Angela Di Maso
Ritratto d'artista

Ritorno all’attore

Nello Mascia: «Occorre affermare una nuova idea di teatro basata sugli attori che riconquistino il centro del palcoscenico. Mille compagnie di "Attori Indipendenti" per scacciare i mercanti dal tempio»

Nome e cognome: Nello Mascia.

Professione: Attore, regista.

Età: 69.

Da bambino sognavi di fare l’attore? A tredici anni mio padre volle portarmi al Mercadante. Si dava una commedia di cui non ricordo il nome. Quello che ricordo è che eravamo cinque spettatori. Compresi io e mio padre. Ci sistemammo in poltrona. Si fece buio. E dal sipario chiuso uscì fuori un vecchietto. Molto simpatico e dal fare molto socievole. Disse più o meno così: «Questa sera, secondo una consuetudine teatrale, essendo gli spettatori in sala inferiori per numero agli attori in palcoscenico, potremmo non fare lo spettacolo, e potremmo restituirvi il costo del biglietto. Ma non lo faremo. Noi questa sera faremo un’altra cosa. Faremo per voi il più bello spettacolo della nostra vita». Quel vecchietto era Sergio Tofano. Ecco. Se qualcuno mi chiedesse quando ho deciso di fare l’attore, credo che risponderei: in quella magica affascinante memorabile sera del Mercadante.

Cosa significa per te recitare? Giocare. Il teatro assomiglia un po’ alla felicità. Un luogo in cui incontri compagni. In scena e in platea. Compagni. Parola bellissima anche nella sua etimologia: compagno deriva dal latino medievale “companio” “che mangia lo stesso pane”, composta di “cum” “con” e “panis” “pane”. Ho ancora nell’orecchio il “Care compagne, cari compagni” usata nelle assemblee e nei comizi della mia giovinezza. Ho ancora nella memoria e nel cuore i sogni e le speranze di quegli anni.

Il tuo film preferito?  Tempi moderni di Charlie Chaplin e Totò, Peppino e la malafemmina.

Il tuo spettacolo teatrale preferito? (Fatto da te o da altri) Tutto Strehler. E tutto Eduardo. Quelli che ho fatto io li ho amati quasi tutti.

Qual è l’attore da cui hai imparato di più? Eduardo.

Qual è il regista da cui hai imparato di più? Eduardo. E Strehler.

nello-mascia4Il libro sul comodino. Ulisse di Joyce. Domani finisco di leggerlo. Sono vent’anni che lo penso. Quelli che consulto di tanto in tanto: Le avventure di Pinocchio, La Grammatica della Fantasia di Gianni Rodari, Che fare? di Černyševskij.(sono un inguaribile vetero-comunista).

La canzone che ti rappresenta: Tutto Tenco. Tutto Ciampi.

Descrivi il tuo giorno perfetto. Un cielo senza nuvole.

Il primo bacio: rivelazione o delusione? Avevo sette anni. Fu un gioco. Che avesse qualcosa in comune con l’erotismo l’avrei scoperto più tardi.

Strategia di conquista: qual è la tua? Data l’età i contorni sono un po’ sfumati. Ma sono stato sempre convinto di una cosa. Sono sempre le donne a decidere. L’uomo deve solo dare la disponibilità.

Categorie umane che non ti piacciono? Gli imbroglioni. Quelli che millantano con se stessi e con gli altri.

Classifica per sedurre: bellezza, ricchezza, cervello, humour. L’ironia è al primissimo posto.

Il sesso nobilita l’amore o viceversa? Sono due ingredienti fondamentali. Vanno ben equilibrati.

Meglio le affinità elettive o l’elogio degli opposti? Gli opposti sono più stimolanti. Anche perché quando mai le trovi, ‘ste affinità elettive.

Costretto a scegliere: cinema o teatro? Ho fatto molto più teatro che cinema. Quindi per riconoscenza, teatro. Il cinema è traditore, il teatro è più fedele.

C‘è qualcosa che rimpiangi di non avere detto a qualcuno? Di recente non ho mandato affanculo un direttore di teatro che ha fatto dichiarazioni offensive nei confronti degli attori. E quindi è stato offensivo nei miei confronti.

Shakespeare, Eduardo o Beckett? Shakespeare è il mondo. Beckett è la sintesi di Shakespeare. Eduardo è la nostra cultura. E poi c’è Viviani.

