Raffaella Resch
Sulla mostra “Song of Myself” /1

Natura, tempo, luce

Si inaugura domani a Milano, all’Acquario Civico, una personale di Teresa Maresca. Nelle sue opere, in cui risuonano Thoreau, Walt Whitman, i dipinti della caverna di Lescaux, i motel americani e le piscine della California, una profonda, lirica e sapiente ricognizione della condizione umana

Vi è una traiettoria prevalente nell’opera di Teresa Maresca, che unisce pittura e poesia e che attinge alla filosofia romantica tedesca di inizio Ottocento fino al trascendentalismo americano, coniungandoli alle espressioni pittoriche del ‘900 più legate all’emergere della soggettività creativa. Sono tre sostanzialmente gli aspetti che vediamo perpetuarsi nel lavoro della pittrice, che si tratti di dipinti, acquarelli e incisioni, o libri d’artista: la presenza dell’essere umano e il suo innestarsi nel mondo in cui vive; il tempo che scorre negli evi della storia o nelle ore del giorno; la luce che “fissa” le singole storie. A una prima considerazione d’insieme delle scene rappresentate nelle tele di Teresa Maresca, la presenza dell’uomo è quasi nulla, fatta eccezione per il ciclo Song of Myself, dove appare in maniera corale. Eppure tale presenza-assenza costituisce la chiave di lettura delle sue opere. Maresca dipinge il mondo della natura, dove dominano montagne lambite da nubi, cieli dorati, atmosfere brumose, maestosi alberi e acque vorticose; oppure un mondo antropizzato, fatto di spoglie di edifici ormai disabitati, sontuose piscine ai margini di ville dove si scorge solo l’ombra dei loro abitatori; oppure raffigura animali preistorici, musi primordiali dalle lunghe corna, ungulati agili, mastodontici pachidermi che emergono da un fondo brunito come la terra o la pietra. In ogni scena, che sia un paesaggio naturale o urbano, delle distese desertiche americane o delle fabbriche, Maresca mette in azione l’incanto della contemplazione del mondo, un universo descritto talora come natura incontaminata e selvaggia, talaltra come ambiente vissuto dall’uomo, con le sue vestigia invecchiate nel tempo, diventate parte di un ciclo di accadimenti di un ecosistema integrato, biologico e umano.

Il ciclo Song of Myself rappresenta parte del debito che l’artista sente verso la cultura americana, non solo la cultura visuale, ma anche la storia del pensiero che, a partire dalle influenze romantiche europee, attecchisce nel nuovo mondo con la filosofia trascendentalista di Ralph Waldo Emerson, la letteratura di Henry David Thoreau e la poesia di Walt Whitman. Il rivoluzionario rapporto conoscitivo estetico che il trascendentalismo americano di metà ‘800 instaura con la sconfinata natura nordamericana, prende idealmente le mosse dal concetto di sublime contemplativo di Schiller e in particolare dall’idea di natura di Caspar David Friedrich. Per il filosofo tedesco sublimi in senso contemplativo sono quegli oggetti che rivelano una potenza della natura di gran lunga superiore a quella dell’uomo, senza impedirgli di assumere da ciò una consapevolezza razionale delle proprie possibilità materiali o morali di agire. Il viandante di Caspar David Friedrich, che si avventura in mezzo alla natura per contemplarla, si muove solitario perché è unicamente la solitudine a permettere quell’atto di osmosi che conduce l’uomo a sentirsi una cosa sola con ciò che lo circonda. Gli americani invece riconoscono un gesto diverso nel guardare alla natura, un’azione che accomuna il soggetto all’ambiente e anche alla società che lo popolerà. E la poetica di Maresca trova una nuova forma espressiva proprio nella visione dell’uomo nuovo che fonda lo stato americano, che prende possesso del vasto e selvaggio territorio delle foreste e nel rispetto della natura pensando a un nuovo modo di vivere sociale. I possenti uomini di Maresca che incedono nelle acque si muovono con passi che sono atti di conoscenza, di consapevolezza del proprio vivere sociale e di sinestesia con il creato, come Thoreau camminava tra i boschi e scriveva in Walden: «Con una strana libertà vado e vengo nella Natura, ne sono parte».

Il quotidiano trascorrere del tempo o anche il tempo della storia è l’altro grande testimone sotteso al lavoro di Maresca, visibile nei segni lasciati sulle cose, ma anche nei cicli pittorici dedicati agli animali preistorici che narrano l’arco temporale degli evi storici, specie animali progenitrici di quelle attuali, dipinte come le avrebbe fatte la mano dell’uomo della caverna di Lescaux, con moto di meraviglia e insieme atto di conoscenza del mondo esterno. In ultima analisi, per Maresca il tempo ha un valore messianico quale rigeneratore di processi estetici e sociali, da sempre insiti nell’essere umano fin dai primordi. Il tempo è certamente evolutivo, ma contiene in sé degli istanti di cognizione estetica del mondo vissuti non solo dagli artisti ma anche dalla compagine sociale che li accompagna. Suggestioni visive, ma anche poetiche e letterarie, riempiono le narrazioni di Maresca, le rendono miti primordiali custoditi in ciascuno di noi e al tempo stesso accadimenti onirici, disvelati da una pittura che dischiude il fascino di ciò che ci sta intorno e anche della nostra attitudine a contemplare.

Infine, il dispositivo pittorico con cui l’artista entra nel vivo della pittura, cimentandosi con la linfa del visibile, è la luce. Agli effetti coloristici dei paesaggi montani, dei cieli impregnati di nubi e del buio delle caverne, si aggiungono sistemi di illuminazione veri e propri. Nel ciclo Swimming Pools troviamo piscine lattiginose, trasparenti e riflettenti come un sogno liquido sfuggente, dove la luce ferisce gli occhi e non s’intende quali siano le ombre e quale la realtà. La luce balugina come nelle insegne al neon in colori acidi e crea un ambiente innaturale, ritratto in scorci da sotto in su, dove spicca l’assenza dell’uomo, le cui ombre talvolta s’intuiscono sul fondo delle vasche. In Song of Myself Maresca rappresenta foreste notturne dai tronchi dipinti di viola dalla luna, testimoni della comunione tra uomo e paesaggio. L’astro notturno brilla in un “effetto notte” cinematografico, dove tutto è illuminato dal forte contrasto della sua luce, che proviene direttamente dal cielo o riflessa nell’acqua. Uno spaccato di questa profonda, lirica e sapiente ricognizione di Teresa Maresca sulla condizione umana, sarà presente all’Acquario Civico di Milano dal 2 aprile al 5 maggio. Un luogo d’elezione speculare alle tele dell’artista, dove ci si ritrova circondati dagli alberi centenari del parco, tra cui il Cipresso calvo che popola anche le paludi americane, e gli ecosistemi acquatici ricreati nell’edificio, per una sorprendente passeggiata nella Natura.

(Nelle prime due immagini, opere di Teresa Maresca dal ciclo “Song of Myself; nella terza, un’opera del ciclo “Swimming-pools”).

Teresa Maresca, Song of Myself, a cura di Raffaella Resch, 3 aprile – 5 maggio 2019, Acquario Civico di Milano, www.acquariocivicomilano.eu

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