Mario Di Calo
Visto al teatro Quirino di Roma

I fantasmi di Cechov

Giancarlo Sepe riscrive "Il gabbiano" di Cechov: Kostia (interpretato da Massimo Ranieri) non si uccide come nell'originale ma ricompare, a Parigi, vecchio e pieno di nostalgie

Lascia e raddoppia, Giancarlo Sepe, con Il Gabbiano (a ma mère) in scena al Teatro Quirino di Roma in questi giorni: lascia il testo originale per creare un doppio da quello stesso plot drammaturgico, uno speculare dramma dei ricordi – tristi – da far riaffiorare come in una seduta psicanalitica. Un ingiustificato insuccesso, un dislivello emotivo, per cercare ragioni, giustificazioni, chiarimenti per scandagliare nell’animo di un presunto suicida le ragioni di un gesto folle. Quasi, quel teatro nel teatro richiamato nella famosa scena del primo atto, alla presenza di tutti i personaggi che interagiscono nel dramma, diventa l’essenza stessa nella messinscena della direzione registica. Un dramma, quello di Anton Cechov, che si avvolge su se stesso alla ricerca di nuovi linguaggi, di nuove forme di espressività; sull’esigenza di impostare un tipo di rapporto interpersonale proiettato verso un secolo, il novecento, che si incentra sui sentimento, sulla verità, sull’analisi, che va a ricercare in corde più profonde una nuova ragione di esistere e sussistere. Un tran-scrivere una nuova forma di resistenza umana sulla terra.

Tutti i personaggi de Il Gabbiano ricercano questa verità, e quel gabbiano morto ne è il simbolo estremo: diventa metafora esistenzialista di una fase di passaggio e che stiamo ancora percorrendo. Che cosa accadrebbe dunque se quel Konstia, giovane protagonista tormentato dalla sua gracile essenza, avversato da un rapporto conflittuale con sua madre Arkadina, non si tirasse più quel colpo di rivoltella a conclusione del famoso dramma dell’autore russo, Il Gabbiano? Lo ritroveremo senz’altro a Parigi, scampato alla tragedia, chansonnier, elegante e compassato uomo dal fascino indiscusso, cui Massimo Ranieri dà una tenera carezza, appassionata da grande e indiscutibile interprete.

Giancarlo Sepe adattatore, traduttore e tran-scrittore, e regista, del famoso dramma in questa sua personale visione onirica della vicenda suddivide drasticamente passato e presente, e scenicamente parlando crea una sospensione temporale attraverso una scena – di Uberto Bertacca – contenitore di nero laccata e laddove i personaggi claustrofobicamente son forzati a spazi ridotti nel loro agire, mentre il protagonista dispone di tutta la parte inferiore dello spazio scenico, liberamente, ed una tastiera oblunga che corre lungo tutto il tracciato di quella demarcazione sta ad arricchire la bella colonna sonora, come sempre di Harmonia Team, di note vivide, palpitanti. Resta molto poco purtroppo del dramma originale, Sepe scarnifica i quattro atti in poco più che brandelli di dialogo impalpabile, implacabile, che sopravvive alla messinscena, si concentra solo sui personaggi di Irina Arkadina, Konstia, Nina, Trigorin e l’eterna, insulsa innamorata Mascia ma a tratti compare anche Zio Sorin che come in una adunanza medianica parla per bocca del Konstia adulto, unico superstite. Per ognuno di loro, fantasmi/proiezioni, c’è una fessura indotta – una scatola della memoria, del ricordo, della scomposizione – attraverso la quale fare la loro comparsa e sparizione. Sono e non sono personaggi reali, quasi una danza di morte che sopravvive alla vita.

Tutto avviene nella testa dell’uomo sopravvissuto e a sua madre, da qui quel sottotitolo d’oltralpe, dedica parecchi ricordi, memorie, rancori e conti in sospeso. E a quei mondi apparentemente lontani nel tempo evocati ritornano, a loro chiede pirandellianamente conti/giustificazioni del loro passato, delle loro colpe, delle loro responsabilità. E mentre l’azione si dipana faticosamente e drammaticamente Ranieri/Konstia ci regala alcuni pezzi indimenticabili del repertorio francese, sessanta/settanta, da Et maintenant a Avec les temps passando per Je suis malade, interpretati con passione e adesione esemplare come l’artista da tempo ci ha abituati. Gli altri interpreti che fanno da contraltare a Ranieri sono Caterina Vertova, presenza mistica e catalizzatrice, un imbelle e remissivo, quanto affascinante Pino Tufillaro e una vera e propria rivelazione per freschezza, generosità e adesione, il giovane Francesco Jacopo Provenzano, inoltre Federica Stefanelli e Martina Grilli.

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