Marco Ferrari
A proposito de "Il fratello tedesco”

Chico e famiglia

Il nuovo libro di Chico Buarque de Hollanda è un romanzo autobiografico che racconta il carisma del padre del grande musicista brasiliano nonché la lunga ricerca di un fratello fantasma

Ha segnato un’epoca, ha scritto la colonna sonora di intere generazioni, ha colorato di poesia la bossa nova e cantato contro ogni dittatura: Chico Buarque de Hollanda ora è diventato uno scrittore affermato, frutto della sua proverbiale saggezza e della completa maturità. Chico sembra eterno ma non lo è poiché il tempo corre per tutti e a 73 anni compiuti ci ha regalato un nuovo gioiello, questa volta un romanzo autobiografico, Il fratello tedesco (O Irmao Alemao), pubblicato in Brasile da Companhia das Letras e in Italia da Feltrinelli. Nel suo oscillare tra poetica e ironia sull’esistenza, tra sogno e realtà, Chico pesca nella storia di famiglia, in cui si racconta che il padre, Sergio Buarque de Hollanda, avrebbe avuto un figlio in Germania, ancor prima di sposarsi con la madre del cantante. Il racconto si dispiega tutto sul campo dell’ipotesi con un uso del condizionale spesso eccessivo, ma di forte tensione emotiva, visto che il padre non avrebbe contattato la sua ex compagna appena avuto il piccolo. Solo nella seconda guerra mondiale si aprì uno spiraglio sulla vicenda quando la donna avrebbe scritto in Brasile per ottenere dei certificati che provassero l’inesistenza di una discendenza da ebrei e, quindi, per poter sfuggire alla persecuzione messa in atto dai nazisti.

Tutto prende l’avvio quando il giovane Francisco trova per caso una lettera scritta in tedesco tra le pagine di uno dei libri del padre, un erudito studioso dotato di una delle biblioteche private più ricche del Brasile. Da quel momento inizia un’indagine, spesso condotta in modo strampalato e casuale, per scoprire qualche notizia sul presunto fratellastro nato in terra teutonica. Nel suo incidere e inciampare sulle orme del passato, si scopre che il padre, quando viveva in Germania agli inizi degli anni ‘30 lavorando come corrispondente di un giornale, aveva avuto una relazione con una giovane tedesca, Anne Ernst. Rimasta incinta, la donna non aveva potuto seguire Sergio quando era stato richiamato in Brasile dal giornale. La distanza atlantica e la guerra avevano finito col determinare una frattura totale tra i due sino al punto in cui il bambino era stato dato in adozione. Dal Brasile Sergio si era pure prodigato per far trasferire il bambino oltreoceano o per fornirgli un reddito, ma poi non se fece nulla.

Il cuore della storia è la San Paolo degli anni sessanta, il periodo peggiore della dittatura militare con scontri di piazza, sparizioni di massa, mancanza di libertà politiche. Una esperienza che il cantante ha vissuto in prima persona perché, come sappiamo, fu arrestato nel 1968 e spinto all’esilio in Italia l’anno successivo. Nel romanzo si assiste alla sparizione del fratello del protagonista, Domingos e del suo migliore amico, Ariosto. Le madri inizieranno una disperata ricerca dei figli, private via via di illusioni e speranza, mentre il padre Sergio morirà subito dopo la scomparsa del figlio, non reggendo la terribile tensione. In un finale a sorpresa Francisco si reca in Germania per chiudere finalmente i conti con il suo passato e con il suo “fratello tedesco”. Il ritmo incalzante della storia lascia spazio a vicende intimistiche, mentre il cantante mostra i suoi limiti nella descrizione dei momenti topici che quasi vengono frettolosamente superati con un certo distacco e indifferenza, lasciando il lettore con una serie di punti interrogativi stampati in testa.

Di certo, il Chico Buarque cantautore è meglio del Chico Buarque scrittore, ma anche in questa veste l’artista brasiliano più conosciuto al mondo dimostra una certa originalità, come già evidenziato nelle precedenti opere, Disturbo (Mondadori, 1992), Benjamin (Oscar Mondadori, 1999), Budapest (Feltrinelli, 2005), Latte versato (Feltrinelli, 2010). Il primo ha dato vita al film omonimo di Monique Gardenberg (2003), mentre il secondo, in brasiliano Estorvo, ha dato lo spunto a Ruy Guerra per la pellicola di successo che ha partecipato alla 53ª edizione del Festival di Cannes del 2000.

Per il lancio del suo nuovo libro, Chico Buarque ha realizzato un video con la lettura di un brano presentando il personaggio Ciccio (così chiamato poiché la madre è di origine italiana) che ricorda la sua infanzia raccontando il desiderio del padre, noto sociologo e storico, di scrivere “il miglior libro del mondo”. Nella verità dell’esistenza Chico e i suoi numerosi fratelli, Heloísa Maria (la cantante Miúcha), Sérgio Filho (Sergito), Álvaro Augusto, Maria do Carmo (Pií), Anna de Hollanda (già ministro della cultura) e Cristina hanno cercato il loro fratello tedesco, ma senza esiti positivi. Di certo il periodo trascorso in Germania fu determinante per il padre che scrisse il libro Radici del Brasile, pubblicato nel 1936, lo stesso anno in cui Sérgio Buarque si sposò con Maria Amélia, madre di Chico Buarque e degli altri suoi fratelli. L’italianità del protagonista e della madre rinvia invece al periodo di esilio del cantante. Durante la sua permanenza in Italia, Chico Buarque De Hollanda ha inciso anche due album in lingua italiana: uno nel 1969, intitolato semplicemente Chico Buarque De Hollanda, ristampato poi in Brasile con il titolo Chico Buarque na Itália, e il secondo intitolato Per un pugno di samba, nel 1970. Con testi tradotti da Sergio Bardotti, il secondo album gode degli arrangiamenti di Ennio Morricone mentre tra le coriste figurano le due giovani sorelle Mia Martini e Loredana Bertè. Così Chico è parte integrante della storia musicale italiana, oltre che brasiliana.

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