Giuseppe Grattacaso
In margine alla vicenda della nave Diciotti

Bullismo di Stato

Guerra totale ai diritti, al diritto internazionale, all'Europa e a chiunque abbia opinioni discordanti. È lo stile del «governo del cambiamento». Che ha cambiato solo il modo di comunicare

Con la vicenda della nave Diciotti della guardia costiera italiana attraccata, ma con i motori accessi, ad una banchina del porto di Catania, senza poter far sbarcare il suo carico di migranti e di equipaggio, il Bullismo di Stato del quasi premier Salvini e del suo governo ha raggiunto l’apice. A ben guardare, è proprio la deliberata e ostentata prepotenza verbale a caratterizzare i primi mesi del nuovo governo, che per ora ha prodotto un evidente cambiamento solamente nelle forme della comunicazione istituzionale. Il bullismo è di fatto sdoganato: si può essere ministri e parlare come un ultra aggressivo o come il violento che lancia improperi dal finestrino dell’auto, perché, a suo dire, qualcuno ha rallentato la corsa del suo bolide.

Qui comando io, afferma ad ogni passo il ministro dell’Interno, in barba a leggi dello Stato, al diritto internazionale, a quel minimo di educazione istituzionale, che sembrerebbe dote obbligatoria in ogni rappresentante della Nazione. E lo dice con quel tono aggressivo e rissoso, che si intuisce in ogni suo tweet, si legge nelle parole e nelle espressioni del viso nel corso di ogni intervista. Un tempo si chiamava terminologia “da caserma”, ad uso soprattutto di caporali e sergenti, e dei loro emuli. Sarà per questo che il Salvini-quasi-premier intende tornare alla leva obbligatoria; una palestra, deve considerarla, per forgiare veri italiani.

In verità il linguaggio di Salvini è finemente aperto a diverse influenze: la perentorietà degli slogan da stadio, la banalità, che riscuote tanto consenso, delle chiacchiere da bar, la fiera brutalità dell’oratoria nazifascista. L’importante è individuare subito dei nemici, artefici naturalmente di complotti ai danni della Nazione, attaccarli con veemenza, far emergere la loro codardia.

Mentre è in atto il sequestro dei migranti sulla Diciotti, Salvini dichiara che sta “battagliando”. Il suo primo nemico è l’Europa “vigliacca” e i paesi che la compongono, che non si assumono le proprie responsabilità, e precisa, in perfetto delirio hitleriano, che comunque questa “non è la soluzione finale”, che poi sarebbe quella, fa subito intendere, che nessun “irregolare” varchi i confini europei. Una scelta del genere comporta norme violate, noncuranza del diritto, disprezzo dei principi della solidarietà? Che importa? Il Bullismo di Stato prevede il mascellare menefreghismo, la cinica affermazione della propria virile indifferenza.

«Vogliono processarmi o arrestarmi? Facciano pure, io non sono solo» tuona il Bullo Salvini-quasi-premier. Gli fa eco, con tono più minaccioso, come si addice ai caporali, il deputato leghista Giuseppe Bellachioma, che sul web esterna ad indirizzo dei magistrati e in inequivocabile stile da camerata: «Se toccate il Capitano vi veniamo a prendere sotto casa… Occhio!».

Per non ritrovarsi tra i bullizzati, bisogna dare man forte all’aggressore. Così il Di Maio-un tempo-futuro-premier fa sentire anche lui la voce grossa e spara su Facebook: «A questo punto l’Italia deve prendersi in maniera unilaterale una riparazione. Non abbiamo più intenzione di farci mettere i piedi in testa. Il Movimento 5 Stelle si è presentato agli italiani con una missione ben precisa e non abbiamo alcuna intenzione di fare passi indietro. L’Unione Europea non vuole ottemperare ai principi concordati nell’ultimo consiglio europeo? Noi siamo pronti a tagliare i fondi che diamo all’Unione Europea. Vogliono 20 miliardi dei cittadini italiani? Dimostrino di meritarseli». Maniera unilaterale? Riparazione? Non farci mettere i piedi in testa? Non abbiamo intenzione di fare passi indietro? Non c’è che dire: il Bullismo di Stato regola ormai la comunicazione dei due maître à penser della gang ministeriale.

Appena dopo l’Europa, i nemici sono i giornalisti e i buonisti. I primi sono rei di ragionamenti troppo sofisticati. Sono intellettuali che pretendono di fare l’esegesi agli striscioni da curva sud del Governo del Cambiamento. Gli altri invece, i buonisti, camuffano in amore per il prossimo e per le regole quella che in effetti è solamente viltà. Se c’è qualcosa che il bullo disprezza profondamente è la cultura, che pretende di smascherare i suoi atteggiamenti, peggio ancora se condita da un atteggiamento mite.

C’è da chiedersi cosa succederà nelle scuole italiane nell’immediato futuro. L’anno scolastico passato, Ministero e Istituti scolastici hanno prodotto progetti su progetti per contrastare il fenomeno del bullismo e del cyberbullismo. E ora? È facile che lo studente arrogante e prepotente, richiamato dall’insegnante per un atto di bullismo, esprima con fastidio tutto il suo disappunto: «Prof, lei è una buonista. Non si vergogna?». E poi, a cosa porta tutta questa cultura, se serve solo a mostrarsi timidi e garbati, a «farsi mettere i piedi in testa»? «Non ho nessuna intenzione di fare un passo indietro» chiuderà la discussione il bullo.

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