Marta Morazzoni
Un libro per Natale

La natura nel cuore

Uno sguardo luminoso sul mondo, il racconto di un’esperienza semplice e molto umana, la mano felicissima di un grande scrittore, Gunnar Gunnarsson: da non perdere le 88 pagine de “Il pastore d'Islanda”

Un piccolo libro che affonda nell’anima del lettore come i passi del pastore Bededickt affondano nella neve che copre l’Islanda nel tempo dell’Avvento. Sono 88 pagine di pace, incredibile a dirsi!, che raccontano di un uomo che insieme al suo cane e a un ariete si avventura in montagna a recuperare le pecore disperse, quelle che altri pastori più frettolosi e distratti hanno rinunciato a cercare nella stagione d’autunno, quando le greggi vengono riportate a valle. Queste bestie non sono patrimonio di Benedickt, ma sono creature la cui vita ha senso e non va dimenticata.

cop-gunnarssonDue animali lo accompagnano nell’impresa che si fa di giorno in giorno più complicata, perché l’età del pastore non è più verde, perché strada facendo non si sottrae ad altre richieste di aiuto e quindi perde, o meglio dedica giorni preziosi ad altri. Non è un caso che siano appunto due animali ad essergli fedeli compagni nell’impresa: un giudizio implicito sulla pochezza della natura umana? No, nessuna considerazione negativa cade sugli uomini, anche su quelli che conoscono per lo più egoismi e superficialità; in primo piano sono invece la felicità quieta di un rifugio raggiunto appena in tempo, quando la natura si fa inclemente, il piacere di un caffè caldo al riparo dalla tormenta, la dolcezza nello sguardo del cane, la tenacia ostinata dell’ariete.

Sembra che non ci voglia molto a scrivere un libro così, e invece proviamo a rileggerlo! Ci vuole una grandezza d’animo rara, uno sguardo luminoso sul mondo e una esperienza della natura nel suo duplice volto di madre e di matrigna. Ci vuole infine la mano felicissima dello scrittore, Gunnar Gunnarsson, uno dei grandi d’Islanda, formatosi culturalmente e linguisticamente in Danimarca, per poi tornare alla sua terra, fonte sempre e comunque della migliore ispirazione. Gunnarsson muore nel 1975, il suo nome è meno famoso di quello del conterraneo Laxness, che pure gli riconosce la qualità di grande narratore e si fa anche suo traduttore dal danese all’islandese. È una piccola storia quella de Il pastore d’Islanda (traduzione di Maria Valeria D’Avino, postfazione di Jon K. Stefansson, Iperborea, 135 pagine, 15 euro), un frammento significativo di una produzione letteraria che continua a essere un segno profondo, inciso nel cuore del Nord e per noi, oggi, un richiamo senza retorica a quella natura di cui ci riempiamo la bocca e molto meno il cuore e il cervello.

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