Luca Fortis
Il 22 marzo all'ex Asilo Filangeri di Napoli

L’Africa napoletana

Il poeta keniota di lingua swahili Mahmoud Ahmad Abdulkadir “Ustadh Mau” incontra i poeti flegrei Mimmo Grasso e Roberto Gaudioso e il gruppo musicale KiliVes: uno strano "esperimento"

Martedì prossimo 22 marzo, alle ore 19, all’ex Asilo Filangeri di Napoli, il poeta keniota di lingua swahili Mahmoud Ahmad Abdulkadir “Ustadh Mau” incontra i poeti flegrei Mimmo Grasso e Roberto Gaudioso e il gruppo musicale KiliVes (Angela Lyimo e Pino Ruffo). L’evento sarà animato dalla docente di Letteratura Swahili dell’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” Flavia Aiello.

Roberto Gaudioso, come nasce questo incontro?

Con modalità diverse la poesia di tutti noi (Pino, Ustadh, Mimmo ed io) è vicina all’oralità. Gli incontri con queste persone è avvenuto in tempi diversi. Ho conosciuto Mimmo durante i primi anni di Università, quando ho deciso che la mia poesia non doveva restare in un cassetto. Mimmo fu giustamente severo rispetto alle mie prime sperimentazioni, però ci vedeva del buono, allora mi invitò a tenere per la prima una lettura pubblica a Procida con Marcia Theophilo. In quella occasione Mimmo mi incoraggiò a leggere veramente la mia poesia, in pubblico. Ustadh e Pino li ho incontrati di recente. Fu la moglie Angela, conosciuta grazie alla mia prossimità alla comunità tanzaniana nel napoletano, a farmi conoscere Pino. E’ subito nata una passione per la sua voce e abbiamo iniziato a collaborare, nel suo ultimo album c’è un mio testo, quello in swahili che ha chiamato Dunia. Ho incontrato, invece, Ustadh, l’anno scorso a Bayreuth, in Germania, dove risiedevo per il dottorato e lui era lì per un workshop sulla poesia classica swahili organizzato dalla Professoressa Clarissa Vierke e dalla mia collega Annachiara Raia, che è la persona che ha tradotto i testi di Ustadh in italiano che saranno letti il 22. Quello che colpisce di Ustadh è la sua presenza, la sua prossimità, il suo stare… è qualcosa che non solo riguarda il poeta, ma la sua poesia. Quindi, il senso è un po’ questo, incontrarci in carne e ossa e voce, per questo sauti na ngoma (voce e tamburo).

Come descriverebbe la poesia di Mahmoud Ahmad Abdulkadir “Ustadh Mau”?

Ustadh è un imam dell’isola di Lamu (Kenya), le persone si rivolgono a lui come a un saggio, intrattiene quindi con la sua comunità un rapporto costante, ma non autoconsolatorio. Egli è capace di prendere posizioni anche scomode e la sua poesia da voce al suo pensiero, in definitiva, come direbbe la poetessa austriaca Ingeborg Bachmann, la poesia non conosce che un solo intento quello di influenzare ogni presente. La poesia di Ustadh stessa, infatti, mantiene un legame con questa società, anche nella forma più concreta e presente della poesia d’occasione. La poesia d’occasione rappresenta un forte legame con la società, noi abbiamo perso questo uso, soprattutto con la figura del poeta genio e sregolatezza, che non poteva abbassarsi a scrivere a richiesta…è una cosa tanto interiorizzata che anche io disprezzavo, disprezzavo la commissione. Tuttavia, uno dei primi a chiedermi una poesia su un tema specifico fu Mimmo Grasso, una poesia sulle lucciole, per la sua manifestazione Le Isole si Accendono. Lavorai sulla mia memoria e mi immedesimai quanto più possibile nel ragazzino che ero, ad Ischia. Il risultato fu una poesia ispirata e naturale. Oggi, la mia famiglia, continua a chiedermi poesie in occasione della morte di qualche parente, la mia prima reazione è di stizza, ma poi cerco nel silenzio l’ispirazione. Non sono mai poesie funebri come vorrebbero. Ognuno deve prendersi i propri rischi, se lo chiedono a me.

E quella di Mimmo Grasso? 

Gli ultimi tre poemi di Mimmo sono particolarmente interessanti, per lingua, struttura e forza espressiva. Volturnio per esempio si può leggere dall’inizio verso la fine e a viceversa, l’ha pensato così anche pensando di legare il suo poema alla traduzione araba e l’arabo si legge da destra verso sinistra. Non è solo una scelta stilistica, ma uno studio che Mimmo fa sul mediterraneo che coinvolge tematicamente anche gli altri due poemi, quello in napoletano Sebeto e Taranterra che già da solo è azione: danza e canto.

Il gruppo musicale KiliVes come si inserisce nel progetto?

Il duo KiliVes è composto da Angela Lyimo e Pino Ruffo, Angela è tanzaniana di lingua swahili e Pino puteolano. Questo già basterebbe, ma in realtà Pino è cantautore complesso e aperto a diverse influenze provenienti da culture diverse e geograficamente lontane; quindi come autore incontrerà gli altri. Io stesso, per quanto riguarda l’evento del 22 marzo, Sauti na Ngoma, mi inserisco nel duo musicale KiliVes, perché per la performace lavorerò con Pino e alcune canzoni che canteranno i KiliVes le ho scritte io.

Napoli fa da sfondo a questa serata. Il progetto avrebbe potuto nascere in una qualunque altra città?

Sì e no. Sì perché, anche se tutti proveniamo da qualche parte, con diversi legami e visioni al riguardo, non ci inscriviamo e chiudiamo alla nostra cultura di partenza. Solo chi non conosce la cultura e la letteratura swahili può pensare che Ustadh sia chiuso in essa. La letteratura swahile è già per sua natura internazionale e la curiosità di Ustadh non si ferma al mondo musulmano della costa swahili, ma anche al suo interno, culturalmente e con una tradizione letteraria diversa. Però è anche vero l’incontrario perché Napoli come poche città probabilmente al mondo, sicuramente in Europa, può sintetizzare, ampliare e rendere concreto l’incontro che vi proponiamo il 22.

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