Alberto Fraccacreta
L'elzeviro secco

Le Bufale Bill

Infuria la polemica sui fake e la post-verità. Il “post” non sta per “dopo”, ma per “al di là”: e secondo alcuni, con queste bufale c'è chi tenta di governare il mondo

Il Vangelo di Giovanni è il più filosofico, tautologico, poetico. Ma, tra i tanti, c’è un passo, Gv 18: 37-38, di difficile interpretazione: «“Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce ”. Gli dice Pilato: “Che cos’è verità?” E detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei». Pilato interroga, ma lascia cadere la sua domanda. Il suo è scherno, come vorrebbe Nietzsche? È una posizione filosofica autonoma? Credo che, ragionando innanzitutto da politico, l’intento di Pilato sia quello autoritario dell’Antitrust, una manovra per arginare fake news che pure non riesce a controllare. Gesù – ripete incessantemente Giovanni – è innocente, è Agnello; e infatti Pilato dichiara al popolo aizzato: «Io non trovo in lui nessuna colpa». Eppure, ci sono interessi amministrativi a causa dei quali, al di là del vero, è sempre meglio spegnere qualsiasi focolaio sociale.

Sono stato alla mostra Mater Misericordiae al Palazzo del Duca di Senigallia. La Vergine delle rocce (Cheramy, collezione privata) è un capolavoro di realismo, ma presenta la solita ambiguità leonardesca. Perché l’angelo indica Giovannino e non il Redentore? «Chi è Gesù dei due?» ha tossicchiato una signora nell’orecchio del marito. Ha controllato prima sulla scheda informativa, poi sullo smartphone. Immagino non abbia trovato risposta, o forse solo una post-verità. «Quid est veritas?».

Il rischio di un ministero della post-verità, la tentazione di un controllo internazionale sulle notizie false diffuse sul web coincide, oggi, con l’avvallamento in cui Pilato smorza il suo tragitto proconsolare. Può esistere un Organo mondiale sull’autenticità dell’informazione? Possono esistere detentori umani di una verità assoluta? Sì, nei romanzi di Dostoevskij, Orwell e Huxley. Cfr. la leggenda del Grande Inquisitore o lo scigaliovismo ne I demoni. Cose che non vanno a finire troppo bene. Non siamo così lontani. «Tì estì aletheia?».

L’Oxford English Dictionary, intanto, ha eletto “post-truth” parola dell’anno 2016. Peccato per “petaloso”. Una cosa terribile delle piattaforme digitali è l’errata attribuzione di aforismi. La celeberrima frase «Il futuro non è più quello di una volta», per esempio, è assegnata a decine di autori diversi. Fiorirà prima o poi anche una filologia digitale, che si occuperà di rimettere le citazioni al loro posto?

Cambiamo prospettiva. È Pilato che lascia cadere la domanda o è Cristo che non risponde e costringe Pilato ad un silenzio che gli pesa, dal quale tenta di fuggire? È noto anche l’anagramma agostiniano est vir qui adest, è l’uomo che hai davanti, cioè la risposta implicita nella stessa domanda. Le giurie popolari potrebbero essere simili ai massacratori mediatici che richiamo Pilato nel fuori, nell’aperto, nell’uscita. Nell’eludere se stesso. Le grida lo distolgono della sua stessa domanda, che è già una risposta. Il tribunale del popolo può anche mettere in croce.

Un fatto del 15 dicembre 2016: Zuckerberg, fondatore di Facebook, espone il suo progetto per frenare la diffusione di notizie false. Link condivisi sul social potranno essere indicati dagli utenti come “forse falsi”. Sarà inserito un comando «segnala post che non dovrebbe essere su Facebook, perché notizia falsa», imperativo categorico-relegante al di là del bon-ton. Segnalazioni ripetute saranno analizzate, con il supporto di parti terze (e torniamo a Dostoevskij). Se la notizia sarà giudicata dubbia, perderà visibilità e non potrà essere sponsorizzata. In questo modo si aggira la censura (?). Il vero non è più vero, ma il forse falso. Nulla da eccepire su questo principio di falsificabilità à la Popper, se non che si pretende di rendere scienza l’accesso ai social.

Sembra che i maggiori fautori dell’epoca delle post-verità siano americani, attratti e al contempo repulsi dalla filosofia acronologica di una dimensione oltre la verità. Il “post” non sta per “dopo”, ma per “al di là”. Addirittura, secondo fautori del cospirazionismo, la brexit e le elezioni che hanno visto Trump vincitore, si sono giocate su un fitto equilibrio di attacchi mediatici e bufale croniche. In questo caso si parlerà, dunque, di Bufale Bill.

Non ha importanza cosa sia verità. È essenziale che una notizia rechi in sé una tale forza emotiva da apparire in linea con le nostre immaginarie rappresentazioni della realtà: alla fine, essa diviene ciò che ci piace dire e sentire. La verità deve essere legata all’instabilità del nostro sentimento: quindi mobile, piacente, prospettica. Doxa, opinione. In questa «corrispondenza di amorosi sensi» tra il fatto modellato a nostro gusto e il gusto di raccontare un fatto risiede il penoso tentativo reazionario di “militarizzare” l’immaginazione e appropriarsi della verità, come fosse un oggetto controllabile, sino ad allontanarsi, alla maniera di Pilato, senza nemmeno udire. L’atteggiamento del procuratore romano è quello di chi vuole risolvere un problema non considerando che ha la soluzione a portata di mano. Va via, si affanna, tenta anche di salvare il salvabile. Non ascolta: né la sua domanda, né il silenzio di chi ha dinnanzi.

Il testo greco del passo evangelico dice espressamente: ek, da. Non «chi è per la verità…» (complemento di fine), ma «chi è dalla verità…» (complemento di origine, provenienza). Prima di ogni possibile antidoto al male, la domanda è: ci appartiene la verità?

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