Simonetta Milazzo
Alla Galleria Plus Arte Puls di Roma

Ritorno alla pittura

Giovanbattista Cuocolo, Franco Ferrari, Carlo Frisardi, Danilo Maestosi e Nino Pollini sono i protagonisti di una mostra (curata da Ida Mitrano e Rita Pedonesi) destinata a riportare sulla tela la centralità della creazione

Oggi l’arte è fortemente messa in discussione: ma c’è chi resiste! Tra di loro c’è chi non accetta di decretare che il tempo della pittura sia esaurito. C’è chi, pur nella dimensione solitaria del proprio processo creativo, vuole farsi riconoscere, individuare, delineare; costoro ritengono che accostarsi ad altre figure operanti nella scrittura e nella fotografia possa contribuire a definire il proprio io o, quanto meno, a cercare di restituire sostanza alla propria soggettività e, in tale misura, intendono raccogliersi e stabilire con altri detentori di differenti modalità espressive un primo nucleo resistente. C’è una piccola, sostanziosa e significativa comunità di artisti che ha prodotto il “Manifesto per l’Arte. Pittura e scultura” e ha aderito all’Associazione culturale “in tempo”. Tra loro incontriamo cinque pittori, operatori riconducibili a un progetto che ha preso le mosse alcuni mesi fa e si è concretizzato in una mostra che ha preso avvio, in questi giorni, negli spazi espositivi di Plus Arte Puls (anch’essa un’associazione culturale), che ha sede nel quartiere Prati a Roma. La mostra si intitola appunto Ri-tratti d’artista; l’hanno curata Ida Mitrano e Rita Pedonesi.

Giovanbattista Cuocolo, Franco Ferrari, Carlo Frisardi, Danilo Maestosi, Nino Pollini esibiscono la propria produzione più recente, ognuno affermando il proprio stile, la propria ricerca e peculiarità, ma li scopriamo accomunati, quasi a darsi forza reciprocamente; sono collocati uno a fianco all’altro o di fronte, con molte loro opere da poter osservare; i loro quadri sono disposti sulle pareti quasi a formare un cerchio ideale. Se ci si pone al centro della vasta sala, lontano dal clamore del vernissage e si osservano i quadri tutt’intorno, allora l’occhio può percorrere, intento, senza ostacoli, uno scenario mutevole, avvincente; è un guardare fluido e pieno di sorpresa. Tutto l’apparire circonda il visitatore; che importanza ha che gli artisti non condividano una ricerca comune: si afferma piuttosto la pittura e se ne ribadisce l’irrinunciabilità! All’ingresso, come una sorta di biglietto da visita, sono collocate cinque opere, una per ogni pittore, allo scopo di proporre, esaltare e sottolineare le differenti modalità espressive, ben distinte e riconducibili a ognuno di essi. Poi inizia il percorso di avvicinamento.

Giovanbattista Cuocolo (nella foto accanto): acrilico sulle sue tele , tecnica mista su carta e vortici di corrente; lampi bianchi in campi di gradazioni blu. L’artista riesce a imprimere movimento, sia nel formato piccolo che in quello più grande; vuole dare conto della potenza insita nella forza, ed è ancora più evidente quando il vortice, collocato in primissimo piano, prende avvio da un fondale saldo, da cui si spinge via. Cuocolo testimonia solitudine e desiderio, stati d’animo che condivide con figure evanescenti, con cui cerca un’alleanza, un’intesa.

Le figure di Franco Ferrari non sono evanescenti, hanno corpo seppure bendato, con fasce chiare che lo avvolgono e ne delineano il contorno. Sembra quasi di poter scorgere una fisionomia, una rassomiglianza; comunque c’è l’uomo e c’è la donna con la loro fatica di esistere e di ancorarsi e anche di evadere da un “dialogo muto”, costretto entro pareti, che non sono la cornice del quadro, ma confini, delimitazioni ancora più stretti, ribaditi senza possibilità di fuga: “volo negato”.

