Daniela Matronola
A proposito di "Nuda proprietà”

L’antieroe è nudo

Paolo Del Colle conclude un suo percorso fatto di prose poetiche dedicate alla condizione dell'uomo il quale, perso tutte le sovrastrutture, continua ad avere la "nuda proprietà" della propria vitalità

Ho letto Nuda Proprietà di Paolo Del Colle (Melville edizioni, 77 pagine, 13,50 Euro) col cuore in gola e tutto d’un fiato. Per rispetto del filo sotterraneo, un filo di sviluppo, o forse dovrei definirlo: di coerenza poetica e coesione civile, che è fatto salvo se non si interrompe il dialogo con questo dolente prosimetro accordandogli ascolto per intero. Un prosimetro, dicevo: prose poetiche e versi liberi in cui cataloghi e anafore sono figure prevalenti. In una recente presentazione, Raffaele Manica faceva giustamente notare che, sì, certo, questo prosimetro di Paolo Del Colle ci evoca subito l’esempio più noto del genere, ma in questo caso Del Colle (peraltro docente di Lettere) rovescia il classico rapporto dantesco tra prosa e versi, cioè tra i sonetti la ballata le canzoni e i 42 capitoli. Qui sono i versi a legare e “spiegare” ciò che è “esposto” nelle prose.

Nella quarta di copertina, Nuda Proprietà è definito libro autonomo ma anche ultima frazione di una trilogia cominciata nel 2001 con Le ragazze dell’EUR (Quiritta) e proseguita nel 2014 con Spregamore (Gaffi). In effetti questo capitolo è una sorta di smobilitazione. Come piace dire a me, è analisi dello smontaggio visto “nel passaggio”. C’è una fine e una conseguente dismissione, che sospingono il protagonista di questa azione drammatica verso un processo di mutazione in cui il cambiamento consiste nell’essere tagliato fuori. Chi è l’uomo che si trova orfano definitivo e senza casa? E come percepisce questo suo nuovo stato, e tutto il riordinarsi e ricomporsi del mondo, tutto lo squilibrio e lento riequilibrio dell’intero sistema?

È un everyman anagrafico. Il quale annota e documenta tutto lo sconvolgimento in atto, che include e influenza inevitabilmente il mondo animale e la sfera vegetale. Tutto subisce uno sparigliamento a partire da quel se stesso incastrato tra uno “svuotamento lento alla fine” e “all’origine” della casa dove, con un certo senso di estraneità e di casualità accidentale ben consolidate, egli si trova ad essere ospite inatteso in casa propria, ponendo la nodale questio della inereditabilità.

Capiamo già solo da questo che Nuda Proprietà, più che un inedito stato civile, definisce la condizione esistenziale di questo mancato eroe o eroe impossibile, ma anche dell’umano. Non a caso qui è stretta la relazione tra questo disperante everyman e Aguirre, l’anti-eroe di Werner Herzog, cineasta venerato dall’autore. Attraverso questa identificazione perveniamo a un chiarimento ulteriore: sia dello strapotere dell’uomo sul creato, ben esemplificato dallo stesso Aguirre, il quale, in preda alla follia allucinatoria e al delirio affabulatorio, attorniato dalle scimmie sulla zattera semisommersa, sogna di unirsi a sua figlia e generare una razza umana purissima (finale di Aguirre, furore di Dio, film di Herzog del 1972) – uno strapotere che si incarna nella figura esemplare del soldato; sia del ruolo e della presenza degli animali, tutti mutuati da opere del venerato Herzog, di nuovo, non ultimo Il Cavallo di Aguirre che, estromesso dalla zattera, saggiamente (e qui è evocato anche Jonathan Swift) guadagna la riva e si mette in salvo, e da lì può guardare l’idiozia dell’uomo.

Da qui concludo con due dati finali.

E il primo è questo. Questo prosimetro porta a termine un percorso: parabola o peripezia umana, conclude un arco di sviluppo segnato dalla avvenuta morte della madre e dalla questione della inereditabilità: niente più famiglia, niente più casa, nessun erede. Nel libro precedente, Spregamore, l’agonia della madre era la situazione in cui si muoveva l’esistenza miserrima del figlio, maschio badante profondamente fallimentare nel rapporto con le donne – capace solo di stare con le prostitute anzi con un trans: un romanzo spietato. Lì c’era l’acqua sgocciolante e la parallela malattia, doppia, della madre e del gatto di casa. Si disse (Arnaldo Colasanti) che un simile doppio parallelismo fosse del tutto inedito in letteratura: per la verità, un simile impianto simmetrico segna anche Purple America, romanzo di notevole significato di Rick Moody (1997, poi edito da Bompiani nella traduzione di Sergio Claudio Perroni – minuscola notazione: Rosso Americano, in italiano, tradisce un po’ la qualità cromatica, porpora e violacea o dopotutto livida, dell’originale). Questa è una parentela che ho trovato io ex-post, non credo consti all’autore.

Così arriviamo al secondo dato finale. Sono da notare gli exerga che Paolo Del Colle ha posto come altrettante epigrafi di apertura delle sezioni del libro: Werner Herzog, Yaakov Shabtai, Gilles Deleuze e Fjodor Dostoevskij. Numi tutelari coi quali l’autore intrattiene un colloquio inesauribile e inesausto lasciandoli inevitabilmente affiorare, permettendo loro di permeare e innervare la tessitura profonda della pagina.

Nuda Proprietà riserva una sorpresa. A libro concluso, segue alla Nota dell’Autore un estremo pugno di versi, La Nottola: il libro non smette di finire, lancia un’ultima cima cui aggrapparsi. Così anche questa mia breve lettura. La proprietà dell’essere umani è di essere vivi, e in questa nostra specifica condizione siamo tutti nudi. Sono tentata di dire: la scimmia nuda balla, a quanto pare.

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