Baldo Meo
La violenza e i social network

L’educazione digitale

Dietro ai casi di cronaca che hanno visto protagoniste donne vittime della Rete, c'è il segno di una società che deve imparare a convivere con i media e i diritti, allo stesso tempo

Le cronache delle scorse settimane sono state segnate da due vicende dolorose. Quella di Tiziana Cantone che si è suicidata per gli effetti devastanti di un video hard inviato a pochi amici su Whatsapp e che poi qualcuno ha pensato bene di mettere in rete e molti altri si sono incaricati con sberleffi, offese e parodie di far diventare virale. E quella della ragazza di Rimini violentata nel bagno e filmata dalle amiche che poi avevano postato il video su Internet.

Entrambi i casi ripropongono, il primo in maniera tragica, il tema della caduta verticale nella nostra società del rispetto degli altri – fuori e dentro la rete – e degli effetti di un uso sconsiderato del web.

La vicenda di Tiziana, in particolare, ha fatto emergere con drammatica evidenza tre aspetti principali: la lentezza delle procedure con le quali i social network, spesso per eccessi garantisti, rispondono e si fanno carico delle richieste, anche di quelle più urgenti, degli utenti; la scarsa o del tutto assente consapevolezza da parte degli utenti della rete – e dei social network in particolare – degli effetti terribili di una propagazione incontrollata di post e video, così come degli effetti della pratica sistematica dell’insulto più accanito e della derisione più irresponsabile; la estrema difficoltà, se non l’impossibilità, di governare contenuti una volta che sono finiti in rete, soprattutto laddove diventino oggetto di comunicazione virale, diffusi e moltiplicati in maniera imprevedibile e rapidissima.

A fronte di questa situazione, è necessario mettere in campo immediati rimedi. Il primo riguarda i gestori delle piattaforme e consiste nel riuscire a imporre ai social e ai motori di ricerca procedure veloci di rimozione di contenuti che ledano la dignità delle persone. Quanto più immediata è, infatti, l’azione di blocco di un post e di un video tanto maggiore sarà la possibilità di contenere la circolazione in rete e ridurne i danni disastrosi per la reputazione delle persone.

Il secondo riguarda il potenziamento da parte dei Governi delle Autorità di garanzia per la privacy, che già oggi dispongono di strumenti più veloci rispetto alla giustizia ordinaria e che vedranno ampliati i loro poteri di intervento con il nuovo Regolamento Europeo che prevede obblighi più forte per chiunque – e ovunque nel mondo – raccolga, utilizzi e diffonda i dati dei cittadini europei.

smartphone-in-metro2Il terzo rimedio, perfino più importante dei primi tre, è quello di promuovere e sviluppare la consapevolezza nell’uso del web. Il mondo digitale – ormai dovrebbe essere chiaro a tutti – impone un “di più” di responsabilità e di conoscenza nell’uso degli strumenti tecnologici di cui ogni giorno ci serviamo quando prendiamo in mano i nostri smartphone o i nostri tablet.

Ed è per questo che – al di là delle norme a salvaguardia della vita on line che pure ci sono e che faticosamente si vanno costruendo per regolare un mondo complesso e perennemente in evoluzione come quello della rete – occorre partire dagli individui, da chi usa la rete. Di qualunque età sia. Perché, è bene ricordarlo, nel caso di Tiziana Cantone non si sta parlando di giovanissimi, sempre additati come i più corrivi verso forme di violenza verbale e di noncuranza rispetto alla privacy, ma di adulti. Nel mondo digitale gli adulti sono sguarniti tanto quanto i giovani, incapaci per primi di tutelare se stessi e di mettere in guardia i più piccoli sui pericoli inevitabilmente legati a forme così rivoluzionarie di comunicazione e condivisione come i social o le chat. La nostra è un’epoca in cui le generazioni adulte sono incapaci, rispetto agli strumenti di uso quotidiano, di trasferire esperienza.

Tra le prime cose da fare non può dunque che esserci quella di dare impulso ad una formazione continua, di giovani e meno giovani, su cosa significa vivere nel mondo digitale: un mondo dove i nostri dati non sono entità immateriali, ma pezzi della nostra identità e dove usare male un dato personale riversa i suoi effetti sulla vita reale. Serve mettere al primo posto nell’agenda del Paese e del Governo quell’«educazione civica digitale» sulla quale siamo già in ritardo e per la quale occorre che tutti – mondo della scuola, famiglie, istituzioni, servizio pubblico radiotelevisivo – unifichino gli sforzi.

Facebooktwitterlinkedin