Paola Stroppiana
Due mostre a Torino

Il tempo poetico nell’arte di Guarienti

All’Accademia Albertina di Belle Arti e alla Galleria Narciso omaggio al Maestro novantacinquenne, infaticabile nell’esercizio della curiosità, «la sola cosa che ci aiuti a capire e a non smarrirci». In mostra tele, sculture, litografie e acquerelli che raccontano la sua poetica e la sua ricerca formale

L’esposizione presso l’Accademia Albertina di Torino dedicata a Carlo Guarienti, dal suggestivo titolo tratto da un celebre aforisma di Nietzsche L’arte ci serve per non morire di realtà, presenta ancora per qualche giorno (fino al 25 novembre) circa 30 opere, realizzate dagli anni Cinquanta a oggi: dipinti, disegni e sculture in bronzo, alcune inedite, che rivelano la poetica dell’artista e la sua capacità di sperimentare nuove tecniche sia per quanto riguarda la fusione sia per la resa materica delle pitture, spesso lacerti di muro su cui Guarienti interviene con tecnica mista. Alla cera persa – che non ama – il Maestro sostituisce la cartapesta, più adatta a soluzioni formali scabre e scontornate.

Nato a Treviso nel 1923, Carlo Guarienti vive e lavora a Roma. Grazie all’esempio di un avo, dal quale eredita il forno da scultore, già dall’età di quattordici anni plasma le prime sculture, a venti già disegna e dipinge. Nel 1942 si reca a Firenze, dove realizza le prime incisioni. Nel 1946 torna a Treviso, dove realizza alcune delle opere più importanti della sua prima produzione e studia le antiche tecniche di pittura, in sintonia con la contemporanea ricerca di Giorgio de Chirico che conosce personalmente a Roma. Esordisce nel 1949, dopo una laurea in medicina, nell’ambito del gruppo “I pittori della realtà”. Il suo momento più espressivo è negli anni Settanta e Ottanta quando, divenuto pittore di geometrie, i temi ricorrenti sono solidi, linee, numeri, segnali stradali. La figura umana ritorna nelle sue ultime opere, corrosa, aspramente materica, metafisica nel suo giungere a un punto ibrido tra bidimensionalità e tridimensionalità. Sculture simili a relitti del passato, preziose testimonianze archeologiche di una civiltà sconosciuta e recuperate dall’artista-demiurgo.

Nel catalogo molte le citazioni di autori che si sono occupati della sua arte: Pierre Klossowski, Marisa Volpi, Jean Leymarie, Giorgio de Chirico, Giuseppe Appella, Marco Vallora, Vittorio Sgarbi, Maurizio Fagiolo dell’Arco, Andrée Chedid e Sebastiano Grasso, oltre a testimonianze scritte dello stesso Guarienti e alcune poesie inedite di Roberto Capuzzo. Come racconta Paola Gribaudo (editor internazionale, figlia del Maestro Enzo Gribaudo, curatrice della mostra e del catalogo), che da più di dieci anni auspicava una personale di Guarienti all’Accademia di Torino: «Conosco Carlo Guarienti dai primi anni Ottanta, quando abbiamo lavorato insieme alla pubblicazione della sua monografia nella collana diretta da mio padre per i Fabbri Editori. Era il 1985 quando uscì, il testo di introduzione era di Alberto Moravia, e quello critico era firmato da un giovane Vittorio Sgarbi». L’opera scelta per il manifesto e la copertina del catalogo è un misterioso mezzo busto il cui volto è quasi completamente ricoperto da stracci bagnati, una scultura rugginosa, silente, il cui sguardo (e quindi il senso di temporalità) è a noi precluso. Proprio il concetto del Tempo è tema nodale nella poetica dell’artista, inteso come elemento relativo, nullo per la dimensione dell’Arte eppure dominante nelle nostre vite come presenza incalzante: l’aforisma “Il Tempo vola” campeggia sul dipinto donato dall’artista alla collezione permanente dell’Accademia incentrata sul ‘900.

