Anna Camaiti Hostert
Cartolina da Chicago

Oggi in America

Oggi gli Stati Uniti diranno qualcosa su Trump. Sul suo narcisismo, sulla sua politica della paura, sul suo sostegno al razzismo e alle lobby delle armi e dell'inquinamento. Un appuntamento con la storia che va ben oltre gli Usa

Che queste elezioni americane siano decisive non lo dice solo Leonardo di Caprio che insieme ad altre celebrities di Hollywood afferma che Il futuro di questo paese verrà deciso questa settimana e invita ognuno ad andare a votare. È un fatto reale. Perché? In queste elezioni che avvengono a metà mandato del presidente degli Stati Uniti, cioè due anni dopo la sua elezione, si rinnovano i 435 membri della Camera (House of Representatives), un terzo dei 100 rappresentanti del senato e 36 su 50 governatori degli stati federali. L’attore di origine italiana, impegnato storicamente sul fronte di rilevanti battaglie ambientali che vanno dal riscaldamento globale alla qualità dell’acqua che beviamo e dell’aria che respiriamo, spiega perfettamente perché questa tornata elettorale è decisiva. «Le elezioni – afferma Di Caprio – non sono importanti solo quando si vota per il presidente. Queste elezioni sono le più importanti dei nostri tempi. C’è veramente tanto in ballo. Dalla legge sulla limitazione delle armi, alle politiche migratorie, alla possibilità di avere acqua e aria pulite, al fatto che milioni di persone possano avere accesso alla riforma sanitaria».

Tradizionalmente gli americani non vanno in massa a votare specialmente alle elezioni di midterm e le percentuali dei votanti si aggirano intorno al 40% contro il 60% delle presidenziali. Di queste elezioni Trump ne ha fatto un referendum su di sé. Dati il suo presenzialismo e narcisismo esasperati, ha fatto campagna in prima persona per i candidati repubblicani che gli sono più vicini, affermando che il risultato riguarda direttamente il consenso del suo elettorato. C’è da chiedersi tuttavia perché il presidente continui a fare leva sulla paura della sua base e non invece sui risultati positivi che la sua presidenza sta incassando con l’economia che vola e una disoccupazione così bassa da far parlare di una ripresa senza precedenti. Mi viene da rispondere che ciò riguarda la ragione principale per cui è stato votato e cioè il fatto che il suo consenso è determinato dai motivi che rendono titubante e insicura una parte del popolo americano piuttosto che da una strategia politica che riguardi la comunità in generale. Sono paure immediate a cui bisogna tuttavia prestare attenzione. E forse i democratici non hanno capito che all’insicurezza e alla paura vanno date risposte derivate da una strategia politica basata sul fatto che ai bisogni dell’elettorato si deve dare ascolto.

Ma qual è lo spirito generale che si respira nelle strade tra i giovani, le donne e le minoranze etniche, cioè tre categorie nei confronti delle quali Trump ha avuto un comportamento ambiguo e controverso? La prima cosa che ho notato è che i favorevoli a Trump hanno un’agenda molto precisa, ma anche molto limitata. Ad esempio, chi è interessato a politiche migratorie restrittive non si preoccupa dell’accesso della maggior parte dei cittadini alla riforma sanitaria o alle direttive che riguardano il possesso di armi. Così Donna, infermiera al Rush Hospital di Chicago, è interessata a respingere la riforma sanitaria di Obama perché, dice, «è stata un disastro per certi cittadini che adesso pagano molto di più per avere l’assistenza medica». Quando le faccio notare che tuttavia ciò ha permesso a milioni di persone di avere accesso all’assistenza medica e ha eliminato la preexisting condition che escludeva un enorme numero di persone dalla possibilità di avere l’assistenza sanitaria, mi dice che i repubblicani hanno intenzione di confermare l’eliminazione di quella clausola. Ma come, se non hanno ancora proposto un’alternativa alla Obamacare? E quando le chiedo cosa pensa delle politiche migratorie di Trump e dei repubblicani, mi risponde che non ne sa niente, ma che non le interessano quanto il respingimento della riforma sanitaria di Obama.

Per definizione, i giovani, che dalle ultime ricerche sembra vadano in numero più alto del solito a votare, hanno invece una visione di insieme che include non solo i problemi dell’ambiente e quelli di una regolamentazione al possesso di armi, ma anche politiche di giustizia sociale. «Non posso pensare – mi dice Brian, studente all’università dell’Illinois – che Trump con il consenso del suo partito, abbia innalzato il limite minimo dei pesticidi contenuti nei nostri prodotti agricoli e che abbia intenzione di riportare l’amianto in vigore, quando si sa universalmente, e voi in Italia lo sapete meglio di chiunque altro, che porta a morte sicura. E poi sulle armi c’è bisogno di leggi più restrittive, ma Trump non si metterà mai contro la lobby della NRA (National Rifle Association) che così tanto lo ha aiutato nella sua elezione. E cosa dire delle sue politiche migratorie? Va contro il DNA di questo paese che è fatto di emigrati. Penso che sia importante per noi giovani andare a votare questa volta come non mai».

Così le donne e i neri ripetutamente offesi dal presidente sono inclini a vedere nelle sue affermazioni e nella sua politica una coazione a ripetere schemi di una loro sistematica esclusione dalle sue politiche e in generale da quelle del partito repubblicano, che in questo momento è divenuto un giocattolo nelle mani di Trump. «Dopo l’esplosione del movimento #Metoo ho pensato che le cose iniziassero a marciare in una direzione diversa, ma poi immediatamente mi sono resa conto che se si lascia la presa anche solo per un attimo – mi dice Grace, commessa in un negozio di abbigliamento di Glenview un suburb a nord di Chicago – è finita. Per noi donne di colore questa amministrazione non ha nessun interesse e non farà niente neanche perché la proliferazione delle armi, che tanto decima la comunità nera, venga fermata».

E di questa discriminazione nei confronti delle donne e dei neri ne sono prova almeno due esempi in questa campagna elettorale. Il primo riguarda la candidata a governatore della Georgia, Stacey Abrams, un’avvocatessa laureata a Yale che Trump ha definito “non qualificata” per quel ruolo. Suo avversario repubblicano in queste elezioni è Brian Kemp segretario di Stato della Georgia che, abusando del proprio potere, ha non solo fatto passare provvedimenti che limitano l’accesso al voto della popolazione nera, ma ha lanciato una investigazione ufficiale contro la sua rivale, accusandola di crimini cibernetici per destabilizzare il processo elettorale. L’altro riguarda la Florida dove il ministro dell’Agricoltura Sonny Perdue, per definire l’importanza di queste elezioni le ha definite «So cotton pickin’ important» facendo un riferimento indiretto, ma preciso, al ruolo dei neri nei campi di cotone per appoggiare il candidato repubblicano a governatore Ron Desantis contro il democratico Andrew Gillum. Lo stesso Desantis, fedelissimo di Trump, che per invitare l’elettorato a non distruggere quello che era stato fatto dal governatore repubblicano di quello stato, eleggendo un democratico come Gillum, ha usato l’espressione monkey up in riferimento alla possibile elezione del suo avversario. Peccato che il candidato Gillum sia nero e che l’accostamento tra una scimmia e un uomo di colore denoti un pregiudizio razziale non di poco conto. Desantis tuttavia è stato difeso a spada tratta dal presidente Trump. Ebbene, oggi si saprà cosa hanno deciso gli americani e come si muoverà il paese nei prossimi anni.

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