Delia Morea
A proposito de “La cura dell’acqua salata”

L’oro e la marusia

Antonella Ossorio racconta di oro, orafi, gioielli, sogni, maledizioni e soprattutto marusia, la maledizione del mare. Insomma, una sorta di commedia umana di Napoli

Un sapo gallego, prezioso gioiello cesellato con perizia dall’orafo Brais Barreiro, una maledizione che coinvolgerà Brais e i discendenti della sua famiglia nei secoli a venire, e la marusia (non marea o mareggiata ma inquietudine del mare, come spiega l’autrice), questi gli elementi fondamentali del coinvolgente romanzo della scrittrice napoletana Antonella Ossorio La cura dell’acqua salata (Neri Pozza) di recentissima uscita.

Si tratta di un romanzo dalle continue sorprese e colpi di scena, la storia è affascinante: siamo in Galizia nel 1730 Brais Barreiro, orafo finissimo, costruisce il sapo gallego, una collana d’oro con pendente, di grande pregio, su commissione. I fumi dello stramonium, droga che Brais assume quotidianamente, e la consapevolezza di non riuscire a liberarsi della collana che gli appartiene come cosa viva, lo inducono ad uccidere Santiago Castro, il committente che questa collana voleva regalarla alla figlia. Inizia così la fuga avventurosa di Brais che s’imbarca, sotto le mentite spoglie di Santiago Romero, sulla Mary Elizabeth, un mercantile britannico. Un viaggio avventuroso lo porterà – morente poiché il sapo di cui non riesce a distaccarsi e che indossa intorno al collo, gli è penetrato nella carne procurandogli una grave infezione – a Napoli dove verrà curato da una vedova Marianna, che sposerà, e dalla di lei figlia sordomuta, Dianella, una ragazzina.

Su binari paralleli si srotola la storia della famiglia Romeo, orafi napoletani discendenti di Brais, durante l’ultima guerra mondiale. I Romeo vivono le difficoltà della guerra, anche economiche, e conservano gelosamente l’antico sapo, tramandato da generazioni, di padre in figlio. Ma il gioiello ha in sé una maledizione che turba la pace di quella famiglia ormai indigente: Carolina, moglie di Franco, vorrebbe venderlo per aggiustare così le sorti familiari, il nonno Ferdinando, nel pieno della demenza senile, e lo zio Eugenio in qualche modo ne hanno subito l’influenza nel passato. I giovanissimi Spina, nipote di Carolina che è stata accolta in casa come una figlia, e il piccolo Enzo, figlio dei coniugi Romeo, il quale comprende che esiste un segreto che pesa su quella famiglia ma solo alla fine saprà quale, ne sono loro malgrado coinvolti.

Una trama articolata, ma fluida nel contempo, che incrocia in continuazione il passato e il presente, alternando capitoli ed eventi, ricca di personaggi e di storie che s’incontrano.

Incursioni in altre storie personali, come quella di Eugenio, soldato in Tripolitania durante le guerre coloniali, che adotta uno scimpanzé che chiama Tonino. Eugenio, uomo da cuore d’oro che tornato dalla guerra subirà l’abbandono della moglie. Ancora la storia del nonno Ferdinando che avrebbe voluto fare l’architetto, invece che l’orafo poiché una volta da giovane – grande fortuna – incontra sulla spiaggia di Bagnoli, il geniale architetto Lamont Young, artefice di tanti progetti importanti per la città di Napoli, genio incompreso che morirà suicida. Lamont Young sarà per sempre il compagno segreto della mente ormai consunta di Ferdinando, l’interlocutore invisibile a cui il vecchio si rivolgerà.

Ancora, ritornando indietro nel tempo, il segreto amore di Brais per Dianella, che invece lo venera come un padre e che fuggirà da lui, sposandosi, appena apprenderà di questo malsano amore. Brais, il luciferino burattinaio di questa commedia umana, la cui suggestiva morte, apre il prologo del romanzo.

La cura dell’acqua salata, è un romanzo opulento di eventi, di storie e riferimenti, dove anche elementi naturali come il mare, ne sono protagonisti. Un romanzo corale che coinvolge per la sua prosa a tratti barocca e, nella parte contemporanea, verista. Antonella Ossorio padroneggia con perizia e consolidata maturità la sua scrittura, adattandola ai vari cambiamenti epocali.

I Romeo, protagonisti della storia attuale, sono attori di una commedia umana, come si diceva, che si avvicina, in qualche modo, alle parabole e metafore sulla vita e sulla morte alla Eduardo De Filippo, le sue mirabili descrizioni degli orditi familiari, sempre in bilico tra malinconia, disperazione e ironia, quella stessa leggera ironia e senso dell’umorismo che, a mio avviso, la Ossorio imprime al suo romanzo e che aleggia come soffio lieve.

Infine il personaggio di Enzo, il ragazzino tormentato che vive in maniera difficile, ingrata, il passaggio dalla fanciullezza alla pubertà. Enzo, figura chiave del romanzo, è infatuato della cugina Spina che gli ricorda Alida Valli e quel film che aveva visto e in cui l’attrice canta: “Ma l’amore no, l’amore mio non può….”. Enzo che alla fine, insieme al nonno Ferdinando, forse per un attimo rinsavito, prende in mano le redini della storia, e saprà bene cosa fare della collana maledetta.

Un epilogo a sorpresa, dove la verità della fanciullezza, la sua sincerità priva di sovrastrutture, vincono su tutto e su tutti.

Antonella Ossorio, autrice di libri di narrativa per bambini e ragazzi pubblicati da Einaudi, Rizzoli, Giunti, reduce dal successo del suo romanzo La mammana (Einaudi), Premio Società Lucchese dei Lettori 2015, con questa nuova prova, dimostra la complessità e insieme il fascino di una scrittura matura e piena, che si colloca a buon diritto nel panorama letterario italiano. Un bel romanzo, una storia solida, rocambolesca e con tanti colpi di scena, che si legge tutto d’un fiato rimanendo avvinti alla trama e ai suoi personaggi.

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