Tina Pane
Vacanza in Bulgaria

Il silenzio di Sofia

Sofia è una città carica di storia ma chiusa nel suo elegante riserbo. Pochi parlano inglese: il presente globale qui è appena arrivato. E forse per questo è così difficile cogliere i segni del passato comunista

Ha da poco spiovuto quando usciamo dal Terminal 1 del piccolo aeroporto di Sofia. Il selciato è bagnato e l’aria fredda colpisce come un piacevole schiaffo dopo il caldo sofferto sul volo della Wizz Air. C’è ancora abbastanza luce per ammirare gli ultimi minuti di un tramonto infuocato che si posa sugli edifici alti e squadrati e sulle insegne già accese della tangenziale, che ci porta in centro, 7 chilometri in poco più di 10 minuti.

Il nostro hotel è un cinque stelle con molto aplomb e svariate pecche nel servizio, ma la camera è ampia e confortevole e ha un affaccio libero che guarda un moderno edificio di uffici e un agglomerato di vecchie case dalle facciate rovinate. Una contiguità di contrasti che ritroveremo non solo a livello di architettura durante tutto il soggiorno.

Il nostro primo impatto con la capitale bulgara, la terza capitale più antica d’Europa, dopo Atene e Roma, è con i due grandi boulevard Dondukov e Osvoboditel, che convergono nel punto in cui i lavori per la metropolitana hanno svelato le rovine romane. Sferzati dal vento gelido, mostrano una sequenza di edifici alteri e di rappresentanza, naturalmente chiusi di sabato sera. Incontriamo qualche ristorante vuoto e pochissima gente frettolosa che si ferma a comprare le sigarette, la frutta o una bottiglia di Rakija in piccoli chioschetti barricati contro il freddo o in più confortevoli e riscaldati empori. Un po’ spaesati, finiamo per cenare nell’unico locale con un po’ di gente dentro, accettando a malincuore che si tratti di una catena spagnola. La carne e il vino sono buoni, ma il personale parla poco l’inglese e soprattutto ignora il concetto, da noi ormai così diffuso, del gluten free. 50 leva (poco più di 25 euro) il conto per due, un importo che si ripeterà identico per quattro sere in quattro posti completamente diversi.

L’indomani ci svegliamo col sole e con una colazione buona ma tutta sbilanciata sul salato: formaggi e affettati, ma anche aringhe, salmone, uova, cetrioli, funghi… quasi un brunch, se non fosse che mancano biscotti e fette biscottate e che le poche fette di torta sono un evidente avanzo dei dessert proposti la sera prima dal ristorante. Anche qui nel cinque stelle, poi, prima di ottenere una confezione di pane senza glutine assistiamo a uno sbigottito consulto tra il personale di sala e quello di cucina.

Decidiamo di fare un giro libero, lasciando in camera la Guida Touring edizione 1979, portata quasi come una reliquia, e avendo trovato chiuso l’ufficio del turismo, aperto solo dal lunedì al venerdì. Abbiamo una mappa della città presa in hotel: sarà il nostro vademecum. Oltre a consentire di orientarci, dà indicazioni sintetiche e precise sui principali monumenti, su ristoranti, locali e casino, su mezzi di trasporto, escursioni, cibo tipico, eventi.

Cominciamo da Alexander Nevski, la cattedrale che domina la città, monumento simbolo, isolato al centro di grandi viali, con fuori pullman di turisti mai visti altrove e protetto all’interno da personale in camice da lavoro che si avvicina continuamente per verificare che abbiamo pagato i 10 leva richiesti per poter fotografare. L’interno è vasto e opulento, ricco di quadri e di icone, di lampadari giganteschi, di piccoli altari accanto ai quali i fedeli si fermano a pregare, a inchinarsi, a baciare una figura, ad accendere una candela, in un ripetersi in fondo così simile dei gesti della devozione, in qualsiasi religione espressi.

Poi risaliamo il grande, elegante boulevard di Tsar Osvoboditel, su cui affacciano le belle e colorate facciate liberty delle ambasciate (compresa quella italiana, che accoglie anche l’Istituto di Cultura), la chiesa russa di San Nicola, fervente di culto domenicale, tre musei e svariati locali di tendenza, compreso – se di tendenza si può parlare – un Ristorante Napoletano con annesso Streeptease Bar e sagome di coniglietti Playboy nell’insegna. La strada, tutta lastricata a mattoncini rettangolari gialli posti più di un secolo fa per celebrare le nozze dello zar Ferdinando, è linda, e si apre a monte e a valle in giardini con alberi, aiuole e panchine. Finisce in una grande e lunga piazza, dove si passano in rassegna la Presidenza della Repubblica, gli scavi archeologici della città romana e la piccola e sottoposta chiesetta di Sveta Petka. Su tutto ciò e sulle insegne delle banche (Unicredit su tutte) svetta la statua di Sofìa, intesa come sapienza e non come santa, posta su una colonna alta 24 metri, realizzata nel 2001 per dare un simbolo moderno alla città.

