Raoul Precht
Periscopio (globale)

New York Shakespeare

Fino a Ferragosto, se andate a NY non perdetevi un nuovo allestimento di "Troilo e Cressida" a Central Park: un modo per recuperare uno Shakespeare (quasi) dimenticato

Una segnalazione per chi dovesse trovarsi a New York fra il 19 luglio e il 14 agosto: il Delacorte Theater mette in scena a Central Park, e quindi all’aperto, un’opera shakespeariana meno conosciuta delle altre, ma di enorme interesse. Mi riferisco al Troilo e Cressida, per la quale già è difficile trovare una definizione, dal momento che riassume in sé elementi tragici, grotteschi, farseschi e sentimentali che ne rendono ardua la catalogazione. Di sicuro può dirsi almeno che si presta a un allestimento in ampi spazi aperti.

Parliamo di una commedia messa in scena troppo di rado, anche perché presuppone che si possa disporre di un numero elevato di attori di buona qualità, capaci di dar vita a un personaggio anche quando allo stesso sono riservate poche battute. Non a caso, da noi è passato alla storia l’allestimento di Luchino Visconti, che nel 1949 la mise in scena, nella traduzione di Gerardo Guerrieri, al Giardino di Boboli per il Maggio Musicale Fiorentino, potendosi avvalere della scenografia di Franco Zeffirelli e del contributo di mostri sacri come (per citarne solo alcuni) Memo Benassi, Paolo Stoppa, Marcello Mastroianni, Giorgio De Lullo, Massimo Girotti, Franco Interlenghi, Carlo Ninchi, Mario Pisu, Renzo Ricci, Sergio Tofano, Elena Zareschi, oltre a Vittorio Gassman e Rina Morelli nei due ruoli principali e a un debuttante Giorgio Albertazzi nel ruolo del servitore di Cressida. Sull’allestimento di Visconti (nelle due foto sotto), contraddistinto da una delle più impressionanti scenografie del primo dopoguerra, ci sarebbe molto da scrivere, non fosse che per le novità spettacolari introdotte con grande sbalordimento del pubblico di allora; qui vogliamo parlare però soprattutto del testo shakespeariano, un po’ negletto e misconosciuto, ma che tra le altre cose presenta un personaggio femminile di notevole forza e modernità.

troilo-e-cressida viscontiCome dicevamo, siamo di fronte a un’opera corale (ben ventotto personaggi parlanti), che come tale richiede al regista una notevole perizia combinatoria. Non è facile mettere in scena e far combaciare gli egocentrismi dei i massimi eroi greci e troiani, Agamennone, Menelao, Aiace, Ettore, Achille, che nel fare da sfondo, ma sfondo attivo, alla vicenda devono ritagliarsi un loro peculiare spazio espressivo. Il plot principale, infatti, sembra non riguardarli, o riguardarli solo di striscio: il tema è l’amore disgraziato e abortito fra Troilo e Cressida, la cui impossibilità non è dovuta alla presenza di perfide forze esterne, ma semplicemente al flusso inarrestabile della vita.

Il giovane Troilo, principe troiano, è innamorato perso di Cressida, o almeno crede di esserlo, come pure crede (fino a un certo punto a ragione) di esserne ricambiato. Accade però che il padre di Cressida, Calcante, che ha previsto la sconfitta dei Troiani ed è passato ai Greci, ottenga, grazie a uno scambio di prigionieri, di riunirsi all’adorata figlia nel campo greco. Dai guerrieri greci, immediatamente conquistati dalla sua grazia e dalla sua bellezza, Cressida è naturalmente accolta con tutti gli onori, e fra loro non manca chi, come il più anziano ed esperto Diomede, sa blandirla e indurla a legarsi a lui, visto che oltre tutto è ormai persa qualunque possibilità di tornare da Troilo. Quest’ultimo riesce una sera a infiltrarsi nel campo nemico, constata il tradimento di Cressida e decide di trattarla d’ora in avanti come una prostituta. Un secondo argomento – parallelo –  riguarda invece un piano ordito per persuadere Achille, eroe di grande orgoglio e presunzione, a scendere in campo tra i Greci e a battersi con Ettore. Solo la morte dell’amico Patroclo, ucciso proprio da Ettore sotto le mura troiane, lo convincerà ad affrontare il duello, a seguito del quale Ettore sarà colpito a morte in mezzo ai Mirmidoni. L’intera descrizione della guerra fra Greci e Troiani, che non si conclude e viene lasciata in sospeso, rimanda al senso di indeterminatezza e precarietà della vita – proprio come il plot amoroso.