Qual è il tuo ricordo più caro? Mio padre che mi accompagnava alla scoperta di Napoli.

E il ricordo più terribile? Rimosso.

L’ultima volta che sei andato a teatro cos’hai visto? Mio figlio Roberto in una recita con amici.

Racconta il tuo ultimo spettacolo: O Vico di Raffaele Viviani.

nello-mascia6Perché il pubblico dovrebbe venire a vederlo? È il primo lavoro di un gruppo di nuova formazione “Attori indipendenti”. Ha un progetto ambizioso. Restituire all’attore la centralità del evento teatrale. E attuare l’unica rivoluzione che ci è consentita. Fare spettacoli belli. E O Vico è uno spettacolo bello.

Il mondo del teatro è veramente corrotto come si dice? Il mondo del teatro è corrotto nella stessa misura in cui è corrotta la società che lo accoglie.

La cosa a cui nella vita non vorresti mai rinunciare. A una risata in compagnia.

Quella cosa di te che nessuno ha mai saputo (fino ad ora). Sono un grande tanghèro.

Piatto preferito. Spaghetti al pomodoro. Protagonista assoluto a livello mondiale. Non c’è foie gras o anatra all’arancia che tenga.

C’è parità di trattamento nel teatro tra uomini e donne? No. Le donne sono penalizzate. Se si pensa solo alla percentuale dei ruoli femminili in un classico. Solo il 20 %.

Mai capitato di dover rifiutare un contratto? Se sì, perché. Rifiutai il film Porte Aperte di Gianni Amelio perché ero impegnato in teatro. Chissà, forse avrebbe dato un’impronta diversa alla mia attività.

Di lasciarti sfuggire un’occasione di lavoro e di pentirtene subito dopo? Come sopra.

Quale ruolo ti sarebbe piaciuto interpretare nel cinema? Tutti i ruoli di Rocco Siffredi.

Quale ruolo ti sarebbe piaciuto interpretare in teatro? Sono soddisfatto. Ho fatto Luca Cupiello allo Stabile di Palermo. Ho fatto i più bei personaggi di Viviani. Ho fatto Vanja. Ho fatto Don Marzio della Bottega del Caffè con Missiroli. Ho fatto i più affascinanti protagonisti di Ionesco. Ho recitato Shakespeare, Molière, Strindberg, Osborne, Pinter, Eschilo, Sofocle, Euripide, Plauto, Machiavelli. Ho dato vita a meravigliosi personaggi usciti dal genio di Manlio Santanelli. Praticamente ho fatto quasi tutto. Mi manca veramente poco, a pensarci.

Da chi vorresti essere diretto? Mi manca Ronconi. Ci siamo a lungo rincorsi senza mai beccarci.

Tre doti e tre difetti che bisogna avere e non avere per poter fare questo mestiere. Per banalità dovrei citare il “salute, salute, salute” di Eduardo. Posso aggiungere: talento e culo. I difetti sono: la poca passione e lo scoramento di fronte alle sconfitte. La mediocrità non è un difetto penalizzante se sorretto dal culo o dalle amicizie giuste. O, meglio, da entrambe.

Cosa accadrebbe all’umanità se il teatro scomparisse? Scomparirebbe l’umanità. Quindi è una eventualità impossibile.

Gli alieni ti rapiscono e tu puoi esprimere un solo ultimo desiderio. Quale? Torniamo indietro.

La frase più romantica che ti sia capitato di dire in scena.Vi prego, non fatemi morire!” rivolto al pubblico in “Il re muore” di Ionesco. Mi commuovevo tutte le sere.

nello-mascia3La frase più triste che ti sia toccato di dire in scena.La vita è passata ed io non mi sono neanche accorto.Zio Vanja di Čechov.

Cosa vorresti che il pubblico ricordasse di te? L’onestà.

Hai mai litigato con un regista per una questione di interpretazione del personaggio? Hai voglia!

Se potessi svegliarti domani con una nuova dote quale sceglieresti? Il culo.

Che cosa è troppo serio per scherzarci su? Non c’è niente di serio. Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni… eccetera.

Se potessi conoscere il tuo futuro cosa vorresti sapere? Solo il buono.

Come costruisci i personaggi che interpreti? Non costruisco nulla. Cerco dentro di me affinità. Ma alla fine sono sempre io a confessarmi.

