Filippo La Porta
Al Teatro Belli di Roma

L’Olimpo migrante

Magda Mercatali, al termine di un lungo laboratorio, ha messo in scena una storia nella quale un collettivo di migranti interpreta i ruoli degli dei dell'Olimpo. Una babele felice di linguaggi e culture

Provate a immaginare un Olimpo greco abitato da dei africani, asiatici, latino-americani, che a volte parlano i loro idiomi,  e anche quando usano una lingua comune –  in questo caso l’italiano – conservano un po’ il sound di origine! Lo spettacolo che ha scritto e messo in scena Magda Mercatali al teatro Belli – Gli dei dell’Olimpo (15, 16, 17 giugno) – utilizzando come attori gli immigrati che frequentano i corsi di lingua della Casa dei Diritti Sociali, ha qualcosa di straordinario e toccante.  Si tratta di una esperienza collettiva – di laboratorio teatrale e linguistico, di preparazione di uno spettacolo (è il sesto anno, con spettacoli ogni volta diversi) – che ha una qualità  espressiva, di invenzione artistica, e al tempo stesso un alto valore civile e culturale. Ma vediamo in che modo.

Anzitutto: gli immigrati, spesso alle prese con problemi di sopravvivenza – in un paese come il nostro forse dal cuore d’oro ma perlopiù inadatto ad accoglierli – qui fanno nientedimeno che gli dei, hanno cioè poteri speciali e privilegi fuori dell’ordinario (il teatro non cancella le disuguaglianze sociali, però permette di “giocarle” e di ritualizzarle, e almeno per un attimo di sospenderle). Poi: lo spettacolo olimpico mostra l’eterna commedia umana, uguale a ogni latitudine e in ogni cultura, fatta di gelosia, amore, guerra,  seduzione, prepotenza, aggressività, leggerezza. E questo ci fa sentire tutti fratelli, appartenenti a una famiglia comune. Inoltre: il teatro ha permesso ai migranti di imparare una lingua – l’italiano (a volte in pochi mesi) – in un contesto slegato dalla necessità, dal lavoro, dall’oppressione, dall’obbedire a un comando. Dunque: un apprendimento gioioso e liberatorio. Infine: a un certo punto dello spettacolo gli attori si rivolgono agli spettatori e dicono qualcosa ognuno nella madrelingua. L’effetto è di una festa musicale dei suoni, a riprova che la pluralità delle lingue umane non è l’effetto di una punizione (Torre di Babele) ma espressione della naturale tendenza umana alla varietà (il piacere della varietà), come puntualizza Dante nel Paradiso.

All’inizio e alla fine la regista presenta gli attori uno a uno, in una passerella colorata e giocosa: Lasha, Ibrahima, Obinna, Tierno, Maryann, Mouhammed, Amine, Nishad, Marta, Teophilus, Roxana, Milagro, provenienti da Biafra, Senegal, Bangladesh, Nigeria, Guinea, Perù, Ucraina, Marocco. Assistenti alla regia: Alessandra Tiscione, Andrea Piras, Bruna Fioramonti, Licia Caruso, Paola Coltellacci, Paola Rotunno, Roberto Lazzarini, Tina Cannavacciuolo. Costumi: Lia Morandini. Musiche: Giuliano Taviani. Il pubblico applaudiva, divertito e commosso.

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