Marco Ferrari
Al teatro dei Dioscuri di Roma

Mille volte Monica

Ruvida quando tutte erano morbide, bionda quando andavano di moda le more, accollata quando le altre erano discinte, esistenzialista quando andava di moda la leggerezza: Monica Vitti, una diva controtendenza in mostra

Mai attrice fu più versatile di lei, passando da ruoli comici a ruoli drammatici, dalla commedia alla nouvelle vague, da registi come Dino Risi a Michelangelo Antonioni. Parliamo di Monica Vitti, alla quale è dedicata la mostra La Dolce Vitti, allestita a Roma, al Teatro dei Dioscuri al Quirinale (via Piacenza 1) con ingresso libero sino al 10 giugno, progettata e organizzata dall’Istituto Luce Cinecittà e curata di Nevio De Pascalis, Marco Dionisi e Stefano Stefanutto Rosa. Si tratta di oltre settanta fotografie provenienti da importanti raccolte pubbliche, come l’Archivio storico dell’Istituto Luce, l’Accademia d’Arte Drammatica Silvio d’Amico, il Centro Sperimentale di Cinematografia e privati come Reporters Associati, Archivio Enrico Appetito e altri fondi personali di Elisabetta Catalano e Umberto Pizzi. Un ritratto di quaranta anni di carriera in cui la Vitti si racconta in prima persona attraverso ricordi, riflessioni, brani dei suoi libri. Accanto compaiono vecchi amici e colleghi, alcuni dei quali scomparsi, come Alberto Sordi, Ettore Scola, Dino Risi, Steno e altri viventi come Dacia Maraini, Michele Placido, Giancarlo Giannini, Enrico Vanzina. Ma la grande assente all’inaugurazione è stata lei, la Monica nazionale, 86 anni, da tempo assente dalle scene per una malattia degenerativa tipo Alzheimer, accudita dal marito, il fotografo Roberto Russo. L’esposizione si snoda lungo un percorso lineare diviso in tappe: il Teatro, il Doppiaggio, Michelangelo Antonioni, il Cinema Comico e l’evoluzione della Vitti in “autrice”, la Tv.

Accolti dalla sua voce roca, nell’introduzione espositiva, si passa alla sala del Teatro che spiega gli anni dell’apprendistato della giovane Maria Luisa Ceciarelli, questo il suo vero nome, nata il 3 novembre 1931, iscritta alla Silvio d’Amico nell’anno accademico 1950-’51, dopo aver compreso, già a 14 anni, che recitare le avrebbe salvato la vita. Il suo maestro è stato Sergio Tofano ovvero il Signor Bonaventura che tirò fuori la sua vena ironica e soprattutto la invitò a cambiar nome. Da lì una carriera sul palcoscenico accanto a figure come Eduardo, Albertazzi, Zeffirelli, Orsini, Andreina Pagnani, Vittorio De Sica. Si passa quindi al Doppiaggio con alcuni video-ascolti in cui Monica Vitti interpreta grandi personaggi, o se stessa come nel film Il grido di Michelangelo Antonioni. È il 1957, l’anno della svolta di Monica che conosce Antonioni, col quale stabilisce un sodalizio sentimentale e artistico che porterà in avanti il cinema italiano, in una dimensione metafisica ed esistenzialista. Dal 1960 al 1964, i due mettono in scena pellicole fondamentali nella storia del cinema come L’avventura, La notte, L’eclisse e Il deserto rosso. Dopo il tempo dell’impegno, venne per lei quello della Commedia che la portò a diventare una diva popolare. A lanciarla è il personaggio di Assunta nel film di Mario Monicelli La ragazza con la pistola del 1968: la Vitti si trasforma in una giovane siciliana che insegue per il mondo l’uomo che l’ha “disonorata” con l’intento di vendicarsi. Da questo momento, Monica Vitti diventa una star di quel genere, la commedia all’italiana, dominato dagli uomini: Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi, Nino Manfredi, Marcello Mastroianni. Per lei si sprecano le grandi firme di quell’epoca, Monicelli, appunto, poi Scola, Risi, Loy, Salce, Fondato, Di Palma. Tutti a studiare personaggi adatti alla sua verve ironica di ragazza ingenua e stralunata che riesce a prendersi una rivincita sugli uomini.

Ma è soprattutto accanto a Alberto Sordi che la Vitti forgia la sua statura di artista a tutto tondo con film come Polvere di stelle, Amore mio aiutami, Io so che tu sai che io so. La Vitti diventa quindi una protagonista completa del mondo del cinema quale co-sceneggiatrice, autrice e infine regista. Da questo filone nascono pellicole importanti: Teresa la ladra, tratto da un romanzo di Dacia Maraini per la regia di Carlo Di Palma, Flirt e Francesca è mia diretti dal compagno, fotografo e regista Roberto Russo. Poi il debutto alla regia con Scandalo segreto del 1989-90 che sarà l’ultima sua apparizione sul grande schermo. Infine, grazie ai materiali delle Teche Rai, l’esposizione romana presenta la Vitti televisiva con apparizioni, sketch, interviste-confessioni, parodie e duetti.

Fa da sfondo al percorso espositivo la visione su schermo touch di una serie di filmati: cinegiornali dell’Archivio Luce, premiazioni ai festival, set della sua carriera, un’intervista “a tu per tu“ con la videocamera, realizzata da Donatella Baglivo e le video-testimonianze di chi con lei ha lavorato (Dacia Maraini, Giancarlo Giannini, Michele Placido, Vincenzo Salemme, Enrico Vanzina, Laura Delli Colli, Silvia Napolitano, Carlo Molfese). Insomma, un’attrice in controtendenza: ruvida quando tutte erano morbide, bionda quando andavano di moda le more, sottile quando le altre erano opulente, accollata quando le altre erano discinte, esistenzialista quando andava di moda la leggerezza, popolare quando governava la borghesia, rauca quando le altre cinguettavano. Ma, soprattutto, un’interprete che sapeva prendersi in giro accettando ruoli in cui appariva svampita sino a redimersi con rabbia e accanimento. Un’anima divisa in due, una vera attrice capace di trasformarsi, senza chiudersi in un ruolo, incline a inventarsi un nuovo profilo. Una Monica nazionale che passa dalla problematica figura del film La Notte con la crisi di identità e di comunicazione al suo humour in Polvere di stelle sino alla mossa di Nini Tirabusciò.

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