Leonardo Tondo
“Chiamami col tuo nome”, il film e il libro

Condanne d’amore

Sul grande schermo, la storia dell'incontro amoroso tra un ragazzo e un giovane uomo in un’estate italiana ha una sua furbizia hollywoodiana ma ha anche il merito di sfidare lo spinto puritanesimo americano. Il libro, invece, restituisce la vicenda con maggiore autenticità. Tratto comune: l’“Amor ch’a nullo amato amar perdona”

Non credo sia uno spoiler scrivere che quella di Chiamami col tuo nome sia una storia d’amore (l’ho detto) tra un adolescente (assenza dell’apostrofo) e un giovane americano ventiquattrenne, ospite del padre, erudito archeologo, che passerà con la famiglia sei settimane dell’estate 1983 per preparare una tesi su Eraclito. Occuperà la stanza del figlio e da cosa nascerà cosa. A parlare male del film (sugli schermi italiani dal 25 gennaio) si fa fatica, però l’americano, Oliver, ha l’aria più di un baywatcher che di un filosofo-archeologo in erba e non sarà uno sforzo per il ragazzo e tutte le sue amiche innamorarsi di lui. La famiglia è internazionalmente ebrea e in casa si parlano scambievolmente tre lingue (almeno nella versione originale): francese più che italiano,  e il diciassettenne Elio, unico figlio, lo parla con un forte accento straniero, mentre – esigenza cinematografica – l’inglese lo parlano tutti. Ma questi sono dettagli.

La storia tra i due inizia negli ultimi giorni della permanenza di Oliver nella villa delabrée del professore nella campagna lombarda e si svolge con le delicatezze e le tristezze del caso, fino alla separazione con la partenza dell’abbronzato americano da una stazioncina vicino Bergamo. Le promesse sono quelle estive e si scontrano con la realtà invernale, tipicamente più fredda e malinconica. I sentimenti che si liberano in un luogo distopico dell’anima, devono essere richiusi in un cassetto quando si riprende il contatto con la vita quotidiana, con gli obblighi, con il lavoro, nella visione calvinista e punitiva della nostra cultura del dovere e della società produttiva. Ma tant’è, questo è il nostro medium.

La storia ha una sua furbizia hollywoodiana: sottolinea la seduzione, il sesso, la sensualità e i baci tra i due giovani uomini ma poi sottilmente li nega nel timore di dispiacere genitori benpensanti, elettori di Trump e Salvini. Per depotenziarla, sono utilizzati vecchi trucchi: i due attori non devono essere gay nella loro vita reale e i loro personaggi devono accoppiarsi anche con donne, tanto da apparire eterosessuali curiosi, così da ridimensionare la loro attrazione. Infine (punto continuamente ribadito nelle storie di amore omosessuale), la loro storia deve durare il tempo di un’ebbrezza estiva e finire con dolore. A ben vedere un passo avanti è stato fatto, ed è quello che in questo caso non si assiste alla tragedia finale della ragazza che muore nell’incendio purificatore come in Ha ballato una sola estate, o nella vicenda same-sex di Brokeback mountain (stesso pattern: due attori etero, con moglie e figli nel film, finale punitivo con omicidio di uno dei due a causa della sua omosessualità).

Il grande merito del regista e dello sceneggiatore (Luca Guadagnino e James Ivory), ambedue gay, è di aver portato alla ribalta cinematografica una storia d’amore che non ha confini determinati dal sesso dei protagonisti e dalla loro differenza di età (che non è casuale), facendo così una scelta precisa in tempi di spinto puritanesimo sessuale. Non a caso, la vicenda si svolge in luoghi italiani dove la sessualità gode di libertà, almeno teoriche, più ampie rispetto a quelle transatlantiche. Sebbene pochi, i sette anni che dividono l’adolescente minore e l’uomo più adulto, in altri luoghi o circostanze sarebbero stati sufficienti per additare comportamenti immorali e illegali (adombrati inizialmente da Oliver, ma presto superati). E proprio perché siamo in ambienti mediterranei, la reazione dei genitori è il tocco geniale del film: capiscono e approvano. Questo è probabilmente il messaggio più importante che dovrebbe insegnare a tutti a rispettare le attrazioni dei figli alle prese con le loro crescite sentimentali.

Di fondo rimane la riflessione che, come in altri film di successo e di argomento simile, dietro all’apertura si nasconde un segnale punitivo e omofobico ancora più pericoloso perché nascosto. Due uomini che si innamorano sono destinati alla delusione, ma in fin dei conti come per le storie più regolari.

Il libro di André Aciman (edito in Italia da Guanda, da leggere dopo aver visto il film) è tutto un’altra storia: è il ricordo di una estate e delle sue conseguenze affettive di venti anni prima, nella casa di famiglia del protagonista, su una costa tra Toscana e Liguria, non lontano da dove venne ritrovato il corpo affogato del poeta trentenne Percy B. Shelley. Il finale vede i protagonisti in una Roma ubriaca, confusa, malinconica, esaltata e antica come può esserlo solo questa città; senza tempo, dove la notte si confonde con il giorno. I luoghi della narrazione sono più ampi di quelli del film e Roma come luogo di separazione è una scelta finissima, un misto fra passione e dolore, fra compagnie affollate e silenzi rotti dai passi sui sampietrini.

Il copione è lo stesso ma articolato, ricco e veramente sentimentale. Partecipiamo ai pensieri del giovane e dell’adulto, a quelli passati, a quelli presenti, a tutto il loro svolgimento, alle più sfumate sensibilità, e allora sì che tutto si ricolloca nella giusta posizione. Ma la trama non si ferma qui, arriva fino al presente del narratore-protagonista per raggiungere un nadir emotivamente autolesionista tanto comune in milioni di storie d’amore quando non si è avuto il coraggio di dire e di fare al momento giusto, trascinando emozioni sfilacciate e consumate ma ancora struggenti per il resto dei giorni. È evidente che questi sentimenti non siano inventati e che facciano parte dei ricordi dello scrittore per la loro profondità e universalità. Non cambia però quel tono di condanna senza tempo dell’amore (Amor ch’a nullo amato amar perdona) che dai tempi di Paolo e Francesca sembra essere l’unico modo in cui possiamo innamorarci delle storie d’amore.

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