Alessandro Boschi
Visioni contromano

Film, cani e pesci

Tentiamo un (breve) bilancio della stagione cinematografica italiana, ricca di sorprese (i fratelli D’Innocenzo), conferme (Garrone/Fonte) e qualche autocompiacimento (Sorrentino)

Può esistere un momento migliore per scrivere di cinema di quel breve periodo che intercorre tra lo svolgimento degli ottavi e quello dei quarti di un campionato mondiale di calcio? Evidentemente no, soprattutto in considerazione del fatto che questi pochissimi giorni potrebbero servire a recuperare qualche film nelle arene estive, ammesso e non concesso che film da recuperare ce ne siano, nel senso che ce ne siano e che lo meritino. Partiamo da Dogman di Matteo Garrone, ad esempio, probabilmente il film dell’anno. Film importante, non c’è dubbio, ma non un capolavoro (parola enorme questa, ed enormemente abusata). Il finale ad esempio non ci ha convinto molto, perché ci porta in una direzione che la storia non aveva lasciato presagire. Il bravo Marcello Fonte, sorta di Capannelle tragico dei nostri giorni, non dà l’impressione durante l’arco della narrazione di tenere poi tanto all’approvazione dei sui sodali e compagni di calcetto, tanto da metterla in atto in maniera così definitiva. La sua azione, molto simile a quella di un gatto che per dimostrare la propria devozione al padrone gli porta una lucertola o un topo davanti alla porta di casa, sembra un po’ appiccicata, in un finale che anche nei toni, seppure magnificamente fotografati, finisce con lo stonare nel quadro emotivo d’insieme. E poi Marcello Fonte, per carità, bravissimo e premiato a Cannes, non è così bravo come Edoardo Pesce, lui sì vero fuoriclasse nel ruolo ingrato del bullo disturbato ed estremo. E bene hanno fatto a dare ad entrambi il Nastro d’argento come migliori attori protagonisti.

Premio questo in parte indebolito in quanto attribuito da quelle stessa giuria che ha pensato bene di assegnare il riconoscimento come miglior soggetto al film di Luciano Ligabue. Decisione astuta quanto bizzarra. Damiano e Fabio D’Innocenzo restano però la sorpresa più gradita e deflagrante della stagione. Il loro film, La terra dell’abbastanza, è un vero pugno nello stomaco, a fronte di tanti pugnetti e tante …be’ sì, avete capito, propinatici sullo stesso argomento.

Tutto sommato, una stagione positiva quella del nostro cinema, anche se qualcuno ha pensato bene di individuare in Paolo Sorrentino, Matteo Garrone e Luca Guadagnino la rovina del cinema italiano. Per carità, affermazione legittima e qualche volta perfino condivisibile. In assoluto. Ma non nel momento in cui si sostiene che il cinema più importante, quello che non rovina (lasciamo stare il più visto), sia quello racchiuso in certe operazioni che contengono al loro interno, insieme a produzioni interessantissime, delle nefandezze cinematografiche che levati. Non permettiamo che l’autorialità diventi un alibi per chi di talento non ne ha. O magari per certi registi/e che sono talmente presi da se stessi che ci propinano, a fronte di altri loro prodotti notevoli, delle performance sessuali oltremodo tristi e inutili. Insomma, sarebbe anche ora che qualcuno dicesse che certi re sono nudi e, come in questo caso, scopano e basta, senza che quel pesce ci risparmi la visione.

Facebooktwitterlinkedin