Sempre a Torino, presso la Galleria Narciso diretta da Sally Paola Anselmo Pinottini (fino al 31 gennaio 2019), la scelta operata nell’ambito della ricca produzione dell’artista, la cui vena creativa è tuttora vivida, si propone di ampliare la panoramica offerta dalla mostra presso l’Albertina per far ancor più emergere il peculiare carattere dell’artista Guarienti: la curiosità. Curiosità che con intelligenza lo ha guidato a vincere la Noia, tentando di “seguir virtute e canoscenza”. Egli stesso, in un colloquio con Costanzo Costantini, ebbe ad affermare che «solo la curiosità ci aiuta a capire», infatti è la sola che ci aiuti a non smarrirci. In mostra alcune opere particolarmente significative e rappresentative dei molteplici filoni creativi di Guarienti.

A questo proposito racconta Sally Pinottini: «In questa esposizione abbiamo enucleato alcuni temi e tecniche: ad esempio le litografie sono state disposte in modo tale da costituire un corpus a sé. Tra di esse vorrei citare Oltre alla cornice: Guarienti ha attraversato il Novecento e ha conosciuto e frequentato molti artisti; certamente lo spirito saviniano surrealista lo ha colpito e ha influenzato la sua poetica, densa di figure zoomorfe, ambientazioni oniriche, oggetti come conchiglie o figure appena abbozzate che emergono dall’ombra a fantastico corollario della scena. Un altro tema caro all’artista è quello dell’ispirazione, inteso come il pittore e la modella e come pensiero creativo tout-court: mi piace segnalare le tre versioni del Sogno del Pittore, in cui l’artista sembra assopito vicino a un quadro in preparazione, alla spalle una figura misteriosa che incombe, l’ispirazione, o un modello, o la rappresentazione stessa dell’idea creativa».

Esposto un quadro di grande intensità, una carta su tavola che rappresenta un mostro con estremità zoomorfe, vestito in grisaille, «che si è, con evidenza, mangiato un arto. Guarienti nel descriverlo lo ha chiamato ossimoricamente La mano per sottolinearne il dettaglio mancante, ma si può leggere come un’Autocritica (e l’artista ha concordato su questo titolo) che ci invita a riconoscere i nostri interrogativi esistenziali, con spirito severo e a tratti impietoso. Come negli Autoritratti esposti anche all’Accademia Albertina, eleganti e totalmente privi di autocompiacimento». In mostra anche quelli che sono stati definiti dei D’Apres, ispirati da soggetti famosi del passato, come la Morandiana o la variazione sul tema della canestra di frutto del Caravaggio, declinata secondo tavolozze differenti. (Nella foto l’artista, di spalle, davanti a un suo autoritratto).

«Ho apprezzato molto – conclude Sally Pinottini – come l’artista abbia trattato l’urgenza dell’ispirazione che lentamente ma inesorabilmente prende corpo: nel Sogno del Pittore man mano emerge uno studio psicologico raffinato che parla del sé contrapposto all’altro, emozione che suscita anche nei suoi autoritratti, talvolta quasi impietosi, che invitano a uno sguardo severo su ognuno di noi. Un messaggio che Carlo Guarienti ci restituisce con grande energia, pienezza intellettuale, e quella profondità che gli sono proprie e che ci conducono dalla nozione alla coscienza poetica della realtà».

Nel vedere l’opera di Guarienti, tutt’ora infaticabile nel suo lavoro, non si può che condividere la conclusione del testo di Paola Gribaudo: «Grazie Carlo che a novantacinque anni hai ancora l’entusiasmo di creare, la voglia di dipingere e scolpire e di avere sempre nuovi progetti, non ultimo quello di scrivere le memorie di una vita che sarebbero una lectio magistralis per la storia dell’arte».

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