Pierre Chiartano
Tra Oriente e Occidente

Ritorno a Jakarta

“Pulang“ di Leila Salikha Chudori è un romanzo struggente sospeso tra Jakarta e Parigi, alla ricerca di un'identità sempre in bilico tra passato e presente. Con il cuore in Indonesia

«Ero consapevole che ogni volta avessi pronunciato il nome di Surti il mio cuore avrebbe avuto un sussulto e si sarebbe scalfito». Sono le parole di Dimas, giornalista indonesiano, rifugiato politico nella Parigi sessantottina, uomo innamorato con in mano i pezzi di una emozione travolgente e silenziosa. Un amore che si confonde nel tempo, nei sentimenti e nelle parole. Un’emozione forte per una donna e per il proprio paese, entrambi strappati troppo presto dall’intensità del quotidiano, dalla forza di una promessa. Respiri, luci, suoni, affanni di una vita che il destino ha voluto allontanare dai punti di riferimento di un giovane di Solo, trasferitosi a Jakarta. L’Indonesia raccontata da Parigi attraverso i sapori, gli odori del cibo e i frammenti di lettere e notizie. Frammenti di un discorso tra un piccolo gruppo di amici, colleghi, compagni che si sarebbero poi riuniti ancora attorno a un nuovo progetto di vita: il ristorante Tanah Air (Terra natia).

Storie personali che si intrecciano con la storia e la cronaca. La Francia che aveva accolto Dimas con i suoi compagni di sventura. Le bancarelle di libri usati, la libreria Shakespeare&co. Il mitizzato 1968 visto con occhi disincantati di chi aveva conosciuto il 1965 e il passaggio al regime militare. Gli arresti, le torture, le sparizioni, i rapimenti, le fosse comuni, i cadaveri che galleggiano nei fiumi… La guerra fredda declinata secondo i codici del Sud Est asiatico di mezzo secolo fa, senza grigi: «Dovevi scegliere, eri dalla parte nostra o dalla loro». Dewan revolusi, il comitato delle rivoluzioni oppure Dewan Jenderal, il consiglio dei generali? Un clima pesante terminato in Indonesia solo nel giugno del 1998, non senza un altro tributo di sangue e distruzione, lasciando molte ferite ancora aperte. Tutto visto attraverso gli occhi di chi, in fondo, non aveva voluto schierarsi, ma aveva comunque pagato con l’esilio un’appartenenza critica, che sapeva leggere le ombre dell’ideologia.

jakarta2 (1)Il Super Semar (Surat Perintah Sebelas Maret), l’ordinanza firmata l’11 marzo 1965 dall’allora presidente Sukarno (ancora amatissimo in Indonesia) che consentiva il passaggio di potere al generale Suharto e poi la scissione delle élite militari, sono solo alcune note a margine che segnano il contrappunto storico al racconto di Dimas e degli altri compagni di esilio.

Il wayang kulit, le marionette del teatro delle ombre. La storia dell’arciere Ekalaya, la tradizione dell’epica del Mahabharata. Grandezza e umiltà che si fondono, temperate dalla sofferenza e che descrivono bene la natura di un popolo. Raccontate a una giovane figlia, Lintang, che non aveva mai conosciuto il proprio paese. E che un giorno lo avrebbe voluto descrivere attraverso quei frammenti di luci e di ombre filtrati dalle memorie familiari. Prima di tornare a casa.

Pulang, “tornare a casa” in bahasa indonesiano. Tornare è la cura. Per guarire dalla nostalgia e dal male di vivere, senza aver fatto ancora i conti con la storia, la propria e quella di un intero paese che deve poter superare gli incubi del passato. E poter godere pienamente di un benessere che nell’ultimo decennio sembra avere cambiato il volto dell’Indonesia, pur fra molte difficoltà.

Dimas conserverà dei barattoli in mezzo a tanti libri, per rammentare i profumi, oltre le parole, di un tempo passato: i chiodi di garofano.

Tornare a Jakarta e assaporare di nuovo il nasi padang, il tempe kering, il gusto dolce ed intenso del rendang, la carne bollita per ore nel latte di cocco, il sapore piccante del sanbal, il profumo del gulai kuming, la zuppa di carne di capretto, il caffè luwak. «Surti prese un pezzetto di curcuma e mi aiutò a sminuzzarla. Il suo modo di farlo era più delicato, silenzioso, come se riuscisse a persuadere la spezie, facendole polverizzare a unirsi le une alle altre, prese da un sentimento che neanche il palato avrebbe potuto cogliere».

Surti, il grande amore di Dimas che alla fine avrebbe sposato un altro uomo. «Desidero che tu sia il padre dei miei figli (…) Se sarà una femmina la chiameremo Kenanga, se sarà un maschio Alam» lei aveva promesso. Mentre nella mente e nel cuore di Dimas rimbalzavano poche parole, forti, intense, silenziose che negli anni avrebbero solcato come rughe ogni sorriso, appannato ogni entusiasmo, spento la luce del cuore: «Per sempre. Fino alla fine».

Dimas tornerà nella sua amata Karet, ma solo per esservi seppellito. Era «la meta del suo ritorno a casa»

chiartanoPulang (Ritorno a Casa) è titolo di un bellissimo libro, un romanzo struggente e pieno di passione e di amore per il proprio paese, per chi voglia cominciare a capire semplicità e bellezza di un posto come l’Indonesia. Scritto da Leila Salikha Chudori, giornalista, scrittrice indonesiana e amica, incontrata nella redazione di Tempo dove lavora, rivista di punta nel panorama giornalistico indonesiano (chiusa nel 1994 dall’Order Baru, Nuovo Ordine del presidente Suharto). Intensità, qualità narrativa, leggerezza, intreccio storico, disincanto ideologico e forza emotiva sono solo alcuni dei punti di forza di questo racconto. Un storia che si muove continuamente nello spazio e nel tempo, tra Parigi e Jakarta, tra gli anni Sessanta e i Novanta, che cambia l’io narrante e con esso la prospettiva del racconto. Un talento per la scrittura che Leila Chudori ha sviluppato da giovanissima, aveva solo dodici anni quando ha pubblicato le prime novelle. Con Ritorno a casa vince il Khatulistiwa Literary award, un successo editoriale tradotto in molte lingue. Un romanzo pubblicato anche in Italia per i tipi di Atmosphere (2015).

«Non sapevo come prepararmi all’incontro con Dio. In questo dismesso mondo mortale, dove i fiumi sono tinti d’azzurro dalla natura e di rosso dagli uomini».

Lo foto sono di Pierre Chiartano

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