Francesco Arturo Saponaro
Ultime repliche all’Opera di Roma

Fra Diavolo, eroe pop

Smagliante edizione dell’opéra-comique grazie alla fantasiosa regia di Giorgio Barberio Corsetti, alla scenografia creata con stampante in 3D, alla messinscena tutta. E la compagnia di canto e il corpo di ballo assecondano la verve della partitura...

A detta dei responsabili, è in assoluto il primo spettacolo teatrale la cui scenografia sia stata creata con stampante 3D. Tanto che, per fabbricarla, la WASP – ditta italiana leader nella costruzione di stampanti 3D, e partner tecnologico dell’Opera per questo allestimento – ha dovuto prendere in affitto un capannone alto dodici metri, dove ospitare la macchina stampante appositamente concepita. E in più, se in futuro si volessero dismettere queste stesse scene, i vari componenti si potranno interamente riciclare, essendo la materia prima a base di mais. Fra Diavolo, opéra-comique del 1830, con musica di Daniel Auber su testo di Eugène Scribe, è in scena (con repliche fino al 21 ottobre) al Teatro dell’Opera in un’edizione smagliante, nell’originale francese con traduzione in sovratitoli. E in scena la facciata sghemba, divisa in due moduli che si dividono o ricompongono a seconda dei momenti, facciata che ospita l’Osteria di Terracina sede del vivace soggetto, è proprio il frutto della tecnologia 3D.

Sul palcoscenico romano, Fra Diavolo era apparso una volta sola, oltre centotrent’anni fa. Strano, perché è un titolo che ha goduto di larga fortuna nei secoli XIX e XX, in tutta Europa. Tanto che il libretto fu tradotto in varie lingue, anche in italiano. E molti avranno visto anche il fortunato, omonimo film con Stanlio e Ollio, del 1933, e ne ricorderanno le celebri arie lì inserite. Che cos’è un’opéra-comique? In Francia è una forma di teatro musicale che nasce nel Settecento e fiorisce soprattutto nell’Ottocento, su soggetti meno nobili e in un contesto meno impegnativo dell’opera seria. È uno spettacolo misto, per la peculiarità dell’alternanza di brani cantati e dialoghi parlati. L’opéra-comique non va però assimilato all’opera buffa italiana, anche perché non obbligatoriamente di soggetto comico o leggero: un dramma come la Carmen di Bizet, ad esempio, nasce come opéra-comique, appunto per la presenza dei dialoghi al posto dei recitativi intonati.

Ma chi era Fra Diavolo? Storicamente, il capobanda Michele Pezza (1771-1806) che dalla sua base di Itri si batteva, a fine Settecento, nel territorio casertano in sostegno ai Borbone, ai sanfedisti del cardinale Ruffo, e alla flotta inglese, contro i Francesi che invece appoggiavano la Repubblica Partenopea del 1799. E si batteva con coraggio temerario, che gli ha guadagnato quel nomignolo nonché l’aureola delle leggende popolari. I Francesi lo etichettarono come brigante e rapinatore e, temendone appunto la simpatia popolare in suo favore, si affrettarono a impiccarlo nel 1806, appena lo ebbero per le mani. Un fondale storico, che qualche decennio dopo offre al musicista Auber e al librettista Scribe, autori del Fra Diavolo, il destro per l’impiego di alcune risorse che saranno nuove, e tipiche dell’opéra-comique. L’ambientazione mediterranea ad esempio, con uso di motivi e danze popolari, o anche il percorso narrativo, fondato sull’inedita dialettica fra ambienti sociali signorili e frange di sottoproletariato, magari fuorilegge e brigantesche.

Grazie alla brillantissima partitura di Daniel Auber, intessuta di pagine accattivanti ancorché leggere, e grazie al fantasioso progetto scenico di Giorgio Barberio Corsetti, regista dello spettacolo, questo Fra Diavolo dell’Opera procede in continuo, suggestivo dinamismo. Il primo atto sembra volare in un attimo, e invece supera l’ora. Segno che lo spettacolo funziona, e infatti diverte sino alla fine. Fin dall’ouverture, la messa in scena di Barberio Corsetti sbaraglia le convenzioni, introducendo l’imprevedibile proiezione di un’automobile spider, che avanza veloce tra effetti e fumetti apertamente pop, che si rinnoveranno nel prosieguo dell’opera. Animazioni surreali, ben in linea con l’argomento e con i momenti via via languidi o effervescenti della musica. Accanto a Barberio Corsetti, per la scenografia va dato merito anche a Massimo Troncanelli, a Francesco Esposito per i costumi anni 50-60, ai bei video di Igor Renzetti, Alessandra Solimene, Lorenzo Bruno, a Marco Giusti per il disegno luci, alle garbate coreografie di Roberto Zappalà ben realizzate dal Corpo di Ballo del Teatro.

L’incessante brio della veste ritmica e l’effervescenza della musica – che rivelano un debito evidente verso il coevo linguaggio di Rossini, in quegli anni dominatore delle scene europee – hanno trovato adeguato interprete nel giovane direttore d’orchestra, lo scozzese Rory Macdonald [sic]. Questi ha assecondato la verve della partitura, nel binario di un gusto raffinato e attento, valorizzando in orchestra gli indispensabili colori. E anche il coro, istruito dal maestro Gabbiani, ha assolto degnamente il suo ruolo importante. Egregiamente assortita la compagnia di canto, che ha avuto nel tenore statunitense John Osborn, Fra Diavolo, la punta di diamante sia nella duttile, plastica vocalità, sia nell’equilibrio di accenti, ben dosati secondo le esigenze della verità teatrale. Il soprano Anna Maria Sarra ha risolto efficacemente le diverse sfumature e le impegnative pagine del suo personaggio, Zerlina, ben contrappesata dalla resa del tenore Giorgio Misseri nella parte del suo spasimante, Lorenzo. Lussuose seconde parti, ma mica tanto seconde, erano il mezzosoprano Sonia Ganassi e il baritono Roberto de Candia, impeccabili nei personaggi dei turisti inglesi, Lady Pamela e Lord Rocburg. A completare l’omogeneità del cast, prove onorevoli hanno offerto anche il basso Alessio Verna, nella parte dell’oste Matteo, nonché il basso Jean Luc Ballestra e il tenore Nicola Pamio, come Giacomo e Beppo, i due fuorilegge sodali di Fra Diavolo.

 

 

 

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