Alessandra Pratesi
Visto all’Oratorio del Gonfalone di Roma

L’altro Rossini

Come parlare di musica? All’arduo quesito sembra rispondere il concerto inaugurale della stagione 2018-2019 del Coro Polifonico Romano “Gastone Tosato” all’Oratorio del Gonfalone. Lo fa con la voce narrante di Sandro Cappelletto, il pianista Marco Scolastra e il soprano Cinzia Forte riuniti per celebrare gli anni della maturità di Gioachino Rossini

In una traversa di Via Giulia, a due passi dal Tevere, l’Oratorio del Gonfalone, con il suo imponente ciclo di affreschi di secondo Cinquecento, rappresenta una bomboniera della pittura manierista. Nel raccoglimento della piccola struttura a pianta basilicale si compie la storia della Passione di Cristo, dall’entrata in Gerusalemme alla Resurrezione. La narrazione per immagini condensa i momenti a maggiore impatto drammaturgico e drammatico della storia evangelica sul modello delle sacre rappresentazioni. Colonne tortili trompe l’œil suddividono le scene dipinte dalla squadra di pittori emiliani e romani chiamati dal cardinale Farnese a decorare l’oratorio, da Federico Zuccari a Domenico Carnevali e Raffaello Motta. Dal 1960 l’Oratorio presta la sua eccezionale scenografia e acustica ai concerti del Coro Polifonico Romano “Gastone Tosato”. All’ultimo Rossini e agli anni parigini del compositore pesarese è stato dedicato il concerto inaugurale della stagione 2018-2019.

Non è un semplice concerto quello che viene offerto al pubblico di abbonati e curiosi: è un racconto-concerto, un intreccio narrativo-musicale abilmente condotto dalla voce di Radio3 Sandro Cappelletto, giornalista e critico musicale, coadiuvato dal Maestro Marco Scolastra al pianoforte e dal soprano Cinzia Forte. Dal Mi lagnerò tacendo di Metastasio declinato in ventitré acrobatiche partiture diverse, ai ritmi vertiginosi della tarantella Già la luna in mezzo al mare, passando per l’aria di Rosina nel Barbiere e l’O salutaris hostia della Petite Messe Solennelle, viene offerto un ritratto di Rossini a tutto tondo. Con la sapiente alternanza di agilità e sospensioni, il pianoforte di Scolastra sostiene l’eleganza di Forte, soprano di coloratura dal tocco leggero e versatile nel vestire i panni, nell’arco di una sola serata, della malinconica e della capricciosa, dell’innamorata e della devota. Perché tali sono le sfumature che vengono attraversate dalla scelta del repertorio: nelle ventitré variazioni sulla quartina di Metastasio («Mi lagnerò tacendo / della mia sorte amara: / ma ch’io non t’ami, o cara, / non lo sperar da me»), sfilano tutti i caratteri femminili delle opere di Rossini, dalla timorosa Angelina-Cenerentola alle impavide eroine dei drammi a tema epico-storico.

Dispiegata dietro alla regia ed alla sceneggiatura del racconto-concerto c’è tutta l’esperienza del divulgatore. Sandro Cappelletto introduce e commenta magistralmente e con brio i brani musicali. Costruisce un racconto completo, avvincente e umanissimo sulla vita di Rossini in Francia. L’ultimo Rossini, la sfinge che si era ritirata dal mondo delle prime donne e degli impresari lirici. La vittima della sua stessa bulimia del cibo e della vita, deferente verso la Dea Musica, irriverente verso Dio e gli uomini. Il cigno pesarese che a diciannove anni di trionfale carriera ne fa seguire quaranta di silenzio. O forse no. Il richiamo della Musica era troppo potente: un compositore della stoffa di Rossini non avrebbe potuto smettere di pensare musica, respirare musica. Sarebbe stato fisiologicamente impossibile. E infatti stipa nell’appartamento di Parigi centinaia di brani per voce e pianoforte e li chiama Péchés de vieillesse, ma anche «preludio burlone» e «igienico del mattino»: la musica, come la vita, non ha bisogno di pretesti per giustificarsi. Il Rossini cinquantenne è già un relitto umano, banchetta con maccheroni, salumi e fritto per antipasto. Sovrappeso, calvo, sdentato e sofferente a causa del mercurio somministratogli come cura per le malattie veneree, nella musica conserva e accentua la verve parodica, dissacrante, ironica, comica. In una parola sola: buffa, come quel genere operistico che gli valse il successo in vita e la fama imperitura dopo la morte quale autore del Barbiere di Siviglia, della Cenerentola, della Gazza Ladra, del Guglielmo Tell, dell’Italiana in Algeri. I brani proposti dialogano con la trama e l’ordito di riferimenti e ammiccammenti alla Parigi restaurata post Napoleone, con i deliri e gli azzardi dei banchieri, le irresistibili demi-mondaines e i pruriginosi ricchi borghesi che censurano Les fleurs du mal: un sentito e sensato viaggio musicale per raccontare la musica con la musica.

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