Jolanda Bufalini
A Roma, vicino al Quirinale

Il Balla ballerino

Visita guidata al Bal Tic Tac, il locale da ballo futurista dipinto da Balla e invaso dai primi jazzisti italiani nel 1921. Gli affreschi originali trovati sotto ai rivestimenti in legno degli anni successivi

Tito Magri, nonno del mio amico Tito Magri, teneva la fiaschetteria di via Capolecase. Era una fiaschetteria rinomata, toscana, frequentata dai pittori e dai poeti. Tanto era rinomata che ricordo Antonello Trombadori berciare come faceva lui, quando mi capitò di presentargli Tito, «Magri, Tito? Non è possibile!», lui si ricordava il nonno. L’ingegnere Pietro Magri, suo padre, invece, ricordava bene il Bal Tic Tac e le decorazioni di Giacomo Balla. Abitavano sopra la fiaschetteria, appena di là dal Traforo. Per la nostra generazione, quell’angolo fra via Milano e via Nazionale è legato all’insegna di Sciolari, storica famiglia di imprenditori romani dell’illuminazione, anche se, da un recondito angolo del cervello, quella fantasmagoria “infernale” ha improvvisamente fatto capolino come un ricordo d’infanzia, collocata proprio nel negozio di Sciolari. O, forse, un falso ricordo. Sta di fatto che da qualche hanno l’immobile commerciale di via Milano, adiacente a Villa Hüfer, è stato acquistato dalla Banca d’Italia che lo sta ristrutturando (insieme alla Villa che fino a non molto tempo fa ospitava il cinema teatro Quirinale) per la realizzazione dello spazio museale del Centro per l’educazione monetaria e finanziaria.

Racconta con ancora viva emozione l’architetto Maria Elisabetta Piu che «nell’idea originaria la parete doveva essere abbattuta, lo spazio concludersi in fondo con una vetrata affacciata sul Traforo». Invece, durante le indagini preliminari nel 2017, sono venute alla luce alcune porzioni di colore: il rosso, il blu, il giallo, il bianco della decorazione di Giacomo Balla. Si è così scoperto che una porzione importante di quella prima “Ricostruzione futuristica dell’universo” non era andata distrutta: era sotto le pannellature in legno del negozio di lampade.

Il Bal Tic Tac, il primo ritrovo futurista di Roma, fu inaugurato alla fine del 1921 dal fondatore del futurismo: «Marinetti inaugurò a Roma, con un discorso, il Bal Tic Tac, grandioso locale per balli notturni, futuristicamente decorato da Balla. Per la prima volta, apparve realizzata la nuova arte decorativa futurista. Forza, dinamismo, giocondità, italianità, originalità». (Futurismo, n.2, giugno 1922). La Capitale, che non brillava per tendenze innovatrici, dice il soprintendente Francesco Prosperetti, «trovava in Balla, pittore, designer, decoratore, creatore di moda, l’interprete elettivo dell’estetica totale del futurismo».

Alla luce, con il primo lavoro di ripulitura a cui ora seguirà il restauro, sono venuti circa 90 metri quadri di pittura a secco, a tempera, che coprono una parete e il soffitto dell’ingresso del locale. Il soffitto era stato ricoperto da carta da parati e la colla utilizzata, spiega la storica dell’arte della Soprintendenza speciale di Roma, Morena Costantini “ha fissato i colori”. In peggiori condizioni è la parete, sulla quale si vede la traccia della scala demolita che, in origine, collegava l’ingresso con il ballatoio, dove si trovavano l’orchestra, gli ospiti, le danzatrici e i danzatori. La boiserie che ha nascosto per tanti anni la parete dipinta da Balla serviva da supporto all’esposizione delle lampade, dietro quindi «è stato trovato di tutto, chiodi, scanalature e scatole per il passaggio dei fili elettrici».

Le cronache degli Anni Venti riportano le descrizioni del piano superiore, dove però le pareti sono state abbattute. Deve essere quindi scomparsa la ballerina che “scompone a ventaglio i suoi movimenti e contemporaneamente ne imprime nello spazio la memoria ritmica”(Charlotte Caillot, Le Tablettes, mars-avril 1922). Tracce di colore sono, però, rimaste nei pilastri e nelle travi di sostegno, non è quindi da escludere che vi sia ancora qualcosa da scoprire in questa importante opera di archeologia del moderno.

È al piano superiore che si scatenava la musica definita “selvaggia” dalle cronache del tempo, il primo jazz suonato dal vivo a Roma. La figlia dell’artista Elica, allora bambina, descrisse in seguito così quello che ricordava: «Preceduta da un ingresso fantasmagorico di fiamme infernali, Balla inonda di azzurro e di verdi mattutini la grande sala da ballo e crea nuovi disegni e mezzi pratici per creare le lampade, mobili e ogni cosa per tutto l’arredo del locale». I musicisti “selvaggi” erano guidati dal violinista Ugo Filippini. «Nell’estate del ’21 – raccontava Filippini in una intervista a Adriano Mazzoletti del 1960 – rientrai a Roma e nell’ottobre dello stesso anno inaugurai il primo locale moderno: il Bal Tic Tac. Avevo un po’ l’aureola di quello che viene da fuori, che porta delle novità. E queste innovazioni io le portavo davvero. Il primo pedale per la batteria l’avevo comprato a Parigi e lo diedi al batterista che presi con me». Filippini aggiunse ai due violini, al banjo, al pianoforte e alla batteria, un sax tenore preso nella banda dei carabinieri. «Era la prima volta che in un tabarin a Roma si vedeva un sassofono».

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