Parallelamente al tuo percorso artistico, trovi che in questi anni ci sia stata un’evoluzione o un deterioramento del teatro? La società dell’immagine ha frantumato l’idea dell’attore basata sul lavoro, sull’esercizio, sulla dedizione. Trenta anni fa c’erano 50 grandi attori e grandi attrici in giro per i teatri. Oggi quelli bravi si contano sulle dita di una mano.

Il rapporto con la parola. La interroghi, la ricerchi, la domini o ti fai dominare? La parola nel modo più alto del termine, è lingua, significato, appartenenza. È imprescindibile nelle relazioni. Cercare quella giusta è un esercizio necessario, molto complesso. Non sempre ci si riesce.

nello-mascia2Cosa pensi delle nuove generazioni di attori che, a volte, passano direttamente dai talent al palcoscenico? È un momentaccio. C’è grande confusione. E grande disinteresse per il lavoro che deve fare l’artigiano attore. Molta improvvisazione, incoraggiata da un livellamento in basso dei gusti, di cui sono responsabili i governi che si sono succeduti da una trentina d’anni a oggi. La strage di cultura operata dal berlusconismo è stata devastante e da essa non credo ci risolleveremo mai più. I governi che sono venuti dopo, poi, fra cui quello attuale, invece di correggere il tiro, hanno proseguito su quella strada dissennata. Siamo un paese in rovina.

La morte: paura o liberazione? Paura.

Ti viene data la possibilità di presentare tre proposte di legge in materia spettacolo. Cosa proponi? Bisogna partire dalla formazione. Quindi una legge televisiva ferrea. La TV di Stato solo programmi di spessore culturale. Senza pubblicità. Ma anche le Emittenti private devono rispettare – entro certe fasce orarie – il decoro, la decenza e l’impegno creativo. Via i politici dalle TV. Solo una volta a settimana, se mai. Teatro nelle Scuole dalle elementari. Ma fatto con insegnanti preparati, e non con avventurieri. Formare i giovani alla necessità del teatro nella vita civile e sociale. Obbligo per i giovani di andare a teatro una volta a settimana. Ma la scelta degli spettacoli deve essere indicata da una commissione severa. Ai giovani che per la prima volta vanno a teatro si deve offrire il meglio, l’eccellenza. Oggi il Teatro nelle scuole è una cosa inutile e vergognosa oltre che dannosa. Spettacoli spesso orribili a basso costo, fatti con attoracci semi-dilettanti. Così non si crea un pubblico, lo si allontana definitivamente e per sempre. Via i partiti dalla gestione della Televisione di Stato e dalla gestione della cultura. Centralità dell’artista nella gestione del suo settore.

Cosa è necessario per un attore: memoria storica o physique du rôle? Beh, il fisico un po’ aiuta.

Hai un sogno nel cassetto che oggi può aprire. Cosa viene fuori? Che la formula degli Attori Indipendenti si imponga a livello nazionale. E che quest’idea proliferi per affermare una nuova idea di teatro basata sugli attori che riconquistino il centro del palcoscenico. Mille compagnie di Attori Indipendenti per scacciare i mercanti dal tempio.

I soldi fanno la felicità? Aiutano. Essere poveri e infelici è una sfiga pazzesca.

Qual è il tuo rapporto con i social network? Un gioco irreale talvolta anche gradevole.

Il tuo rapporto con la critica. Quale quella che più ti ha ferito in questi anni. Il critico per eccellenza è da sempre lo spettatore. Nell’antica Grecia, alla fine del ciclo delle rappresentazioni, il pubblico votava e sceglieva. Viviamo oggi un tempo di scarsa attenzione dei mass media per il teatro. Ma parallelamente si è sviluppata una confusa e folta schiera di critici online, diciamo spontanei. Per certi aspetti si è ritornati un po’ alle origini: cioè lo spettatore che dà il suo parere. Ma l’aspetto un po’ negativo è che questi nuovi soggetti spesso si avventurano in giudizi sentenziosi nonostante lamentino una cultura di base approssimata. Il critico può essere utile se aggiunge valore allo spettacolo, sottolineando e mettendone in luce alcuni aspetti, evitando di esprimere un giudizio, che talvolta è perentorio. Il critico è onesto quando mostra di avere rispetto e responsabilità verso gli artisti, verso il pubblico e verso sé stesso. Oltre alla perfetta conoscenza dell’argomento, non deve avere altre velleità se non quella di perseguire con giusto distacco un obiettivo giornalistico. Ma soprattutto il critico deve essere indipendente. Non deve essere coinvolto emotivamente (né tantomeno economicamente) con nessuna delle persone che partecipano allo spettacolo che recensisce. E soprattutto non può comparire come giudice ai concorsi o organizzatore di rassegne.

