Velia Majo
All'Arsenale di Venezia

Architettura Italia

Mario Cucinella, il curatore del Padiglione Italia della Biennale Architettura, porta il visitatore lungo un percorso "minore" nel nostro paese: piccoli centri lontani dalle arterie principali; da Orgosolo a Gibellina

Un viaggio attraverso i territori interni dell’Italia per ritrovare le radici di un sapere stratificato lungo la storia millenaria del paese; si parte da Venezia e si attraversano le Alpi, l’Appennino, le Isole: è il viaggio compiuto dall’architetto Mario Cucinella, curatore del Padiglione Italia per la sedicesima edizione della Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia, apertasi lo scorso 26 maggio. Dopo aver varcato la grande porta di bronzo, collocato alle Tese delle Vergini dell’Arsenale, il visitatore del padiglione italiano segue su uno schermo posto nella prima tesa L’Altro Spazio, il docufilm del viaggio che Cucinella ha fatto in luoghi interni “dell’Arcipelago Italia”. Un pastore che ancora fa la transumanza in alta Murgia, una pittrice che racconta storie dipingendo murales sui muri delle casa di Orgosolo, gli abitanti di Gibellina Nuova, la città nata sulle macerie del terremoto del Belice, ricca di opere d’arte e poi ancora un frate camaldolese, l’ordine che per mille anni si è preso cura delle foreste casentinesi. L’obiettivo è quello di trasmettere ai visitatori l’anima di questi luoghi, coinvolgendoli attraverso un racconto suggestivo che si snoda attraverso un percorso di conoscenza tra passato e presente, attraverso i territori interni dell’Italia di oggi tagliati fuori dalle reti di trasporto che collegano i grandi centri urbani, aree che si stanno spopolando e vivono nell’abbandono.

Nella prima tesa del Padiglione italiano, ecco otto grandi libri, metafora di una guida turistica, che accolgono il visitatore conducendolo in alcuni itinerari inediti lungo i quali scoprire borghi storici, cammini, paesaggi e parchi naturali che descrivono i territori interni del nostro paese. Arcipelago Italia è in linea con il tema scelto dalle curatrici della Biennale di Architettura 2018 Yvonne Farrell e Shelley McNamara che vivono e lavorano a Dublino. La loro indagine sulla qualità dello spazio pubblico e privato dello spazio urbano, del territorio e del paesaggio, considerati riferimenti principali e finalità della stessa architettura, si avvicina alla visione che l’architetto Mario Cucinella ha adottato per il padiglione italiano.

Nella seconda tesa, sono posti un sistema di tavoli di legno che si sviluppano attraverso forme sinuose e stanno a rappresentare cinque isole. Sono tavoli di legno di cedro del Libano, sorretti da pali di briccola in rovere di quercia, gli stessi conficcati nella laguna veneziana. I cinque progetti scelti raccontano di storie minori che incarnano il concetto di empatia collettiva. Si tratta di lavori capaci di raccontare l’architettura come ascolto e stato collettivo. In Arcipelago Italia non ci sono temi particolarmente alla moda, ma piuttosto storie che a prima vista potrebbero sembrare marginali rispetto al dibattito pubblico, ma che si rivelano sostanziali nella vita delle persone. L’elemento di empatia caro all’architetto Mario Cucinella, è messo in risalto cercando di entrare in relazione con i luoghi e con le persone. I progetti sperimentali sono stati scelti attraverso una “call” lanciata a giugno 2017 che si proponeva l’obiettivo di individuare esempi concreti di progetti realizzati e in corso, capaci di sottolineare il ruolo che l’architettura contemporanea può svolgere all’interno di insediamenti distanti dai grandi centri abitati.

I cinque progetti comprendono la Sicilia con Gibellina e la valle del Belice con il recupero del Teatro di Consagra, le Marche con la città di Camerino che dopo il terremoto ha bisogno di cure e attenzioni, la Sardegna con Ottana, nella piana della Barbagia, città conosciuta per lo sviluppo industriale mancato, ma anche per la sua posizione strategica e centrale, un’area nota per la longevità dei suoi abitanti per questo motivo in quelle zone è necessario lavorare sul tema della salute. Ed ancora l’Appennino tosco-emiliano con le foreste Casentinesi, luoghi un tempo caratterizzati da un’economia legata alla filiera del legno. Poi la Basilicata con Matera e gli scali ferroviari di Ferrandina e Grassano per la connessione e il rilancio attraverso la cultura. L’idea di un circuito chiuso e ristretto ha provocato dal un lato il fenomeno delle archistar, dall’altro ha allontanato le persone dall’architettura vera, quella pubblica, quella quotidiana legata alle necessità primarie delle persone. L’architettura deve farsi interprete dei bisogni del proprio tempo. Perché – secondo Cucinella – per essere un architetto non bisogna avere per forza costruito una torre ad Hong Kong. Si può anche aver realizzato edifici minori, purché di qualità.

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