Every beat of my heart
Resurrexi
«Ho rimosso la pietra dal sepolcro»… è il Figlio che parla. Con gli auguri di buona Pasqua dell’autore (e nostri) a tutti i lettori di Succedeoggi, un brano dall’oratorio sulla Resurrezione commissionato a Roberto Mussapi nel 2006
Nel 2006 la Conferenza Episcopale Italiana e la Fondazione Arena di Verona mi commissionarono un oratorio sul tema della Resurrezione. Ricordo indimenticabile l’incontro con Monsignor Domenico Mogavero e il Cardinale Ravasi che mi illustrarono le intenzioni. L’oratorio sarebbe poi andato in scena, musica di Alberto Colla, direzione Claudio Scimone, e il Figlio, su mia richiesta fu Massimo Popolizio. All’esecuzione veronese ne seguirono una in San Marco a Milano, e una al Vaticano, alla presenza di Papa Benedetto XVI.
Resurrexi, il grande evento della resurrezione, è stato articolato in cinque quadri, che vedono in scena il Figlio, Maddalena, due uomini anonimi – uno diretto a Emmaus, e un suo compagno di strada – un Angelo, un Coro e un Coro Deuteragonista (donne e discepoli). Il Padre, secondo il sommo e insuperabile modello dantesco, non parla, ma appare in forma di luce. Il dramma è un continuo scambio tra la terra e il cielo, dalla scoperta del sepolcro vuoto all’incontro del Padre e del Figlio, con continue incursioni su ciò che simultaneamente sta accadendo in terra.
Accanto alle parole di Cristo, quelle umane e stupefatte dei viandanti, gli occhi segnati dal pianto di Maria, e le parole pregne di fede di Maddalena, umilmente perse nella certezza della Resurrezione, nella cessazione delle lacrime.
Nel Primo quadro i personaggi sono il Figlio, il Padre, il Coro, il Coro deuteragonista. I versi che qui leggete sono quelli iniziali, in cui l’oratorio si apre con le parole del Figlio risorto.
Buona Pasqua ai lettori, a Gloria e Nicola e agli amici di Succedeoggi, a tutti, davvero con “every beat of my heart”.
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Il Figlio Ho rimosso la pietra dal sepolcro, fu un soffio,
Padre, venne da dentro, in me, all’improvviso
nel bianco calcinato dell’urna di Giuseppe.
Si aprirono i miei occhi e la soglia del sepolcro,
scivolarono via il masso, e la memoria.
Il vestibolo, il nome di Arimatea,
le piccole grotte bianche circostanti
e le iniziali dei defunti impresse,
e le date, e le impronte lasciate dai viventi,
e la spugna d’aceto e il pianto del Golgota.
La pietra, bianca, come una macina da sale o grano,
che unisce e distingue i vivi e i morti,
soglia silicea tra le labbra oranti
e il vuoto custodente il vuoto degli occhi,
ho violato la soglia, Padre, il confine,
e in essi ho violato l’editto rigenerando il Tempo.
Ho rovesciato la pietra e in essa la memoria,
veri nell’oltretempo il mio nome terreno, e la storia.
Ho violato l’editto, con un soffio, ho cancellato il confine,
la pietra è rotolata come un granello di sabbia
nell’acqua mulinante di un ruscello,
mi risvegliavo e cancellavo il tempo:
ma ora che sono qui, ancora umido
del fiato dei mortali miei fratelli,
ora che sto passando all’oltretempo e ancora
ho amore nella memoria del mio tempo,
prima di essere di nuovo tuo e per sempre,
volevo dirti che sono grato al tempo
e all’illusione che anima le pupille
e fa pulsare il sangue degli uomini:
la tua creatura è fragile, ma bella.
Valeva la pena di morirci accanto,
se il prezzo di quella morte fu la vita,
e la condivisione del pane e del vino
(non lo sentivo più mio, mio sangue
quando accostavano il calice alle labbra,
sembrava il loro vino, il loro, il loro sangue)
e lo spettacolo della tua creazione
in quelli a cui mi feci simile.
Roberto Mussapi
(Da Resurrexi, Jaca Book, 2009)
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