Lorena Fiorelli
Parole e ombre/6

Il giorno dopo la pioggia

«L’amore che mi è stato dato alla nascita perché lo distribuissi è finito, non ne ho più e però oggi c’è di nuovo che mi sento bene e non so se ci sarà un altro giorno come questo»

Fotografia di Carmine Frigioni

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Ho sempre amato il silenzio perché racconta storie belle, storie di territori molto più grandi del quadratino a mia disposizione. Un quadratino che diventa ogni giorno più piccolo perché sempre più spesso loro occupano quello accanto al mio ed allora io mi stringo, cerco di stare ferma, cerco di dare il meno fastidio possibile così da non invadere lo spazio degli altri. Loro no. Mentre io mi stringo loro si allargano, lo fanno per prepotenza, per mancanza di rispetto, per avidità, per stupidità, per possesso. E io non dico niente perché magari è giusto così e la mia è solo un’impressione, ma il silenzio racconta cose belle, narra di territori grandi che non ho mai visto e ascoltarlo mi piace. In modo particolare quando l’unico rumore che sento è quello della risacca, o quello dell’acqua che scorre o quello della pioggia che scende violenta e cambia il suolo e a volte anche le persone.

Pioveva ieri sera, avevo mangiato poco e bevuto molto, non ricordo come sono arrivata nel mio letto però di nuovo c’è che oggi mi sento bene, anche se tra poco arriveranno figli e marito. Li ho preceduti di un paio di giorni per aprire la casa che ora brilla tra ordine e pulizia, ma è ancora presto e allora preparo il tè cercando di dare un senso alla calma che non mi è mai stata amica, così mi perdo e il tempo passa e loro sono già qui, rumorosi entrano in casa e sporcano e mettono in disordine tutto quello che toccano e non vedono l’amore e l’armonia, non l’hanno mai fatto, e io vorrei dire qualcosa ma come sempre taccio e penso che comunque poi, arriverà la sera. E magari domani tornerò a essere quella di sempre e dimenticherò come si sta a sentirsi tanto bene. Invece no, il mattino dopo non sono tornata normale, e quando entro in cucina loro sono già lì e mi dicono che dormivo così profondamente che non hanno avuto cuore di svegliarmi. Non ringrazio per la cortesia.

“Sei pallida”.
“Sto benissimo”.
“Ti aspettiamo o ci raggiungi?”.
“Vi raggiungo.”
“Sicura che non c’è niente che non vada?”.

Cosa devo rispondere a questa domanda? È logica, naturale, difficilissima.

Provo compassione per lui, non può sapere e io non posso spiegare, sarebbe troppo lungo e non capirebbe niente di silenzi e quadratini, meglio lasciarlo nella convinzione che le donne sono a volte strane, complicate, così che con “l’importante è che tu sia serena” risolverà ogni cosa. Più bacino di consolazione e “oggi fate i bravi che la mamma si deve riposare”.
“Sicurissima” rispondo “voglio solo fare colazione con calma”.

Questo stende un velo sulla verità e porta quiete nell’anima di chi preferisce la menzogna, perché è meno dolorosa e non porta via troppo tempo.

Però, anche se mi tenta, non riesco a lasciare questa vita con pochi gesti fatti di valigie riempite a caso e di fretta, ma stavolta sorrido all’immagine della lettera lasciata sul tavolo e di quel pensiero a voce alta che mette a posto la coscienza e tutto spiega. “Ha un altro”, direbbe lui e come dargli torto? Del resto cosa ci può essere dietro una donna che fugge da una vita comoda, se non un altro uomo. Come se non bastasse quello che si ha già. Davanti alla colazione mi domando cosa fare, ma non riesco a stare ferma e rovescio la tazza di tè e mi brucio le gambe nude. Rido, le emozioni arrivano leste e so già che oggi potrei vincere, ma se tentenno, se dubito, se vedo anche solo l’ombra di un forse, penserò che in fondo non ne vale la pena e “oggi” resterà un ricordo.

Metto nello zaino il necessario e arrivo in spiaggia che è già l’ora di pranzo, li seguo per abitudine fino al chiosco dello stabilimento.

“Va meglio ora?”.
“Perché mi chiedi se va meglio, ti ho già detto che non ho niente che non vada”.
“Ho capito. Non va meglio”.
“Cosa prendete?”.
“Io voglio l’hamburger”.
“Anch’io”.
“Anche per me”.
“Per me tonno e pomodoro”.
“E da bere?”.
“Acqua”.

Una conversazione che non mi riguarda, l’amore che mi è stato dato alla nascita perché lo distribuissi è finito, non ne ho più e però oggi c’è di nuovo che mi sento bene e non so se ci sarà un altro giorno come questo e allora mi alzo dalla sedia sempre scomoda di quel bar che non si è mai rinnovato e me ne vado perché non riesco a fare nulla di diverso. Il sole è alto e la gente si accalca in ogni dove, non partirò verso l’ignoto come nei film americani, tornerò a casa e metterò a bollire l’acqua per il tè e quando torneranno uscirò se mi va o forse no. E loro dovranno spostarsi di lato e uscire dal bordo del mio quadratino perché il silenzio mi racconta di cose belle e queste non lo sono.

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Lorena Fiorelli nasce a Montefiascone il 16 novembre del 1962 e si trasferisce a Roma nel 1970 dove scrive e pubblica articoli sul giornale studentesco per tutta la durata delle scuole superiori. Frequenta per quattro anni un corso di drammaturgia presso il Teatro del Torrino sotto la direzione di Luca Pizzurro. Scrive diversi testi teatrali di cui uno viene messo in scena dal terzo anno del laboratorio di recitazione. È promotrice di un circolo epistolare per la riscoperta della lettera e dei rapporti umani. Frequenta per la Scuola Omero sotto la guida di Paolo Restuccia ed Enrico Valenzi. Le convenienze, segnalato dalla giuria del Premio Italo Calvino, è il suo primo romanzo.

Carmine Frigioni nasce ad Aielli (Aq), classe ‘55. Inizia il suo viaggio affascinante nella fotografia da autodidatta da giovanissimo. In questi anni di ricerca Carmine ha esposto le sue immagini in diverse mostre personali e collettive. Crea il sito Abruzzovirtualtour.it, prima di Facebook. Fonda l’Associazione Culturale INABRUZZO dove il potere della fotografia contribuisce alla riscoperta del territorio. Promuove la cultura fotografica come linguaggio della comunicazione realizzando eventi di fotografia estemporanea volti a cogliere l’essenza delle immagini al di là dell’autore e del mezzo utilizzato. Da qualche anno ha scoperto la lentezza nella fotografia ed è questo un modo per restituire potere al tempo. La fotografia vissuta come racconto del proprio stato emotivo e non come documentazione dell’attimo. Nella scorsa estate ha organizzato il 1° Concorso fotografico “La giornata romantica in fotografia a Scanno”.

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