Pier Mario Fasanotti
Consigli per gli acquisti

Lo sbirro e il narratore

Anna Luisa Pignatelli, Antonio Castillo, Massimiliano Governi e Antonio Manzini: quattro modi di raccontare un mondo popolato soprattutto di "colpevoli”

In viaggio. È senza dubbio il migliore romanzo breve italiano comparso in quest’ultima stagione. L’autore è Massimiliano Governi (La casa blu, edizioni e/0, 141 pag., 10 euro). Capitoli brevissimi, scrittura asciutta e penetrante, delicati accenni ai libri, alle fiction e alla musica (soprattutto David Bowie). Governi racconta il viaggio di uno scrittore depresso fino a una località della Svizzera,  Paese “sicuro, perfetto, pulitissimo, quindi anche orribile, per questo non ha identità e nessun monumento ai caduti”. Il protagonista è assieme al figlio adolescente e arguto, ha barato con la moglie dicendole che doveva raccogliere “materiale” intervistando gli ospiti della Casa blu, là dove si pratica l’eutanasia. Eppure da anni non scrive per i giornali.

Massimiliano Governi La casa bluÈ comunque l’occasione per stare assieme a un figlio splendido ma trascurato. Amabile l’intesa tra i due: il giovane ha una meticolosa attenzione per il padre, ma alla fine comprende il suo vero scopo. La vicenda s’infittisce con la comparsa di un uomo sopravvissuto a una strage familiare in Veneto. Anni prima lui scrisse un articolo che lo rese celebre e lo spinse a progettare un romanzo come A sangue freddo di Truman Capote. Altro non posso raccontare, ovviamente, salvo che la narrazione ondeggia mirabilmente sulla vita e la morte. E soprattutto sulla “pietà di esistere”.

Abelardo Castillo mondi realiArgentina. Non c’è da dubitare: Abelardo Castillo si inserisce nel miglior filone della tradizione letteraria sudamericana. Fresca di stampa è la sua raccolta di racconti, Mondi reali (Del Vecchio editore, 261 pag., 16 euro). Difficile indicare un racconto senza far cenno ad altri. Tutti (ben tradotti da Elisa Montanelli) hanno un aggancio originale con la realtà quotidiana, e ciascuna trama risulta esemplare. Il linguaggio è scorrevole ed elegante, costellato talvolta da indiretti risvolti o comici o filosofici. Fa parte della letteratura del Sud America l’incursione nel genere giallo, aldilà degli schemini enigmistici di vecchio stampo britannico. Nel racconto L’assassino irreprensibile, la sensazione del lettore è quella di trovarsi su terreni dostoevskiani. Tanto è vero che il protagonista, ex bibliotecario, uccide non per odio, ma per la convinzione che esiste un “crimine puro”. Tiene a precisare, avendo Castillo come interlocutore, di essere una persona onesta che ha come condizione lo stato di semi-povertà. E così, con una scelta che ha del fortuito, uccide una donna anziana che abita nel suo stabile. Lo fa scartando l’ipotesi di essere diverso “da quasi tutto il resto del mondo”. Insomma, non c’è alcun complesso di onnipotenza. Semmai ribadisce la convinzione secondo cui “il genere umano…pur non essendo sadico, ma possiede un sedimento demoniaco, maligno che, in condizioni favorevoli, dà come risultato attività come il fascismo, la Società di Beneficienza o i governi”. Il discorso dell’assassino, che denigra la polizia, si allarga fino a giungere a questa sentenza: «L’umano ha preso le sembianze del delitto».

Anna Luisa Pignatelli ruggineStrega. Amabile la Toscana? Lo pensano in molti, noi e gli stranieri. Ma se ci si addentra in certi paesi dell’entroterra si capovolge il giudizio. In località con poche anime si fa presto a essere presi di mira dalla crudeltà, dall’ipocrisia, dai pregiudizi. È quel che capita a Gina, “né vecchia né giovane”, con vita scontrosa e appartata, affezionata solo a Ruggine, il suo gatto. A scavare, nel presente e nell’inquieto passato della donna, è la bravissima Anna Luisa Pignatelli, che Antonio Tabucchi definiva «Una voce insolita nella letteratura italiana di oggi, lirica, tagliente, desolata». Dal romanzo Ruggine (Fazi,  151 pag., 16 euro) esce il ritratto a tutto tondo di questa vittima, baratro di solitudine (il figlio è recluso perché violento), considerata una lurida, una strampalata e in odore di stregoneria. Le scaricano addosso la derisione e l’ingiuria, l’accusano di “vender anche la topa” sotto un noce. Gina “rovina” il decoro del paese, malgrado abbia appeso a un ramo un foglio tristemente innocente con la scritta: «Si danno consigli, si legge la sorte». Finirà in una casa di cura. Una sorta di giustizia si dipana nel tempo: Gina vivrà ancora moltissimi anni. E in un luogo protetto.

Cinque indagini romane per Rocco Schiavone  antonio ManziniLo sbirro. Il giallista Antonio Manzini ha creato la figura di vice-questore che diverte per la sua vita strampalata, l’intuito e metodi non sempre obbedienti alla procedura. Ora la Sellerio ha pubblicato Cinque indagini romane per Rocco Schiavone (244 pag., 14 euro). Racconti scorrevoli e per nulla scontati, anche se certi personaggi sono stereotipati e così simili a quel che pensa, per esempio, un prevenuto milanese dei romani. Vivace è il racconto La ruzzica de li porci, che è poi un riferimento alle tradizioni medievali consumate sul Monte dei cocci, ovverossia il Testaccio. C’è un cadavere sfigurato ed evirato, di un  anziano con la gamba di legno. Il testardo Schiavone indaga, forte di quel che sa sulla storia di Roma antica. Ma qualche rotolamento (“ruzzica” in romanesco) verso il caricaturale permane.

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