Raffaella Resch
Donne e Futurismo /2

La Luce e l’Elica

Varietà di interessi e interscambiabilità nel lavoro. Le sorelle Balla, figlie di Giacomo, seguirono le orme paterne nelle arti applicate e in pittura, amplificando la fama del padre. Più fortunata la seconda, che partecipò con lo pseudonimo di “Ballelica” a molte esposizione, la maggiore brillò tuttavia per capacità compositiva

Se per la maggior parte delle artiste futuriste il movimento ha costituito un’occasione di affermazione delle proprie aspirazioni artistiche e completamento della personalità, spesso di rinascita sotto nuove vesti, non fu così per le sorelle Luce (Roma 20 dicembre 1904 – 30 aprile 1994) ed Elica Balla (Roma, 30 ottobre 1914 – 14 gennaio 1993), che vissero quasi recluse all’interno della Casa d’arte Balla di via Oslavia a Roma (dove si trasferirono nel 1929), allestita dal pirotecnico genitore. Emblematica contraddizione vivente del futurismo, le figlie del pittore così entusiasta per la modernità e per le sorti dell’umanità futura, ricevono un’educazione anacronistica, soffocate dall’amore paterno, pure non scevro di apprezzamenti nei confronti del loro operato, ma sostanzialmente soffocante.

La figlia maggiore di Giacomo Balla nasce Lucia e solo con l’affermarsi del futurismo diventerà Luce. Come Elica, non frequenta le scuole, ma riceve precettori privati in casa. Inizia a cucire e ricamare fin dall’età di dodici anni e continuerà per tutta la vita. Tramontata la speranza che Giacomo nutriva di maritarla a Marinetti, vengono scoraggiati successivi incontri e la sua esistenza trascorrerà tra le pareti decorate della casa romana e il grande terrazzo. La sua abilità compositiva nelle arti applicate viene quasi esclusivamente canalizzata nel tradurre con inesausta dedizione disegni e studi del padre in opere d’arte applicata: arazzi, tappeti, tarsie, ricami costituiscono la sua attività principale a partire dalla seconda metà degli anni Venti, mentre la sua produzione pittorica risale principalmente alla seconda metà degli anni Trenta e al secondo dopoguerra. Struggenti sono le cartoline, esposte per la prima volta nella mostra L’elica e la luce. Futuriste. 1912 – 1944 da poco chiusa al MAN di Nuoro, che Luce disegna all’acquarello e spedisce ai genitori durante le vacanze estive a Terracina, nel 1931: minuscoli paesaggi astratti, dove linee di forza ed energie radianti tipiche della pittura paterna si fanno pulsanti di atmosfera coloristica, nell’incanto del momento di luce più suggestivo.

L’arredo della Casa occupa moltissime energie delle sorelle, nella decorazione e adattamento di mobili e oggetti, come anche di pareti, porte, creando così un esempio unico di ambiente futurista vissuto. Tale produzione costituisce anche una voce per il sostentamento della famiglia, oltre che le lezioni private di pittura che le sorelle e il padre impartiscono, e la realizzazione di ritratti su commissione (esposto a Nuoro un insolito ritratto su rete eseguito da Elica). La tipologia degli oggetti quali panche, paraventi, portaombrelli, sedie, che le figlie realizzano, seppure sulla scia progettuale del padre, dimostra la varietà dei loro interessi e l’interscambiabilità del loro lavoro.

Pur condividendo la scelta di vita riservata, Elica si afferma in maniera più sicura e moderna rispetto alla sorella e con lo pseudonimo di “Ballelica” partecipa come pittrice futurista a numerose mostre, alla XVII Biennale di Venezia, a Trentatré artisti futuristi alla Galleria Pesaro di Milano nel 1929 e alla Mostra futurista di aeropittura e scenografia, sempre alla Pesaro nel 1931; e poi a Trieste con la Prima mostra trentina di pittura aeropittura futurista. Tra il 1947 e il 1950 scrive il saggio di astronomia Luce sulle stelle, pubblicato da Mondadori nel 1985, per cui realizza anche delle illustrazioni. Del 1953 è il volume di poesie Vivendo di cielo (Tipografia Poligrafica Italiana, Roma, 1953). Attraverso Luce ed Elica la fama di Giacomo venne amplificata nel tempo, grazie al costante lavoro di riscoperta e citazione che le figlie faranno fin del più piccolo bozzetto del padre, ricambiando così a loro modo l’attenzione e il ruolo che egli diede loro durante i suoi studi.

(Nella foto vicino al titolo, Giacomo Balla con la figlia Luce; nel testo, il pittore con Luce e la secondogenita Elica e le due sorelle nel 1972 al’Arazzeria Pennese)

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