È sicuramente da qui, e non dalla cattedrale, comunque, che dovrebbe cominciare un tour della città. Perché qui e negli immediati dintorni vi sono i resti e le prove del glorioso passato romano della città chiamata Serdica, qui vi sono la Moschea di Banya Bashi e la bella Sinagoga costruita in stile neomoresco nei primi anni del ‘900, qui il Mercato Centrale con alimenti da consumare o da portare, stand di abbigliamento, profumeria, candele, oggetti in legno, ricami, spezie, ceramiche. Sempre in questa zona vi è l’interessantissimo Museo della Storia della Città (raccomandato!), le fonti di acqua termale (con una tabella delle varie proprietà curative) a cui la gente attinge con grossi boccioni, la Rotonda di San Giorgio (la più antica chiesa della città letteralmente incastonata in un quadrilatero di palazzi otto e novecenteschi), l’affascinante chiesa di Sveta Nedelya, l’imponente facciata del Palazzo di Giustizia, con leoni dall’espressione cattivissima, davanti al quale partono ogni giorno visite guidate gratuite della città.

Il posto più vivace, globalizzato ed europeo della capitale è sicuramente la via Vitosha, una larga e lunga rambla che prende il nome dalle omonime montagne innevate che la chiudono a sud quando termina nel grande parco che ospita il Palazzo della Cultura e aiuole con migliaia di violette. A Vitosha c’è vita h24. Hotel, grandi marchi, qualche negozio di lusso, franchising bulgari e no, i soliti Benetton, H&M e Zara, ristoranti e bar, uffici di cambio free commission, locali e localini di ogni tipo, etnia e tasca. Di mattina, un passeggio di genitori con figli, comitive di ragazzi, anziani e qualche gruppetto di radi turisti; di sera, locali pieni di gente che consuma, chiacchiera, fa incontri e ad Halloween orde di ragazzi truccati e travestiti alla ricerca del posto giusto per passare la serata.

Qui, come altrove, come in tutte le strade percorse, colpisce l’atteggiamento civile e pacato delle persone, l’alternarsi di benestanti e indigenti, il rincorrersi di architetture miste e mischiate, di cortili imprevedibili dietro dimessi portoncini e un senso percepibile di sicurezza. Sofia appare molto verde, molto pulita e dotata di un efficiente sistema di trasporti con tram e filobus mai affollati, due linee di metropolitana che assicurano il collegamento anche con l’aeroporto, taxi estremamente convenienti e una stazione di autobus che collegano la capitale con molte località del paese. Una città di profilo elegante e mitteleuropeo, dove sembrano una conquista e un must le catene di profumeria e detersivi DM (che espongono in vetrina a prezzi nostri Dixan e Nivea, L’Oreal e Vernel) e i supermercati Lidl e Billa dove risulta estremamente conveniente fare la spesa tranne che – ovviamente – per prodotti italiani come olio d’oliva, caffè e pasta.

Molti casino, sexy-shop e centri scommesse, ma anche molti teatri, molti parchi tenuti benissimo con panchine in ottimo stato, molti mercatini in tutte le zone, dove facce di venditori contadini che propongono prodotti ortofrutticoli si mischiano a quelle di cittadini di origine musulmana che hanno cover per i cellulari, pashmine economiche, cappelli e guanti.

In pochi parlano inglese e nessuna guida della città in lingue straniere abbiamo visto tranne che in un negozio di artigianato locale scovato per caso vicino all’hotel poche ore prima di partire. Così non è facile parlare, interrogarli sul loro passato socialista e sul loro ingresso nell’Unione Europea (ma non nell’area Schengen) dieci anni fa. L’ostacolo dell’alfabeto cirillico fa il resto, e infatti, spulciando i blog di turismo e i consigli di viaggio dei tour operator si trova quasi sempre la stessa opinione, e cioè che Sofia non sia una bella città. Gli autori si affrettano a mettere le mani avanti, Sofia non è paragonabile ad altre capitali europee e se proprio decidete di andare non vi aspettate molto, affermano.

L’impressione, invece, è che la città, storico crocevia di culture e snodo commerciale, abbia molto da mostrare, e anche qualcosa da insegnare. Per farlo, e guadagnare un posto di rilievo tra le mete europee, occorrerebbe un serio progetto turistico che aiuti e faciliti il visitatore, a cominciare dalla doppia scrittura di tutte le insegne stradali o dall’introduzione di una segnaletica con percorsi turistici. Anche perché nel 2019 la vicina città di Plovdiv dividerà con Matera il titolo di Capitale Europea della Cultura.

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