Roberto Mussapi
Every beat of my heart, la poesia

Passione secondo Eschilo

Quella di Prometeo, dio punito da un dio superiore per aver regalato agli umani il fuoco, è la più grande rappresentazione della compassione che l’Occidente abbia conosciuto prima della nascita di Cristo

Chi parla è un dio. Protagonista di una delle più grandi opere del teatro greco. La tragedia si intitola Prometeo incatenato, fa parte di una trilogia come era rituale e necessario per quel genere poetico. La scena ha luogo tra cielo e mare, dove nulla di esclusivamente umano può giungere: «l’estrema plaga della terra, la Scizia solitaria, inaccessibile». Rocce altissime sull’abisso, precluso ogni passaggio da terra o dal mare e infatti, ecco planare dal cielo il carro alato delle Oceanine, posarsi sulla rupe accanto a Prometeo, consolarlo dolcemente. Prometeo è stato incatenato all’altissima rupe da Efesto, riluttante a offendere un altro dio, suo pari, ma costretto da Kratos che gli ricorda la volontà assoluta di Zeus. Si odono i colpi di maglio. Efesto ubbidisce, maledicendo le proprie mani: «Prometeo, quanta pena al tuo patire!».
Con questa frase ha inizio la più grande rappresentazione della compassione che l’Occidente abbia conosciuto prima della nascita di Cristo. Prometeo insegnò ai nostri antenati a leggere e interpretare gli astri, rivelò la scienza del numero, la composizione dei segni scritti, e, soprattutto, «la memoria di tutto, che è la madre / operosa del coro delle Muse».
Considerato il massimo dei tragici per la potenza assoluta dei suoi personaggi, qui Eschilo mette in scena la tragedia del dio Prometeo, che aveva aiutato, un aiuto fondamentale, Zeus nella lotta cosmica contro i precedenti dominatori dell’universo, i Titani. La ricompensa è questa punizione di crudeltà efferata: troppo innamorato degli umani Prometeo, dopo avere loro donato il senso del numero, la scrittura, la memoria, la divinazione e la speranza, offre loro il fuoco, privilegio esclusivo degli dei. Prometeo quindi non rappresenta, come vorrebbe la vulgata illuminista, la «ribellione a Dio», ma la «ribellione di Dio».

 

 

Moreau -Prometeo

Cielo divino, soffi di vento,

rapide ali del vento,

sorgenti dei fiumi,

interminabile sorriso del mare,

e tu terra, madre di tutto,

e tu occhio del sole che vedi ovunque,

io vi invoco:

guardate un Dio che soffre per colpa degli Dei.

Guardate la pena immeritata che mi consuma

e mi torturerà nel tempo,

anni e anni senza fine.

Il nuovo dio dell’Olimpo

mi ha fatto incatenare, umiliandomi.

Io soffro per una disgrazia interminabile,

non vedo quando potrebbe avere termine.

Conosco perfettamente il futuro,

non ci saranno altre sventure.

Bisogna che sopporti la mia sorte,

che resista, il fato è invincibile.

Ho diviso con i mortali un dono divino:

per questo mi hanno inchiodato al mio destino.

Ho cercato la scaturigine segreta del fuoco:

questo il peccato di cui pago la pena,

inchiodato alla rupe, faccia al cielo.

Eschilo
(Da Prometeo incatenato, traduzione di Roberto Mussapi)

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