Alessandra Pratesi
Visto al Teatro dell'Opera di Roma

Il cuore di Carmen

Prima mondiale il 2 febbraio per il balletto “Carmen” del coreografo Jiří Bubeníček. Riadattamento della novella di Mérimée e della partitura di Bizet per andare al cuore dei sentimenti della ribelle e indomita gitana (Susanna Salvi) e del suo geloso e focoso José (Amar Ramasar). Il 21 marzo trasmissione televisiva in differita su Rai5

«Era una bellezza strana e selvaggia, una figura che a prima vista sorprendeva, ma che non si poteva dimenticare. Soprattutto gli occhi, con un’espressione a un tempo voluttuosa e ferina, quale non ho mai più ritrovato in nessun altro sguardo umano». Qui sta l’essenza della Carmen di Prosper Mérimée. La tempra indomabile e il carattere passionale ne fanno una figura umana e teatrale irresistibile. La figura della sigaraia sensuale e della gitana ribelle, immortalata dalle musiche di Bizet, offre il suo potenziale drammaturgico ed emotivo anche all’arte del balletto. Il 2 febbraio 2019 ha debuttato al Teatro dell’Opera di Roma la nuova produzione Carmen del coreografo ceco Jiří Bubeníček. Eleonora Abbagnato, Direttore del Corpo di Ballo di Roma, è molto legata alla figura di Carmen. È alla fine dell’interpretazione della Carmen di Roland Petit che, nel 2013, viene nominata étoile dell’Opéra di Parigi. Dopo aver visto a Lubiana il Doctor Zhivago coreografato da Bubeníček (2016), catturata dal suo stile e incuriosita dalle sue potenzialità, gli propone una Carmen per il Teatro di Roma. Il risultato è un balletto da serata di circa due ore: alte le aspettative, molte le prove di genio artistico e di maestria esecutiva, qualche nota fuori contesto ma tanta energia e coinvolgimento.

Viscerale. Se si dovesse riassumere la Carmen di Jiří Bubeníček con un solo aggettivo, sarebbe “viscerale”. Il lavoro del coreografo consiste nello scavare alla fonte. Se a livello narrativo dimentica la trasposizione operistica e ritorna alla novella di Mérimée, a livello tecnico chiede ai danzatori di far partire il movimento dal core, ovvero dalla muscolatura del busto, non dalle gambe e dai piedi come nel balletto classico. In questo procedimento emergono tutti i limiti e tutte le differenze che i linguaggi della danza contemporanea hanno rispetto al balletto classico. Si tratta di una grammatica diversa che, come ogni lingua, esige esercizio per essere padroneggiata. Amar Ramasar, ballerino del New York City Ballett ospite a Roma nel ruolo di Don José, dimostra di essere a suo agio con il linguaggio di Bubeníček; il suo corpo forte e possente nasconde l’elasticità di un giunco che gli consente di aderire a tutte le declinazioni richieste al personaggio, dalla disciplina militaresca agli accenti lirici dell’innamorato fino agli impulsi omicidi dettati dalla gelosia. La figura ricorrente, negli assoli come nei pas de deux, è la serpentina. Lifts, piroette, fouetté e jeté lasciano il posto all’esplorazione di ritmi e movimenti più morbidi che abbracciano lo spazio piuttosto che definirlo. All’altezza del partner è Susanna Salvi, prima ballerina che si alterna all’étoile Rebecca Bianchi nel ruolo di Carmen. Lei è una Carmen «forte e spavalda», commenta Bubeníček, capace di irretire e sedurre, coinvolgere e sconvolgere. Una forza che le deriva dalla sicurezza e dalla precisione tecnica con cui affronta la parte, cui aggiunge la dose necessaria di sensualità battagliera della Carmencita. Non altrettanto lusinghiere le performance del resto del corpo di ballo. A causa forse di una scelta dei costumi (a cura di Anna Biagiotti) che favoriscono il tripudio cromatico piuttosto che la simmetria in scena, le coreografie di gruppo femminili, in ampie e coloratissime gonne gitane, sono meno godibili di quelle maschili. Le scene sono affidate a Gianni Carluccio. Si rivelano essenziali ed eleganti, allusive e suggestive, dalle pareti ricoperte di ceramiche andaluse, ai lampadari sfavillanti nella casa del ricco Generale inglese, fino alle proiezioni video per riprodurre i vicoli di Siviglia prima, il cielo stellato poi.

Storia dell’incontro tra un cuore generoso ma indomabile (Carmen) e di una gelosia esclusiva e atavica (Don Josè), la passione amorosa tra i due procede a colpi di nacchere, pugnalate e baci rubati. La musica risulta debole, non tanto nell’esecuzione (dirige l’orchestra di Roma il Maestro Louis Lohraseb) quanto nella riscrittura di Gabriele Bonolis che firma una pallida colonna sonora. La partitura di questa Carmen è un pastiche affidato all’orchestrazione di Bonolis che sovrappone Manuel de Falla, Isaac Albéniz e Mario Castelnuovo-Tedesco alla musica di Bizet, di cui restano soltanto le arie e i brani più caratteristici (dall’Habanera al Toreador). Incipit convincente e suggestivo con la fisarmonica in scena e le campane che riecheggiano l’aria dell’Amour est un oiseau rebelle. La scrittura musicale proposta, tuttavia, perde di efficacia a mano a mano che ci si addentra nella vicenda di Carmen e l’effetto è di una sequenza di quadri distaccati l’uno dall’altro, privi di un vero filo narrativo. La vera forza della Carmen di Bubeníček risiede nella sintonia e nell’energia contagiosa dei ballerini, i solisti in particolar modo, le cui vibrazioni irresistibili portano il pubblico a sentire sulla propria pelle i brividi di amore e di follia, di morte e di gelosia di Carmen e del suo José.

Ph. Yasuko Kageyama

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