Nicola Fano
Viaggio al cuore del Rinascimento

Sabbioneta, Italia

Sabbioneta, con le sue meraviglie “patrimonio dell'umanità" è la dimostrazione pratica di come in Italia sia difficile conservare la memoria e la cultura. Malgrado la tenacia di chi le amministra

Intorno al Po, l’acqua che esce dai rubinetti ha un profumo inconfondibile. Un misto di antichità e fogna, natura sovrastante e canali sporchi. Avete presente Venezia? Avete presente quell’odore che si nota solo appena arrivati e poi diventa parte integrante dell’aria? Lo chiamano bottino, nel senso del fondo delle botti. Di quello stiamo parlando: se l’acqua fosse venduta da un antiquario a mestolate, avrebbe lo stesso afrore. Qualcosa da ostentare come un sigillo di nobiltà, come il graffito del tempo, della memoria storica, come il lascito dei canali che contornano i castelli medioevali. Quelli nei quali cadeva Brancaleone da Norcia, esposto alle sue sfortune e alle sue involontarie malefatte. Storia e abbandono, insomma; che qualcuno con tenacia guerriera ogni tanto cerca di volgere al meglio. Al bello. E non sempre gli riesce.

teatro-di-sabbioneta2A pensarci bene, questa è l’Italia: un tesoro inimitabile che nessuno sa bene come proteggere. Prendete Sabbioneta, città cinquecentesca incastonata tra il Po, la fabbrica di tondini di Emma Marcegaglia e Mantova, è un insulto agli italiani di oggi: un meraviglioso pezzo di storia che non vuole abdicare a se stesso; che srotola memorie e bellezze nel giro di poche strade, un’utopia continuamente interrotta e ripresa, pestando il cui acciottolato secolare ti ci rompi le scarpe e i tendini. E dove l’acqua che esce dai rubinetti odora di stantio e di antichità. Sabbioneta. Venne progettata e costruita in trent’anni, alla fine del Cinquecento, da un duca guerriero e visionario, Vespasiano Gonzaga. Cinta di mura, al suo interno conserva la struttura dell’epoca; fuori la natura prende il sopravvento tra piantagioni di pomodori, mais e erba medica. Lì fuori l’agricoltura non è un prolungamento dell’orto familiare: è una cosa seria.

pianta-di-sabbionetaSono a Sabbioneta perché qui c’è il più bel teatro italiano (che equivale a dire del mondo) di sempre. Un gioiello costruito nel 1590 da Vincenzo Scamozzi, lo stesso che aveva realizzato l’Olimpico di Vicenza dopo la morte del progettista Andrea Palladio. Ma, quanto l’Olimpico è un monumento bello e inutile all’antichità (un Teatro Romano coperto e fatto di legno dipinto come fosse marmo!), tanto il teatro di Sabbioneta è geniale e moderno: un prodromo dei teatri all’italiana (che verranno mezzo secolo dopo) contornato da affreschi della scuola di Paolo Veronese che rappresentano ipotetici palchetti (e i palchetti ancora non esistevano…) dai quali si affacciano arlecchini, pulcinella e altri spettatori popolani. Sublime finzione. Ma questa è storia nota e altrove sovente raccontata: non è di questo che voglio parlare, ora. Ora vorrei parlare di come sia difficile proteggere la cultura, in questo nostro disgraziato paese ormai zeppo solo di imbecilli grilli parlanti.

