Flavio Fusi
Cronache infedeli

Il poeta perdonato

Encomio di Ernesto Cardenal, poeta, prete atipico, rivoluzionario, segugio di libertà e passioni, che è stato appena «assolto da tutte le censure canoniche». Sandinista della prima ora, alfabetizzò il Nicaragua fino a piangere la delusione dell'utopia tradita

Un uomo molto vecchio e sofferente, che celebra messa dal suo letto di ospedale. «Assolto da tutte le censure canoniche»: Ernesto Cardenal aspettava questa notizia – e questa messa riparatrice – da trentacinque anni. Era il 1984, quando un Papa vendicativo alzò il suo dito accusatore verso i religiosi che avevano osato combattere a fianco del popolo del Nicaragua contro una delle dittature più fosche del Centroamerica.

Bisognava allora estirpare il seme della teologia della liberazione: la chiesa di strada, il messaggio rivoluzionario di Cristo agli umili. Karol Wojtyla scagliò dunque il fulmine della Chiesa di Roma contro quest’uomo mite e testardo, il suo basco nero, i suoi occhiali da miope, i suoi capelli bianchi, la sua inflessibile moralità.

Oggi si ripara un torto più umano che dottrinale. Don Ernesto torna a essere Padre Ernesto, in vista dell’estremo passaggio, con gli ultimi gesti di una lunghissima vita. C’era bisogno di un Papa venuto dal fin del mundo per comprendere questa sofferenza e riparare il torto. Se oggi potessero incontrarsi, il pontefice di Roma e il frate trappista, siederebbero insieme per leggere i versi che chiudono l’ultimo poema di Ernesto:

«Santa Teresita de Lisiueux
morì con la tentazione dell’ateismo,
ma vinse la tentazione dicendo:
ti amo, anche se non esisti».

Quante esistenze ha attraversato il patriarca della poesia nicaraguense? Oggi, chiuso in una scontrosa vecchiaia, consuma i suoi novantacinque anni su una veranda dell’antica Granada, affacciata sul vasto lago Cocibolca. Ernesto Cardenal, Don Ernesto, padre Ernesto: frate trappista negli Stati Uniti, pescatore di anime sotto i vulcani del Centroamerica, guerrigliero nelle selve del Nicaragua, infine ministro spretato e scomunicato dalla Chiesa di Roma.

Tutto cominciò in un passato remoto, nel silenzio del monastero trappista di Nostra signora dei Gethsemani. Nei boschi del Kentucky, tra i discepoli di Thomas Merton. «Se avete paura dell’amore – ammoniva questo austero maestro di spiritualità – non dite mai messa».

Il giovane Ernesto non ebbe mai paura dell’amore, e come sua nuova casa scelse Solentiname, un boccone di terra sperduto al centro del grande lago del Nicaragua. Lì si fermò, per insegnare l’alfabeto, la fede e la dignità a contadini e pescatori. El Evangelio de Solentiname è un testo mirabile, un esempio coraggioso di testimonianza dell’amore sacro e terreno, e la messa contadina proclama: «Il Dio che fatica, il Dio che è il cristo lavoratore è lo stesso Dio della chiesa: il Gesù biblico».

Don Ernesto scelse poi di seguire i guerriglieri sandinisti sui monti del Nicaragua, fino alla vittoria (“el triunfo”) della rivoluzione. Vecchie immagini del tempo lo mostrano mentre amministra la messa tra uomini armati, il volto scavato dalla fatica, il basco calcato sui capelli zuppi di sudore, gli stivali slacciati. Poi la storia cominciò a correre: uomo di Stato nel governo sandinista, autorevole ministro dell’istruzione, Cardenal promosse una straordinaria campagna di alfabetizzazione, che insegnò a leggere e scrivere ad almeno mezzo milione di nicaraguensi.

Infine, ma non ultima, la poesia. In un paese dove tutti sono poeti – parola di Salman Rushdie – Ernesto Cardenal è un poeta vero. Poeta civile, perché è nel fuoco del conflitto che si dipana tutta la sua esperienza. «Vorrei morire come te, fratello Laureano/e da quello che chiamiamo cielo/mandare questo messaggio:/ “super-stronzi fratelli miei di Solentiname/ la morte m’importò una sega”». Ma se è l’amore che muove il pianeta, come insegnava l’antico maestro Thomas Merton, Don Ernesto non ha paura di arrendersi all’amore: «mi dissero/che eri innamorata di un altro./ Così tornai in camera mia/e scrissi un articolo contro il governo./ E per questo ora me ne sto in carcere».

Non si è mai stancato di combattere, quest’uomo piccolo e ostinato. Ieri contro la dittatura, poi – con dolore – contro il tradimento degli ideali, contro il giovanile sogno sandinista trasformato in un violento sistema di oppressione. Mai opportunista, mai condiscendente, sempre dalla parte dell’amore. In poesia, ricordiamo i suoi duetti caraibici con antichi sodali come il vulcanico Evghenji Evtusenko. Negli ultimi anni, la sua stella si è affievolita fino a tacere, silenziosa «come un astronauta davanti alla notte spaziale».

Preghiera per Marylin Monroe.
Signore
accogli questa ragazza conosciuta
in tutta la terra con il nome di Marylin Monroe.
Anche se questo non era il suo vero nome
(ma tu conosci il suo vero nome:
quello dell’orfana violentata a nove anni,
della piccola commessa che a sedici anni aveva voluto ammazzarsi)
e che adesso si presenta davanti a te senza alcun maquillage
senza il suo addetto stampa
senza fotografi e senza firmare autografi
sola come un astronauta davanti alla notte spaziale.
…….
Signore
in questo mondo contaminato
di peccati e radioattività
tu non incolperai soltanto una piccola commessa
che come ogni piccola commessa sognò
di essere una stella del cinema….
Lei non fece altro che agire secondo il copione
che le abbiamo dato
– quello delle nostre stesse vite – un copione assurdo.
Perdonala Signore e perdona noi
per la nostra 20th Century
per questa colossale super-produzione
nella quale tutti abbiamo lavorato….

Facebooktwitterlinkedin