Carlo Frisardi (nella foto in basso) ha un’abilità pittorica sapiente, che gli consente di misurarsi con temi di attualità, conducendoci all’emozione forte, quella che scaturisce di fronte a immagini che accompagnano la nostra vita di persone che non vogliono arrendersi ai drammi umani contemporanei. Ma la sua pittura può di più: danzano i corpi, gli occhi si sorprendono alla vista di bombe-giocattolo che devastano; nei cieli sono ancora gli uccelli a emigrare ma ci si raccoglie muti nel dolore.

Il supporto di Danilo Maestosi è la tavola (nella foto accanto al titolo). La tecnica mista, cui fa ricorso, bene si presta a sviluppare un tema a lui caro: la memoria. Ha bisogno di coglierne gli affioramenti, perché tutto sembra spaventosamente precipitare; perché la memoria si imprime, ma non ci perviene integra e può scivolare via: “memorie su un piano inclinato”. Ma, composta di più voci, la memoria e l’uso della memoria appartengono a tutti; è fragile, meglio se la si condivide e si trattiene, se si rafforzano i suoi connotati per affidarla a un “futuro anteriore”. I titoli delle sue opere sono decisamente intriganti; come la sua pittura che si avvale di connotati astratti ma, in questa occasione, nasce dalle suggestioni provocate, quasi a sfidare il vuoto, dall’immagine raffigurata nella Tomba del tuffatore di Paestum, che è il titolo dell’intero suo lavoro in mostra.

Funziona a oltranza, instancabile, la modalità di rappresentare che è propria di Nino Pollini. I pigmenti di cui dispone sono i più diversi: l’olio, la tempera, l’acrilico e i supporti sono tavole, ma anche carta. I paesaggi e le persone sono rivestite di “natura”: più che un contatto si direbbero fatti di natura, quella vegetale. Poi ci sono i cieli a fare da sfondo; anzi, protagonisti agguantati dalla sua fantasia, che si esprime con decisi connotati figurativi: trame e squarci, colorati dall’atmosfera vitale

Gli artisti hanno chiamato al loro fianco un poeta, Robertomaria Siena, dotato di una grande “acutezza estetica”, che si è collocato a fianco di ognuno di loro, proprio per offrire di ogni produzione pittorica un’interpretazione in versi: sono parole le sue, ma sono anche immagini e colori e atmosfere. Poesia e pittura entrano in relazione. La piccola pagina è posta accanto, al pari di una dedica, una didascalia interpretativa, un ritratto del soggetto espresso con un altro codice.

Anche su questo piccolo scritto l’occhio che legge può ascoltare l’opera e lo sguardo scorre e definisce un profilo, una inquadratura in più, una scoperta.

Sono invece affidati alle pagine raccolte nel catalogo i testi e le fotografie che corredano le immagini delle pitture in mostra; un volume introdotto dal testo critico di Ida Mitrano, dove l’ideazione del progetto compie la sua definizione completa. Qui il progetto Ri-tratti d’artista trova la sua forma esauriente: è un ulteriore modo di raffigurare e di accostarsi ai pittori. A ri-costruirne i profili sono scrittori e giornalisti e fotografi. I testi sono di Domenico Cipriano, Claudio Coletta, Tiziana Curto, Franca lanni, Erminia Pellecchia. I modi adottati sono liberi: in forma di racconto/metafora, lettera, biografia, narrazione di vita condivisa. E infine ci sono i ritratti fotografici, ai quali qualcuno dei protagonisti quasi sfugge, qualcuno si pone perfino quale protagonista della sua stessa opera e altri infine inquadrati al lavoro, per ribadire una scelta di vita e di passione, connotata e irrinunciabile. Le fotografie sono state scattate da Marco Appugliese, Anna Maria De Simone, Michelangelo Durante, Gianni Frisardi, Luna Maestosi.

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