Poco prima dell’inizio e poi della fine di un tuo spettacolo, a cosa, o a chi, pensi? Prima ripeto ossessivamente la mia prima battuta. Dopo: “Dove si va a mangiare?”.

Il teatro riesce ancora a catalizzare la passione civile del pubblico in modo attivo? Tutto ciò che si presenta in uno spazio pubblico, come appunto il teatro, è per sua stessa natura politico. La funzione originaria del teatro, quella di assemblea, dovrebbe contribuire a far nascere e crescere una società. Leopardi diceva così: “L’Italia è una terra incapace di costruire una convivenza civile, una sana dialettica; un paese dominato dal cinismo, incapace di rispettare e di esser rispettato; un agglomerato di singoli individui, ognuno sprofondato nel proprio orizzonte privato, particolare; e dove l’opinione pubblica, la società civile, stenta a trovare la propria maturità, la propria autonomia”. Sono passati due secoli, ma quelle parole restano purtroppo attuali. Poche volte in Italia si è affermata una reale passione civile. Viviamo tempi bui. Ma io non smetto di illudermi che il teatro sia uno strumento che possa contribuire a cambiare le cose. Il teatro può essere una grande risposta alla crisi. Perché ha il senso della comunicazione fra uomini.

Nella tua valigia dell’attore cosa non manca mai (metaforicamente o materialmente)? L’illusione di cui ho detto prima. La possibilità che dal teatro nasca una comunità.

nello-mascia5Con i tagli economici alla cultura, il teatro diventerà un’arte di nicchia oppure ci sarà una prevalenza di teatro di medio-basso livello o amatoriale? Il teatro italiano è già scaduto a un livello medio-basso. La riforma ministeriale, ha eliminato 300 compagnie piccole e medie, favorendo il mostro nuovo: il pachidermico “teatro pubblico commerciale” dei Teatri Nazionali, totalmente asserviti alle clientele e al sottogoverno. Ma ciò che è più agghiacciante è il progetto politico che la riforma lascia intravedere. Quello di una progressiva dismissione del finanziamento pubblico al teatro. Ormai è chiaro. Per lo stato il teatro non ha già più una funzione pubblica e la miope classe politica attuale non vede nel teatro una chiave dello sviluppo sociale. In questo clima di crescente disagio e di smarrimento nascono gli ATTORI INDIPENDENTI. È una nuova strada. E ci credo fortemente. Attori indipendenti dalle lobbies e dagli apparati. Alle istituzioni non chiediamo niente. Perché siamo consapevoli che niente ci spetti. Ne accetteremo i sostegni – se dovessero arrivare – mantenendo intatta la nostra dignità e la nostra integrità artistica e culturale. Rivendichiamo un’idea di teatro che restituisca all’attore la dignità e la centralità dell’attività creativa. Il nostro obbiettivo è fare spettacoli belli. Sempre più belli, di cui il pubblico si innamori. E’ l’unica nostra possibilità di manovra e di azione sulla realtà, politica e culturale del nostro paese.

C’è un autore teatrale che credi sia poco considerato e che andrebbe rivalutato e rappresentato? Viviani aspetta ancora il posto che merita nel panorama drammaturgico internazionale.

Meglio essere sereni, contenti o felici? La felicità è roba di un attimo. Qualcuno l’ha definita “una stronzetta che si dà le arie”. La serenità è sinonimo di buon umore. Ed è uno stato di grazia che può durare. Inoltre è una risorsa. Il buon umore attrae e mantiene gli amici.

Progetti futuri? Far crescere il gruppo Attori Indipendenti. Ora stiamo provando Il guardiano di Pinter. A gennaio si riprende con ‘O Vico. Intanto fra poco partirà la terza serie di Gomorra.

Un consiglio a un giovane che voglia fare l’attore. Siediti su una sedia e rifletti bene. Ti passerà.

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Le foto sono di Tommaso Le Pera.

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