori di quella sua dimensione astratta, di personaggio di cartapesta, di mero deus ex machina introdotto dall’autore per rassicurare lettori e lettrici con l’ineludibile lieto fine. O forse no? Forse è possibile – con un pizzico di immaginazione – dare un volto più umano e sfaccettato a questa figura così convenzionale? Le favole ci insegnano  che con la fantasia tutto diventa possibile, e pare allora che proprio affidandoci a lei possiamo sapere qualcosa di più su questo personaggio così presente nel nostro immaginario ma in fondo così sconosciuto.

È da questi presupposti che ha preso le mosse la ricerca di Gianluca Paolisso, attore, regista e drammaturgo laziale, che nel 2018 ha pubblicato, per la casa editrice belga ‘Fawkes Editions’, l’atto unico “Il Principe Azzurro”. Quel testo va ora in scena, grazie alla “C. T. Genesi Poetiche”, la compagnia da lui fondata nel 2006, e alla collaborazione con il Conservatorio di Santa Cecilia di Roma e l’Orpheus Institute di Gent (Belgio). Con questo spettacolo il gruppo laziale vara il progetto Favole Nuove, con il quale mira interrogare in modo nuovo testi di fiabe e racconti solo apparentemente noti, rileggendoli secondo la sensibilità contemporanea e dando spazio a personaggi e dinamiche troppo spesso ricevuti come semplici stereotipi. Da sempre fautori di un teatro come forma di rilettura in chiave contemporanea di grandi classici della cultura occidentale, da Amleto all’Antico Testamento, i giovani artisti hanno deciso quindi di confrontarsi con un altro dei capisaldi della nostra tradizione culturale, lo sterminato repertorio di favole che hanno plasmato in maniera inconfondibile la nostra identità. Come dichiara lo stesso Paolisso, il progetto ‘Favole Nuove’ è un vero e proprio «omaggio alle origini, ai racconti delle nonne» ma allo stesso tempo «un tentativo di ricerca, una costante tensione verso il futuro».

La prima tappa di questa ricerca, “Il Principe Azzurro”, dà già la cifra del percorso creativo che il gruppo teatrale intende sviluppare a partire dal ricco patrimonio favolistico occidentale. In questo atto unico, quel personaggio marginale e puramente strumentale dei plot narrativi, prende la scena da solo e, ribellandosi al mutismo a cui lo condannano gli autori, racconta la sua storia, che nessuno ha mai raccontato. Lo fa sotto forma di ultima lettera alla madre, che scopriamo essere morta prematuramente e il cui ricordo non lo ha mai abbandonato. Niente spadino e calzamaglia, al posto del suo cavallo una sedia su cui si poggia in vari modi, il personaggio appare immediatamente diverso dalla sua iconografia tradizionale, e in contrasto con il suo stesso nome indossa un abito, disegnato da Alice Bellantoni, che è di color nero e non azzurro. La storia che il principe racconta, infatti, ha tinte più vicine al nero della malinconia che all’azzurro di un cielo luminoso. La perdita della madre in tenera età, l’infanzia trascorsa tra un padre severo, una matrigna malvagia e un prete inflessibile: il ritratto inedito che veniamo a scoprire del principe raffigura un giovane fragile, lacerato da traumi profondi, e imprigionato in un ruolo che lui non voleva assumere. Per decantare questa vita di amarezze, al principe non resta che farsi poeta, rifugiarsi nella dimensione letteraria, sapendo però che anche questa non è che un’illusione incapace di alleviare il suo dolore. Solo sul palco per un’ora, l’attore Lorenzo Guerrieri supera brillantemente la difficile prova di memoria, e appare encomiabile per la sua presenza scenica e per la versatilità con cui restituisce le voci dei diversi personaggi del racconto. Interessanti sono anche le musiche di scena, tutte originali e scritte dalla compositrice romana Federica Clementi, che con ritmi ora incalzanti ora languidi sottolineano efficacemente le atmosfere evocate dal racconto.

Il “Principe Azzurro”, con la sua drammaturgia originale e il suo stile felice, ha il merito di restituire un volto umano alla figura forse più convenzionale e stereotipata della nostra letteratura, e al tempo stesso di renderla più congeniale alla nostra sensibilità contemporanea. Nell’offrire questa fisionomia inedita, la pièce ci spinge infatti a interrogarci su quale sia, ai nostri giorni, l’aspetto attuale dei personaggi delle favole e il senso che queste assumono per noi lettori di oggi. Non ci resta quindi che attendere le prossime “favole nuove” che Gianluca Paolisso e la sua compagnia vorranno raccontarci.

Ph. Matteo Nardone

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