Mario Dal Co
Un dibattito su passato e nuovi media

Il 900 in Rete

La memoria del Secolo breve finirà nell'Atlante degli archivi fotografici e audiovisivi italiani digitalizzati. Come si fa a coniugare tecnologia e storia senza banalizzare i contenuti?

Al Ministero dei Beni Culturali (MIBACT), patrocinatore dell’iniziativa per decisione del ministro Dario Franceschini, nei giorni scorsi è stato presentato l’Atlante (edizioni Marsilio) degli archivi fotografici e audiovisivi italiani digitalizzati. Sarà in linea a settembre. Il segretario generale del MIBACT, Antonia Pasqua Recchia, ha ricordato l’intesa tra il Ministero e la Fondazione di Venezia per il progetto Museo del 900 (M9) che sta sorgendo a Mestre, per collaborare al progetto che affronta un tema difficilissimo: creare il museo per la produzione culturale di un secolo che ha enormemente esteso le forme espressive, creando un mondo di oggetti e di informazioni che dilaga eppure resta intrinsecamente fragile per due motivi. Il primo è che i confini di questo mondo non sono conosciuti e quindi li incursioni sono all’ordine del giorno. Il secondo è che l’instabilità tecnologica è per così dire la geologia di quel mondo. Questa dilatazione enorme delle forme dell’espressione artistica si accompagna ad una moltiplicazione degli accessi, delle ricerche e delle modalità di fruizione. L’istituzione che presidia la conservazione delle opere si trova assediata dall’utilizzazione dell’opera, che si riferisce a “contenuti digitali” che con l’opera stessa hanno relazioni imprecise, indefinite, mistificate.

L’assedio da parte della rete pone un quesito a cui è difficile ma necessario rispondere, hanno sottolineato non solo la Recchia ma anche i partecipanti alla tavola rotonda coordinata da Luca De Biase. Il quale ha richiamato il dato fondamentale da cui partire nell’affrontare il tema dei “contenuti digitali”, ossia la crescita straordinaria della capacità di calcolo, che tuttavia si confronta con una crescita sempre superiore della produzione di contenuti, che di quella fertile capacità è, ormai, il prodotto in forma di diluvio, tanto che «il successo dell’M9 si misurerà sulla sua capacità di selezionare l’importante dal non rilevante», il tema della rete del futuro.

Laura Moro che dirige l’Istituto Centrale Catalogo e Documentazione si è chiesta se siamo in grado di affrontare questo cambiamento. In altri termini: gli attuali strumenti di documentazione e archiviazione definiti dalle istituzioni sono in grado di fronteggiare questa utilizzazione nella rete, non opponendosi al suo dinamismo travolgente, ma portando il proprio contributo sull’autenticità e la completezza delle informazioni? Bisogna assumere nuove responsabilità, ha risposto Laura Moro, responsabilità che vanno oltre la tutela fisica e la conservazione e si confrontano con l’integrità dei “beni” che è una identità scientifica e anche culturale, che si confronta, quest’ultima, con le narrazioni che la rete sviluppa nei “contenuti digitali”.

La fruibilità in rete tende a privilegiare gli aspetti quantitativi e la facilità di accesso, con il rischio di spingere la banalizzazione dei contenuti verso un luogo pieno di informazione (bit) e vuoto di conoscenza (interpretazione), rischio che porterebbe al degrado della cultura di massa e alla circolazione di spezzoni non attendibili, incongrui, decontestualizzati, stravolti: la moltiplicazione delle opportunità che si associa alla riduzione della qualità.

Ed è emersa l’importanza della fotografia, su cui ha insistito anche Andrea De Pasquale, direttore della Biblioteca nazionale centrale di Roma. Sia perché il “deposito legale” per la tutela dei diritti è una fonte importante, presso le biblioteche, delle foto dalla metà del XIX secolo, sia perché la foto pone immediatamente il tema del suo significato in un contesto di cui essa, la singola immagine, è parte inestricabile. Sollevando la questione di una sistema di schedatura che possa abbattere la attuali compartimentazioni settoriali (biblioteche, archivi, musei), come ha osservato Stefano Vitali, direttore dell’Istituto Centrale per gli Archivi. Dalle foto di Instagram, all’archivio dei filmini di famiglia in Homemovies, agli upload di Youtube, ai selfie etc., si assiste all’esplosione dell’immagine fotografica e in movimento: dall’intimità intimidita o dalla ritrattistica paludata con ritocchi e scenografie di cartapesta dell’epoca del ianco e nero e della stampa “seppia”, si passa alla marea dell’intimità esibita e “viralizzata”, dei saluti e dei baci digitali, in una pulsione irresistibile a globalizzare il proprio profilo atteggiandosi in modo televisivo, quasi a rendere universale e per certi versi impersonale, la propria intimità.

L’Atlante, commissionato dalla Fondazione di Venezia, è rivolto, come ha detto Giuliano Sergio che ha curato la ricerca, agli studiosi, agli enti che gestiscono gli archivi, al mondo delle imprese e della tecnologia. Fa parte di quel lavoro preparatorio per riempire di contenuti il progetto M9. Giampiero Brunello, presidente della Fondazione di Venezia, ha ricordato che M9 potrebbe essere un esempio virtuoso di valorizzazione del territorio, addirittura replicabile se con l’aiuto del MIBACT se ne capitalizza l’esperienza. M9, infatti, si cimenta con una sfida che sta al centro dell’attuale convergenza di interessi ai contenuti multimediali, fruibili su tutti i prodotti digitali in tutto il mondo. Il Museo del 900, aprirà nel 2018 nell’area urbana del Comune di Venezia, Mestre, che è stata protagonista della crescita industriale durante il secolo scorso (petrolchimica, cantieristica, metallurgica, energetica, logistica, infrastrutturale). M9 deve sfidare la capacità di attrazione della Venezia storica, con un progetto architettonico ambizioso, di recupero e rinnovo di un’area degradata, e soprattutto con l’obiettivo di proporre un luogo di esposizione permanente e uno di esposizione temporaneo sul XX secolo, dove le tecnologie nate in quel secolo ed esplose in rete nel XXI saranno il tessuto espositivo, in parte oggetto e in parte supporto e contenitore. M9 deve soprattutto sfidare quei “media museums (…) diventati parte integrante dei sistemi culturali nazionali (…) come strutture tra le più visitate”, per usare le parole di Guido Guerzoni, docente in Bocconi e project manager di M9, in uno dei saggi in premessa dell’Atlante.

La presentazione dell’Atlante ha raggiunto momenti di rara intensità per questo tipo di occasioni, perché pubblico e privato si sono avvicinati, confrontandosi sulle dinamiche della rete e sulle urgenza della conservazione e tutela, ponendo sul tavolo del confronto i temi urgenti dell’accesso di massa ai “contenuti digitali”, urgenza che rischia di travolgere il tradizionale “bene culturale” nel secolo successivo a quel 900 che aveva visto i trionfi corruschi della riproducibilità tecnica dell’opera d’arte.

Facebooktwitterlinkedin