Scritto nel 1600 o 1601, subito prima o subito dopo l’Amleto, il Troilo e Cressida è un’opera matura che testimonia anche della vastità delle letture shakespeariane. Sebbene Shakespeare abbia modificato e piegato la vicenda ai suoi scopi, certi echi delle fonti – il Roman de Troie di Benoît de Sainte-Maure, il Filostrato di Boccaccio e in particolare il poema Troilus and Criseyde di Geoffrey Chaucer – sono ancora presenti nel testo drammatico, come naturalmente lo è l’Iliade, da cui Shakespeare trae tutta la descrizione del conflitto e le motivazioni degli eroi, di cui qui, a dire il vero, emerge soprattutto la dimensione grottesca.

Come già rilevato da Jan Kott, con Amleto l’opera condivide l’interrogativo sull’esistenza di un ordine morale, interrogativo che investe tanto l’amore quanto la guerra. Cressida è una specie di cartina da tornasole di un mondo che sembra aver smarrito tale ordine e che è contraddistinto sempre più da crudeltà gratuite e dal trionfo dell’assurdo. S’innamora, certo, come tutte le giovani, ma al tempo stesso ne ha già viste troppe nella sua breve vita per poter dare credito a vaghe formule; la sua esperienza del mondo la induce a esercitare una sana diffidenza nei confronti di chiunque, compresi l’amato bene e se stessa. Dalla sua ha solo il sarcasmo come linguaggio, il cinismo come maschera, il corpo, infine, come strumento di sopravvivenza e di riscatto. Un primo elemento che non a caso stona fin da subito nella storia d’amore, e che sarebbe impensabile, mettiamo, in Romeo e Giulietta, è la mediazione che fra i due esercita Pandaro, lo zio di Cressida, personaggio laido e manipolatore. Una storia d’amore posta sotto il segno di un ruffiano non può funzionare: quale valore può avere, sotto questi auspici, l’eterno amore che i due ragazzi si giurano a vicenda? Ben poco, come Cressida dovrà scoprire quando, al momento di partire, noterà come Troilo non si opponga alla sua partenza e anzi si pieghi senza proteste alla ragion di Stato; e quando, al momento di arrivare, si accorgerà dell’eccitazione che la sua semplice presenza produce nei Greci, i quali insistono per sfiorarla, toccarla, baciarla, in un balletto che allude neanche troppo velatamente al rischio della violenza carnale. Si rende subito conto, Cressida, del potere di seduzione che esercita, e del fatto che solo grazie a questo potere riuscirà forse a conservare un margine di libertà. Del resto, Troilo l’ha già avuta. Cosa potrà mai indurlo a mantenersi fedele? Non è forse un uomo come tutti gli altri, come questi Greci con cui d’ora in poi dovrà fare i conti? In cosa sarebbe diverso in particolare da Diomede, il protettore che Cressida si sceglie per mettersi anzitutto al riparo dagli altri nemici?

troilo_cressida_1949È quindi davvero, Cressida, la scaltra, incostante e crudele traditrice, in definitiva la prostituta, per cui tutta la tradizione precedente e successiva a Shakespeare ha voluto farla passare, contrapponendola a un Troilo nobile ed onesto? “This is, and is not, Cressid!” esclama Troilo quando ne scopre il tradimento (V, 2, 149), istillando il dubbio che la sua falsità potrebbe anche essere solo un’apparenza. Ma già nel primo atto, rispondendo con spirito a una battuta di Pandaro, Cressida aveva esclamato: “To say the truth, true and not true.” (I, 2, 98) ovvero: “Se vuoi la verità, è vero e non vero.”

Come sempre, Shakespeare semina più dubbi che certezze, e in questo caso vi riesce attraverso lo sviluppo di un personaggio femminile fra i più complessi e variegati che abbia mai creato. Un personaggio che lo spettatore non può fare altro che detestare, da un lato, e di cui non può che innamorarsi, dall’altro. Cosa c’è di più attuale?

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