Ebbene, Sabbioneta è stata dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’Umanità. E ci credo! Una “città ideale” perfetta, perfettamente conservata. Fu edificata in tre decenni, sotto la guida di quel guerriero illuminato, prototipo del miglior Rinascimento italiano (amico e sodale di Filippo II di Spagna, raccolse onori ovunque, tanto da ottenere totale autonomia nell’amministrazione del suo minuscolo ducato): salvo che quando, nel 1591, Vespasiano Gonzaga morì, la sua debole discendenza non riuscì a vivificare oltre l’utopia paterna. E Sabbioneta decadde, il che oggi è il suo maggior pregio: nessuno intervenne a depauperarla o a stravolgerla. La cenere del tempo l’ha protetta come se un Vesuvio immaginario l’avesse coperta d’oblio. Solo nell’Ottocento è iniziata la sua riscoperta. Se andate lì (cosa che caldamente vi consiglio) di sicuro dormirete nell’unico albergo che c’è. Una struttura che chiamare albergo è un insulto: è un palazzo gentilizio cinquecentesco restaurato (e affrescato) appunto nell’Ottocento. Vedrete, sarà come dormire in un Paradiso. Perché sono convinto che il Paradiso, se esiste, sia una dimora un po’ fané restaurata con garbo, senza pavimenti in klinker che imitano le trame del legno o lampade alogene o altri trendismi da piccola borghesia danarosa e ignorante.

sabbioneta_colonnato_palazzo_vespasianoVabbè, Sabbioneta. Il Comune – amministrato da due anni da un sindaco trentenne e da una giunta giovanissima e agguerrita – conta quattromila abitanti. Solo trecento dei quali abitano la città ideale. Gli altri stanno nel contado: chi vive di agricoltura chi di piccola industria (una fabbrica di legnami e una di profilati per l’edilizia). Ebbene: un comune di quattromila abitanti deve gestire, preservare e valorizzare un bene patrimonio dell’umanità. Vi pare normale? Vi pare normale che il bilancio che deve manutenere uno splendido teatro del Cinquecento (il primo teatro costruito ex novo nella storia dell’umanità); che deve valorizzare e lustrare uno magnifico palazzo Ducale, una delle sinagoghe più antiche della storia, una chiesa cinquecentesca, una struttura urbanistica perfettamente conservata e tutto il resto, debba fare i conti con il patto di stabilità? Fossimo altrove nel mondo, ci sarebbe la fila di investitori privati fuori dalla Porta della Vittoria (inimitabile anch’essa) di Sabbioneta, e costoro sarebbero tenuti a bada dai rappresentanti del governo i quali da tempo avrebbero lustrato l’oro di questo tesoro che (quasi) solo turisti stranieri quotidianamente affollano. E invece siamo in Italia, dove la dottrina Tremonti (se Dio esiste, lo giudicherà come merita) ancora oggi predica odio per la cultura e “tagli orizzontali”: Sabbioneta, con tutto il rispetto, non è un luogo come tutti. Ed eccezionalmente va protetto.

sabbioneta-porta-della-vittoriaSapete perché? Perché in caso contrario andrà a finire che neanche la gente di lì accetterà più la peculiarità fortunata del proprio contesto. A passeggiare di sera per Sabbioneta si incontrano capannelli di giovani che vivono le meraviglie nelle quali sono nati non come una ricchezza ma come un vincolo scomodo. Tra una birra e un lamento post-disco dagli altoparlanti del “bar dei giovani”, la memoria affoga: chi è nato sotto Berlusconi sa che quanto non viene rispettato dalla maggioranza è inutile; ciò che non produce denari nell’immediato è un impedimento alla futura prosperità dei furbi. E allora ecco sorgere l’indifferenza per la storia. Anche qui a Sabbioneta, dove pure la medesima storia s’è materializzata in stupore e unicità assoluti. Ed è per questo che l’acqua che sgorga dai rubinetti diventa puzzolente di fogna, non odorante di antichità. «Lo scriva, lo scriva: il problema è il fossato fuori dalle mura! L’acqua è stantia, fangosa, bisognerebbe prosciugarli, quei fossati. E poi chissenefrega!». Chissenefrega della filologia architettonica. D’altra parte, poi, non ci sono più nemmeno i ponti levatoi…

Se la politica ancora esiste, spero si ponga il problema di garantire sopravvivenza (economica) a questo gioiello. Chi lo gestisce, ora, ha buone intenzioni, ma troppo poche risorse. E questa è una vergogna tutta italiana.

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